Chi bestemmia si fa portavoce del diavolo

Gli insulti di coloro che ti insultano sono caduti su di me (Rm 15, 3)


Dai Vangeli, se uno conosce bene il passo della lapidazione dellʼadultera, e interpreta correttamente il verso: “Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei” (Gv 8, 7), può capire molte cose della vita.

Da quello che capisco io, le pietre sono figura di qualcosa che abbiamo nellʼanima. È nellʼanima che abbiamo le pietre. Basta dare un giudizio tagliente per scagliare una pietra che uccide. Già dare un giudizio negativo su una persona è un modo per ucciderla.
Dire qualcosa di negativo è fare freddo, uccidere. Dire qualcosa di positivo a una persona, fare un elogio, è scaldare, far vivere.
Da dove vengono i giudizi taglienti? Da dove vengono le pietre?

Non giudicate, per non essere giudicati; perché col giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati. Perché osservi la pagliuzza nellʼocchio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio? O come potrai dire al tuo fratello: permetti che tolga la pagliuzza dal tuo occhio, mentre nellʼocchio tuo cʼè la trave? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dallʼocchio del tuo fratello (Mt 7, 1-5).

Col giudizio con cui giudicate sarete giudicati.
Giudichiamo solo i peccati che abbiamo commesso anche noi. Le pietre che sono dentro di noi sono i nostri peccati.

Le realtà visibili della Sacra Scrittura sono anche realtà invisibili, ovvero la struttura dellʼanima. “Perché piacque a Dio di fare abitare in lui ogni pienezza, e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce, cioè per mezzo di lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli” (Col 1, 19-20). Le cose della terra sono le cose visibili, percepibili coi sensi. Le cose dei cieli sono le cose invisibili, impercepibili coi sensi. I cieli sono la nostra anima. Nella nostra anima sono “le cose di lassù” (Col 3, 1-2).
Un conto è il cielo, un conto sono i cieli. Il cielo, quello visibile, è appunto visibile. Fa parte del mondo creato, visibile, percepibile. I cieli sono unʼaltra cosa. Sono superiori al cielo, sono i cosiddetti cieli dei cieli, e sono le cose invisibili.
Le cose invisibili, infatti, sono superiori alle cose visibili. È dalle cose invisibili che nascono le cose visibili, e non viceversa.
Quando nellʼAntico Testamento sentiamo parlare di cose materiali, dobbiamo immaginare che anche lʼanima è fatta di paesaggi. Anche ciascuna singola anima umana è un universo a sé. In ciascuna anima cʼè una terra, un cielo, ci sono valli, monti, ruscelli e mari, alberi, animali. Un monte, un colle, una collina, una montagna, non sono forse grandi pietre? NellʼAntico Testamento le rupi non indicavano forse il peccato di Israele, ossia i luoghi dove il popolo di Israele, allontanandosi dal vero Dio, andava a venerare gli idoli, posizionando su tali rupi steli sacre, templi, e altre costruzioni votive?
Anche le parabole di Gesù testimoniano il significato allegorico della Bibbia. Perché paragonare un popolo a una vigna, e non a un frutteto, ad esempio? Perché proprio la vite? “Dissero gli alberi alla vite: Vieni tu, regna su di noi” (Gdc 9, 12). Perché paragonare Dio a un pastore? Sono solo belle immagini che Gesù ha inventato per spiegarsi, metafore, come dicono taluni, che farebbero di lui un poeta alla Baudelaire? O non sono forse la struttura stessa della realtà, una concordanza tra le cose del cielo e quelle della terra, di cui Gesù ci ha messo a parte e che i profeti dellʼAntico Testamento avevano solo intravisto nei loro momenti di ispirazione?

Le pietre della nostra anima, i monti della nostra anima, sono i nostri peccati. Quando commettiamo un peccato, aggiungiamo per così dire terra alla nostra anima. Meno terra abbiamo nella nostra anima, più spazio cʼè per il cielo.

Più uno pecca, più sarà portato a giudicare. Perché, appunto, giudichiamo negli altri solo le cose che commettiamo anche noi. Se non avessi mai commesso quel peccato, non mi verrebbe neanche da giudicarlo.

Ecco perché è importante non peccare. Non tanto per non offendere Dio. Dio, infatti, ha il potere del perdono.
Ma per poter amare gli altri. Amare significa non giudicare, non uccidere a parole, non dare giudizi. Se di una persona mi dà fastidio qualsiasi cosa, come si muove, come si veste, come parla, come si comporta, posso stare certo che non è ciò che fa questa persona a essere sbagliato, ma qualcosa dentro di me.
“Per il puro, tutto è puro”, scrive Santa Teresina. Se uno è pieno di peccato vedrà ogni cosa in modo negativo, scaglierà pietre continuamente, giudicherà tutto e tutti e vivrà lʼinferno sulla terra. Se uno non ha commesso peccati, gli verrà anche più facile amare le altre persone e il mondo così come sono. Poiché i peccati sono le pietre che abbiamo da scagliare.

La bestemmia, contrariamente a quanto molti pensano, è peccato grave. Più grave di molti peccati cosiddetti materiali. Se Dio è Verbo, i peccati di parola saranno importanti, gravi. È importante ciò che diciamo, sono importanti le parole che usiamo.
Bestemmiare, inoltre, è dire la più grande falsità che uomo possa dire. Se io infatti guardo una pietra e dico: “È un bastone”, sto dicendo una falsità. Ma è una falsità piccola, in quanto ciò a cui si riferisce è una realtà piccola. Se io guardo Luigi e gli dico: “Sei Antonio”, già sto dicendo una bugia più grande, in quanto un uomo è più importante di una pietra o di un bastone, pur essendo ancora realtà creata. Se guardo il cielo e dico: “È il mare”, dico una falsità ancora più grande, in quanto il cielo e il mare sono più grandi di un uomo o una donna. Se guardo il sole e dico: “È la luna”, sto ancora dicendo un falsità molto grande, che può cambiare tutto lʼordine delle mie conoscenze e credenze. Saliamo ancora un poʼ più in alto e troveremo realtà ancora più grandi. Giustizia, virtù, verità, gloria, unità, santità, gli stessi numeri sono realtà invisibili e in quanto tali stanno nei cieli dei cieli, ossia nei cieli al di sopra del cielo. Se dico falsità su qualcuna di queste cose, rischio di accecarmi in modo ancora più grave, poiché appunto queste cose, essendo superiori, sono più grandi delle cose create, ossia delle cose che stanno nella creazione materiale.
Dire falsità su Dio è dire la più grande delle falsità, poiché Dio è la cosa più grande di tutte. Inoltre, lʼassioma principale della teologia, anche di quella politeistica greca, è che la divinità equivale al bene. O anche, che il bene è divinità. Questa è la prima, indistruttibile verità che riguarda Dio.
Se dico lʼesatto contrario, ossia che Dio è qualcosa di cattivo, in altre parole se bestemmio, non sto forse dicendo la più grande falsità, ossia lʼesatto contrario della più grande verità – più grande in quanto riguardante la realtà più grande dellʼuniverso?

Avere nella propria anima il vero o il falso è questione di grande importanza. Le cose che abbiamo nellʼanima vengono poi espresse a parole.
Ma anche: le parole che diciamo si trasformano pian piano in realtà della nostra anima.
Ecco perché un bestemmiatore piano piano si acceca. Lʼintero universo risulta distorto, capovolto, ai suoi occhi, se parte dal presupposto che la divinità è cattiva.

Solo il demonio può pensare qualcosa di cattivo su Dio.

3 commenti:

  1. la bestemmia odierna caratterizza solo l'ignoranza di chi la pratica, uomo o donna che sia, mentre una volta rappresentava il grido dei miseri, in genere i braccianti, verso l'alto e verso chi li aveva messi al mondo per esporli solo al male ed alla miseria delle loro povere vite

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    1. Oggi per molti la bestemmia è una specie di intercalare... ma è mia opinione appunto che non ci si rende conto della gravità.

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  2. Certe travi sono oscurate dalle nostre pagliuzze.. la voglio immaginare una questione di prospettive.. ;)

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