Chi ha paura di Dungeons & Dragons?

È arrivata la notifica di Mewe. Significa che la mia compagna di gioco ha risposto alla mia giocata. È arrivata, in poche parole, la sua giocata. Stiamo giocando a un roleplay game. Forma libera. Significa in pratica che uno inizia una storia e lʼaltro la continua, poi lʼaltro continua a partire dalla continuazione di quello che ha scritto prima, e così via. In questo caso, inoltre, i due scrittori interpretano ciascuno un personaggio, il quale è completo loro dominio. Ciò significa che se io interpreto un personaggio, sono lʼunico che può decidere le sue azioni. Lʼaltra persona può decidere le azioni solo del suo personaggio. La cosa divertente è che nella forma libera siamo entrambi master. Significa che entrambi possiamo contribuire alla creazione del mondo in cui è ambientata la storia, quindi possiamo inventare backstory, personaggi secondari e animarli, cioè controllarli, e così via.

Mi sto divertendo molto. La storia lʼha iniziata la mia compagna di gioco. È lei che ha procurato il cosiddetto starter, ossia lʼinizio, il setting della storia. È lei che ha abbozzato i due personaggi principali. Uno è un uomo, e devo interpretarlo io, e gli ho dato io il nome. Lʼaltro è una donna, e deve interpretarlo lei, e gli ha dato lei il nome. Il genere della storia è romance. E vabbè, sono single, checcé volete faʼ, checcé. Sto giocando in inglese. La mia compagna di gioco, ho scoperto, vive nella mia stessa timezone. Secondo me è da qualche parte in Germania o Scandinavia. Come ho detto, mi sto divertendo molto. È come il corso di improvvisazione che ho fatto fino a quando è arrivato il Covid. Solo che qui si ha più tempo per pensare. Si può anche scartare la prima idea che viene in mente e metterne unʼaltra. Si può rileggere il testo e correggerlo.

Molto divertente, molto, molto divertente. È un peccato che non abbia mai giocato ai giochi di ruolo. Avevo amici nerd, ma non ero un nerd. Non sono mai stato abbastanza intelligente. La prima volta che mi hanno fatto sedere attorno a un tavolo con Dungeons & Dragons e mi hanno detto: “Devi leggerti tutte le regole in questo librone” mi sono subito scoraggiato. La cosa mi sembrava insormontabile. Poi avrei dovuto improvvisare le mie mosse… dire cosa faceva il mio personaggio…? Troppo difficile per uno come me che non ha mai avuto immaginazione. I cervelloni miei amici nerd ci sguazzavano, con le loro fronti spaziose. Allʼinizio me ne sono fregato, e ho cambiato genere di amicizie. E vabbè. Sono finito in gruppi dove ero bulleggiato. E vabbè. La storia della mia adolescenza è peggio della storia della mia vita presente. Anni dopo, verso i 26, 27, attraverso i blog sono venuto di nuovo a contatto col mondo dei giochi di ruolo. Cʼera gente che ne parlava davvero tanto. Ossessionati puri, gruppi di discussione dove si analizzava la quantità di regole che un gioco deve avere... Il mondo dei giochi di ruolo sembrava davvero interessante. Cʼera addirittura chi apriva blog su blog – cioè, la stessa persona che ne apriva più di uno – creando identità diverse per… come… interpretare dei personaggi nella vita reale. Che geni. Gente col cervello. Non ci sarei mai arrivato a una cosa del genere. Scoprii On stage!, una via di mezzo tra il gioco di ruolo e il teatro, che però era pur sempre un gioco di ruolo. Un gioco di ruolo in cui si faceva teatro. Iniziai a capire meglio cosʼè un gioco di ruolo. Iniziai a pensare di scacciare le mie paure dellʼimprovvisazione – che avrebbe smascherato la mia mancanza di immaginazione.

In quegli anni studiavo anche il cinema e la recitazione, specialmente quella dellʼActorsʼ Studio. È vero che il metodo dellʼActorsʼ Studio insegna principalmente a creare il personaggio basandosi su quali delle proprie qualità si possono prestargli, ma la regola principale è pur sempre: “La recitazione è reazione. Ascolta cosa dice lʼaltro e fai la prima cosa che ti viene in mente. Se hai studiato a memoria una frase da dire – e se il testo è scritto bene – ti verrà in mente esattamente quella frase”. Nella Milano di quegli anni, brechtiana e di impostazione attoriale europea – manieristica e mascheristica – era difficile trovare un gruppo che ti invitava dallʼAmerica uno che insegnava allʼActorsʼ Studio.

Però in quegli anni persi il padre, il momento non era buono e non continuai. Ma mi è rimasta la voglia di fare teatro, di improvvisare, di usare la creatività in modo spontaneo – reazionale, ossia vedendo cosa provoca in te lʼazione di un altro.

Quando ero frate facevamo le ricreazioni di sera dopo cena. Il nostro generale, superiore e guardiano – le nostre comunità erano composte da massimo 4 o 5 frati – era americano. Facevamo molti giochi di creatività. Invenzione collettiva di storie, racconti e recitazione di scenette. Imparai a lasciarmi andare. A non giudicare ciò che usciva da me, a non essere severo con me stesso (come lʼartista che lavora incessantemente alla sua opera). Tutto molto divertente e liberatorio.

Nel 2017, dopo aver smesso, prima di fare i voti definitivi, di fare il frate, ho riscoperto su Google+ il mondo del roleplay. Finalmente mi ero deciso, nel tempo libero, a dedicarmi ai giochi di ruolo. Però Dungeons & Dragons continuava a non piacermi. Non mi interessa il genere, mostri, elfi, fate, nani, troppa fantasia. Mi piace il mondo reale. Scoprii il genere slice of life. Ciò a cui sto giocando adesso, che unisce le mie passioni per scrittura, improvvisazione, creatività, narrazione, recitazione e chi più ne ha più ne metta. Anzi no, recitazione no.

Nel 2019 finalmente mi sono iscritto a un corso di improvvisazione teatrale. Ho incontrato tanta brava gente, mi sono divertito un sacco, ho scoperto di più i miei limiti ma non me la sono presa troppo, ho imparato delle cose, delle tecniche, delle nozioni. Poi è giunto il Covid.

7 commenti:

  1. bravo ! e poi mi piace la tua certezza di giocare proprio con una femmina, se si potessero aumentare i personaggi almeno ci sarebbe più movimento, altrimenti rimane una storia a due un maschio di cui abbiamo certezza ed una femmina storia che avrà sicuramente un lieto fine

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  2. Questa è davvero brava e ha una grande esperienza. Nel senso che dopo 40 giocate non cʼè ancora uno sviluppo romantico tra i due. Tutto devʼessere motivato dalla storia. Ha persino fatto ricredere me sul fatto che il mio personaggio sia innamorato automaticamente del suo... Per il momento mi sono divertito a creare suo padre (adottivo) e ne è venuta fuori una bella, anche se breve, scena.

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  3. Ho scoperto oggi il tuo blog. Cavolo, scrivi dannatamente bene. Alla prossima. Ciao!

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  4. non sono attratto da questo genere di giochi. devo dire però che non li conosco e non ho mai provato. veramente dovrei dire che ho smesso di giocare (in questo "modo": con regole, schemi e più di un partecipante) da tanti anni. e pensare che ho giocato molto nella mia infanzia e fanciullezza. ho anche inventato diversi giochi. ed erano quelli che mi piacevano di più. in genere non prevedevano necessariamente una competizione con un avversario. per me il gioco è essenzialmente una disposizione ludica mentale. non finalizzata a un risultato da ottenere. pura piacevolezza. libera fantasia. ciao

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    1. Bellissimo. Mi sembra che in questo modo si possa giocare solo da bambini. Quella leggerezza è difficile trovarla dopo. Ciò non significa che uno non possa divertirsi, solo che, come diceva uno che conoscevo, “il divertimento è una cosa seria”.

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  5. "il divertimento è una cosa seria" se detto con un certo spirito (contraddittorio), mi piace. buon giorno

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