Gerarchia tra forme artistiche

A me del musical non me ne può fregare di meno. Senza offesa. Non è il genere musical che mi piace. The producers mi piace perché è The producers, non perché è un musical. Il teatro mi piace. La recitazione. Vedere gli attori recitare. Poi mi piace anche vederli ballare e cantare. Nel senso, prendiamo attori come Nathan Lane, Matthew Broderick o Uma Thurman. Già sono attori bravi. In più te li vedi a cantare e ballare, e a farlo benissimo. Eccezionale! Una cosa così la guardo stra volentieri. Però se devo scegliere, non è il musical in sé come genere che mi piace. Ritengo che il teatro senza canto né ballo sia un genere più alto del musical. Lʼessenza del teatro è lʼemozione poetica, come dice T. S. Eliot, ossia ciò che si genera dal conflitto tra personaggi. I personaggi, come le persone nella realtà, sono inevitabilmente diversi. Hanno obiettivi diversi nella vita, vogliono cose diverse, si comportano in modi diversi e mettono in atto modi diversi per ottenere i loro obiettivi. Da ciò nascono inevitabilmente conflitti. I conflitti sono lʼessenza della drammaturgia. I conflitti sono il dramma. In unʼopera teatrale lʼessenza è il conflitto. Personaggi, ciascuno con la propria volontà, che vogliono cose diverse e che si incontrano. Nellʼincontro tra uno che va verso destra e uno che va verso sinistra cʼè per forza uno scontro. A meno che uno dei due non è disposto a cedere il passo e a far passare lʼaltro. Ma questa non è altro che una possibile risoluzione del conflitto, non è il conflitto stesso. Il conflitto si è già verificato quando i due si sono incontrati. Ogni conflitto è un movimento in avanti dellʼazione drammaturgica. Uno vuole compiere unʼazione, ma è impedito perché incontra il movimento di un altro il quale, anchʼesso, vuole compiere unʼazione. Questa è lʼessenza del dramma. Azioni e parole. Lʼaggiunta della musica e del ballo non è altro che manierismo, così come, io penso, lʼaggiunta del modo di parlare stra poetico in Shakespeare. Sono tutti abbellimenti, estetismi. Ma ciò che conta è il dramma, il dramma è lʼossatura. Personaggi, volontà, conflitti. Questa è la base dellʼesperienza umana e questo è sufficiente per creare un dramma interessante. Chiaramente sono sbalordito quando vedo attori già bravi, dal punto di vista dellʼespressione delle emozioni e dellʼinterpretazione di un personaggio, come Nathan Lane, Matthew Broderick e Uma Thurman mettersi anche a cantare e a ballare. Ma guardo queste cose come guardo qualcosa di straordinario, come guardo un fatto eccezionale, come guardo un video viral su internet. Ciò che cerco nella drammaturgia, però, non è questa eccezionalità, bensì il famoso ‘buco della serraturaʼ, la possibilità di contemplare la vita. La vita così comʼè è sufficientemente interessante. Non cʼè bisogno del fatto straordinario. Dio contempla ogni giorno, anzi ogni secondo, ogni istante la vita così comʼè e salta di gioia in questa semplice, elementare contemplazione. Dio ha creato la vita, Dio stesso è la vita ed è contento che sia comʼè. La vita è perfetta comʼè. Dio lʼha creata tale e non può volerci aggiungere nulla. Se volesse lo farebbe. Ma il fatto è che ha già completato lʼopera al principio, e lʼha completata per lʼeternità. Quindi la vita è già perfetta così comʼè. Dio gode nel contemplarla. Perché non dovremmo godere anche noi nel contemplare la semplice vita? Cosa cʼè di meglio che essere Dio? E se non si è Dio, cosa cʼè di meglio che essere come Dio? E come si fa a essere il più possibile come Dio se non si hanno gli stessi sentimenti di Dio? Probabilmente, se davvero si volesse essere come Dio, non bisognerebbe nemmeno creare opere drammaturgiche, le quali sono imitazioni della vita. Dio si diletta della contemplazione della vita in sé, e così dovremmo fare noi. Non dovremmo stare a creare imitazioni. Ma diciamo che se ammettiamo come gioco la creazione di qualche piccola imitazione, almeno non dovremmo caricarla di estetismi e abbellimenti. Le cose inutili diminuiscono la bellezza di unʼopera. La bellezza equivale allʼutilità. Più cose inutili aggiungiamo, più diminuiamo la bellezza di unʼopera. Perciò preferisco il teatro nudo. Non è detto che non può esserci una canzone, ma solo nel caso in cui la canzone è funzionale allo svolgimento della narrazione. Ciò non significa che i personaggi devono cantare come se parlassero, e cantare al posto di parlare. Questo è un abbellimento inutile. Lo stesso vale per il ballo. Un personaggio può fare un ballo a un certo punto. Non è detto che un momento di ballo non possa essere funzionale allo svolgimento della storia. Ma creare un mondo in cui i personaggi ballano sempre al posto di muoversi normalmente, come se ciò fosse la normalità, è un abbellimento inutile. Ciò che conta, ripeto, in unʼopera drammaturgica è il conflitto tra i personaggi. Ecco le ragioni del perché non sono un tipo da musical, e del perché non mi piace il genere musical in sé. Ma se guardo The producers è perché mi piace la storia e mi piacciono gli attori. Ciò significa che mi piace vedere gli attori che riescono a dare vita ai personaggi inventati dallo scrittore, mi piace vederli interagire tra loro ed esprimere le emozioni necessarie alla scena con creatività, cioè trovarle ed esprimerle. Questo è tutto ciò che chiedo dalla messa in scena di unʼopera drammaturgica. Potrei anche lasciar perdere la messa in scena e leggermi lʼopera sulla carta, usando la mia immaginazione per creare la messa in scena nella mia mente. Per dire che già una messa in scena essenziale può essere considerata unʼinutilità, un abbellimento, qualcosa in più. Unʼopera scritta vive nellʼimmaginazione dello scrittore e può essere trasferita e cominciare a vivere – sebbene in modo leggermente diverso – nellʼimmaginazione di un altra persona attraverso la lettura. Una messa in scena, se vogliamo, è un ostacolo a questo trasferimento. Una messa in scena è già una versione della storia, che impedisce, limita chi fruisce la storia nel crearsi la propria versione. La vera fruizione sarebbe leggere lʼopera sulla carta, come è scritta, e crearsi la propria versione nella mente. Già la messa in scena diminuisce, limita la possibilità di un lettore di crearsi la propria versione pura nella mente. Quindi, figuriamoci, se questo è ciò che cerco, ossia la forma più semplice e pura di contemplazione della vita attraverso la più semplice forma di imitazione, quanto può interessarmi il musical, che ha ancora vari livelli di abellimento aggiuntivi? Per creare la perfezione e la bellezza bisogna togliere, non aggiungere. La gioia di vedere gente che balla e canta, o che è vestita in modo appariscente in scenari strani per me è molto minore rispetto alla gioia di contemplare la vita semplicemente, comʼè. E se non posso fare questo, cioè come lo fa Dio, almeno lʼimitazione che contemplo sia il più possibile vicina e simile allʼoriginale. Credo si sia capito che non è il musical che mi interessa, ma la drammaturgia. E se guardo The producers, è perché mi piace la storia e mi piace come la interpretano Nathan Lane, Matthew Broderick e Uma Thurman piuttosto che gli attori che hanno lʼhanno interpretata nella prima versione filmata. Non è che ho voglia di guardarmi un musical e allora scelgo The producers piuttosto che unʼaltro titolo pur di guardarmi un musical perché voglio vedere gente che canta e balla. È proprio che mi piace quella storia e mi piacciono quegli attori. Così come mi piace Will Ferrel nella parte dello scrittore nazista.