Presso il villaggio di Albocásser, Yuste ed Erquicia erano contro il regime appena salito al potere, perciò temevano in ogni momento una rappresaglia. Yuste, per prima cosa, pensò a Ibanez, la sua cagna, che aveva appena avuto una cucciolata. Disse: “Se vengono a portarci via, devi sapere come sopravvivere!”. Le mostrò i luoghi dove c’erano acqua e cibo e dove poteva nascondersi. “Questo è il lavabo, basta tirare la leva ed esce l’acqua. Questa è la dispensa, qui c’è ogni sorta di carne essicata e in scatola, dovrai usare i tuoi denti per aprire le scatole. Inoltre ci sono pane di orzo e carrube in quantità. In questa botola, sollevando il coperchio e scendendo la scala di legno, potrai portare i tuoi cuccioli per nasconderli”. Ibanez seguiva scondinzolando, ma a ciascuna tappa e a ciascuna spiegazione abbaiava e guaiva, facendo due o tre passi all’indietro; si lamentava perché sarebbe dovuta restare sola in quella casa, non voleva che la famiglia che amava se ne andasse. Il 17 luglio, uomini del regime arrivarono a casa di Yuste ed Erquicia e portarono via loro e i figli Moles, Noguera e Molina. Li misero in un carcere dove Yuste ed Erquicia morirono di fame. I figli fecero ancora in tempo a vedere il cambio di regime e a tornare. Trovarono che la casa era stata occupata da una famiglia fedele al regime. Girando per il bosco a cercare cibo trovarono Ibanez coi suoi cuccioli ormai cresciuti. Da tempo avevano finito quanto c’era in dispensa, e infine erano stati mandati via dai nuovi inquilini. Ibanez aveva imparato a cacciare, e così i suoi quattro cuccioli ormai cresciuti. I cuccioli furono battezzati Benildo, Bustos, Juanmarti e Nadal. Presto i figli di Yuste trovarono lavoro presso le piantagioni, e si trasferirono nei tuguri con gli operai. Ibanez e i suoi cuccioli andavano sempre a trovarli, per far due salti e due scodinzolate.
L’ironia esistenziale in Jacob von Gunten
Il noto senatore italiano Umberto Bossi ha avuto un figlio, Riccardo, dalla prima moglie, Gigliola, e tre, Renzo, Roberto Libertà ed Eridano Sirio dalla seconda, Manuela. Fino a quando hanno vissuto assieme, più o meno fin dopo l’età dell’adolescenza, i tre figli di Bossi hanno dormito nel letto del padre e della madre, nelle posizioni più disparate, alcuni rannicchiati alla base, per questo il letto era di dimensioni superiori alla norma.
Che significato hanno gli applausi prima dei concerti, quando entra l’orchestra? Ricordano le precedenti imprese dei musicisti? Una continuazione degli applausi dell’ultima volta? Tipo: “Quella volta lì, nell’inverno del ’97, sei stato bravissimo. Ricordo!”.
Esiste l’app Kindle, si installa sullo smartphone e lo trasforma in Kindle. Sul telefono ho una biblioteca di una trentina di libri. Faccio fatica a trovare qualcosa da leggere. Non so che malattia ho, ma benché da giovane leggessi parecchio, ora trovo difficile digerire qualsiasi cosa. La narrativa, la cosiddetta fiction, in particolare, crea problemi. Ci vorrebbe un’analisi approfondita. Un problema è sicuramente le nove ore di lavoro. Ho messo da parte Guerra e pace (cartaceo) dopo averne letto un terzo; ero arrivato ad Austerlitz; ha influito l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Con Scientia Crucis di Edith Stein (Santa Teresa Benedetta della Croce) vado avanti lento, è un compendio, con citazioni di ampi passi, di La salita al monte Carmelo di San Giovanni della Croce. Tanto vale leggere La salita al monte Carmelo. Ho appena riletto, dopo anni, A colpi d’ascia di Thomas Bernhard, secondo me il suo capolavoro, scritto di getto dopo essere tornato a casa dalla cena descritta. Di Bernhard posso leggere qualsiasi cosa (tranne il teatro e Amras) in qualsiasi momento senza stancarmi, è una sorta di salvezza. Nella biblioteca ho anche i lavori di Ariano Geta, di cui ho letto Aikawa High School (Volume 1) e parte di Storie di scrittori. Uno scrittore genuino e fresco. Scarico estratti a destra e a manca. Ho messo da parte Verga, Deledda, Woolf, Calvino (Lezioni americane, che in passato lessi con avidità). Ogni tanto riesco a leggere un racconto di Čhecov, giusto uno, poi chiudo. Čhecov lo reggo e amo. Tra le letture raccomandate ho trovato un certo Robert Walser, primi ‘900, svizzero; ho letto qualcosa su Wikipedia da cui ho ricavato che è stato sfigato in vita, l’anello di congiunzione tra Kleist e Kafka. Ho scaricato l’estratto di Jacob von Gunten. Una scoperta. Lo sto leggendo, un capitoletto alla volta, mi piace, non tanto per il contenuto, c’è poco ormai sotto il sole che mi interessi, ma per il modo di scrivere, sempre ironico.
Trovo il signor Benjamenta decisamente bello. Una magnifica barba bruna... che? Magnifica barba bruna? Sono un idiota. No, nel signor direttore non c’è niente di bello, niente di magnifico, ma si sente che quell’uomo ha dietro di sé lunghe vicissitudini, gravi colpi del destino; ed è questo elemento umano, questo elemento quasi divino a farlo bello. I veri uomini, gli esseri autentici, non sono mai belli. Un uomo che porti una barba veramente bella, o è un cantante d’opera, o un caporeparto ben pagato di qualche grande magazzino. Sono i finti uomini, di regola, a esser belli; possono però anche darsi eccezioni, possono esservi bellezze virili, piene di gagliardia.
Una signora camminava sul marciapiede. Un anziano inciampò e cadde davanti a lei. Non riusciva ad aiutarlo e altri accorsero, così pensò, almeno, di chiamare le forze dell’ordine. Che numero è? Il 112 o il 113? Forse il 118, per casi come questo? 112... 113... 118... computava in mente... Che confusione! Nel tempo che impiegò a pensarci, la polizia era già arrivata, assieme a un’ambulanza.
Quando si allineano le stelle
“Veramente stiamo iniziando a mangiare, dai, il pane va mangiato caldo!”.
I tedeschi rovina giornata
Filocamo telefonò alle 8,20, l’ora in cui sarebbe dovuto essere a casa di Alipio, e disse: “Sono un po’ in ritardo. Sto partendo adesso”. “Va bene, ti aspettiamo!”, rispose Polvorino, figlio di Alipio.
Filocamo, Polvorino e Solorzano, i figli maggiori di Alipio, quel giorno andavano al lago di Garda, Toscolano Maderno, Lido degli Ulivi.
Si chiama Lido degli Ulivi perché alle sue spalle c’è un appezzamento con una piantagione di ulivi. La piantagione separa la spiaggia dalle prime case o, sarebbe il caso di dire, dai primi residence. Toscolano Maderno: residence, hotel, case da villeggiatura, un benzinaio e un paio di supermercati.
Alle 8,30 Filocamo era a casa di Alipio. Pronti per partire.
Pranzi al sacco. Filocamo, a parte l’acqua che portava da casa, se l’era procurato alla forneria. Un pezzo di focaccia, un pezzo di pizza e una tortina di sfoglia ripiena al formaggio.
I fratelli fecero fermare Filocamo a Vallio Terme (metà strada) e si procurarono il pranzo in una salumeria di paese, economica. Comprarono una bottiglia d’acqua, due bottiglie di birra da 66cl, otto filoncini, salame, coppa.
Alle 10,00 prendevano possesso di una panchina alle spalle della spiaggia. La spiaggia è una striscia di sassi spalleggiata da un prato, panchine, strada, ulivi. Tra una panchina e l’altra, platano.
La panchina fu coperta da asciugamani e zaini. Solorzano aveva portato una sedia di plastica pieghevole a schienale alto. La sistemò a sinistra della panchina, il posto del boss.
Solorzano è stato camionista tutta la vita. Nel 2016, ubriaco con un amico al lago, non va a fare apprezzamenti a una ragazza su un pullman? Un testimone falsamente afferma di aver visto contatto fisico. Solorzano si becca molestie sessuali, due anni di prigione a Pavia e due ai domiciliari, scontati per la fine del 2021. Attualmente disoccupato.
Bagno, lettura di Gabriele Amorth, Racconti di un esorcista all’ombra di un ulivo, altro bagno, pranzo, gita al bar per gelato e caffè, pisolino all’ombra di un ulivo, finisce il pisolino e...
Filocamo torna alla panchina. Polvorino e Solorzano, un anno di differenza, stanno facendo il bagno. Due famiglie di tedeschi con due figli per famiglia, approfittando delle assenze hanno steso i loro pesanti teli, quasi coperte, sotto il platano e davanti alla panchina. L’erba, sotto i platani e presso le panchine, non c’è, c’è terra con sassolini, qualche radice platanica che fuoriesce, un telo da mare è troppo sottile, i tedeschi sono attrezzati, il lago è loro, sono loro i principali destinatari delle strutture turistiche del lago di Garda, i tedeschi... fanno ciò che vogliono.
Mentre Filocamo si accosta alla panchina, sonno ancora negli occhi, è costretto a vedere un gruppetto di bambini – intoccabili in quanto bambini – depositare braccioli e costumini bagnati sul suo lato della panchina. Ma anche se volesse sedersi non potrebbe nemmeno allungare le gambe, tanto i tedeschi si sono avvicinati coi teli spessi, perfetti per il tipo di terreno.
Filocamo resta in piedi dietro alla panchina. Come a dire: “Non mi vedete? Sono qui. Sono arrivato. Questo è il mio posto. Levate la vostra roba dalla panchina – non m’interessa sia di bambini”.
Polvorino è il figlio maggiore di Alipio. Qualche anno fa gli è stata riconosciuta un’invalidità psichiatrica dell’80% e ora percepisce una piccola pensione. Lavora come vigile urbano fuori dalle scuole per far attraversare i bambini. Da settembre andrà a lavare i pavimenti nei supermercati. Polvorino è il padre di Alipietto. Alipietto da aprile 2022 è stato tolto alla madre e dato a una comunità di suore in attesa che si trovi una famiglia affidataria.
Filocamo sperava che i tedeschi si accorgessero di lui e dicessero: “Oh, sorry!”, e togliessero in fretta le cose dei bambini. Invece un tedesco era spiaggiato tipo balena in mezzo al grezzo telo, l'altro, in piedi, guardava il lago e mangiava anguria, una donna era seduta nella posizione di Christina’s world, l’altra si occupava dei bambini. Nessuna attenzione, Filocamo totalmente ignorato.
Filocamo iniziò a ragionare che era colpa della sua pancia se non lo rispettavano. Come si permettevano? Avrebbe forse dovuto dire: “Can you move your stuff from the bench? I came here waaay before you. This is my place. You are not supposed to put your stuff there!”. Ma non diceva niente. Accantonate le frasi che poteva dire, restavano i gesti inconsulti. Si immaginava calciare la testa del tedesco spiaggiato come un pallone da calcio, in realtà si sarebbe fatto male al piede, era coi sandali. O gridare: “Fucking German assholes! Take off your fucking stuff from my bench!”.
Alla fine passò sul davanti, spostò le cose appoggiate fino all’orlo e si sedette, braccia allargate, pancia rivolta al cielo. I tedeschi guardarono con sguardo periferale ciò che avveniva. Non dissero nulla, sapevano che Filocamo era nella ragione, i briganti!
I fratelli tornarono. “Non fai il bagno?”. Che gusto c’è, seriamente, a fare il bagno nel lago? Puoi stare al massimo cinque metri da riva se no ci rimetti la pelle! “No, vado a fare un giro”. Non digeriva lo stare a contatto coi tedeschi rovina giornata. Fece un giro il più lungo possibile, stette via 45 minuti. Girò per il paese deserto. Erano tutti alle spiagge. Si comprò una bottiglia d’acqua e un gelato al chiosco, cosa che non avrebbe potuto fare di fronte ai fratelli poveri. Il gelato l’avevano già preso. L’acqua l’avevano portata da casa – ma ormai era calda. Tornò, fece un bagno veloce per accontentarli, provò a leggere ancora qualche riga di Racconti di un esorcista, ma dopo l’ultimo bagno dei fratelli decisero di andare.
Alle 17,00 partirono. A metà strada, in montagna, si fermarono per prendere acqua fresca da una fonte che si raggiunge via sentiero. La fonte era secca. “Il comune l’avrà fatta chiudere per la siccità!”. Arrivarono a casa per le 18,00, Filocamo entrò in casa, bevve un bicchiere di tè offerto, e partì.
Andò al locker Amazon a ritirare il Supradyn, un coprimaterasso matrimoniale per il divano-letto, To the lighouse di Virginia Woolf, il Rituale degli esorcismi, l’antenna nuova per l’auto – non era quello il problema, l’autoradio continua a non funzionare – e per le 19,00 fu a casa.