Verdi carri funebri

Forziamo sempre la vita, andiamo troppo in là. Qual è la ragione della competizione, della fame, della nullità? Gli uomini fatali che fanno troppo. Chi nasce zecca e chi nasce gigante. Possibile che nella distribuzione delle risorse la zecca sia eguagliata al gigante? Le Porsche che girano, in tutte le forme, emettono sguardi. Sguardi sulla mia Fiesta del 2002: “Non sei stato in grado di guadagnare abbastanza per comprare una Porsche come la mia: non vali quanto me. Sono stato capace di lavorare un tot di anni con un dato livello di guadagno, la Porsche la merito. Tu, invece, non la meriti”. Lascia stare che sono stato frate cinque anni, i miei eventuali guadagni andavano alla comunità, non potevo trattenere nulla. Ma, anche togliendo questo, ho iniziato tardi a darmi da fare. È probabile che sia meno bravo di te. Sono anche un pelandrone, un poltrone, uno scansafatiche, un lavativo... Ma anche se non lo fossi, se fossi un gran lavoratore, non è detto che avrei avuto la capacità di svolgere un lavoro remunerativo come il tuo e per così tanti anni... ci vogliono costanza, fermezza, fatica. Non parliamo, certo, di figli di papà, di quelli che la Porsche l’hanno ereditata senza averla meritata. La sinfonia 9 di Dvořák non è solo più popolare, è anche più bella, è il masterpiece, il capolavoro di Dvořák. È inutile che mi dici che la 8 ti dà sensazioni diverse. La 8 è meno bella, punto. Ma sono le sinfonie 9 di Dvořák che rendono il mondo più brutto. Costoro (Dvořák) credono di rendere il mondo più bello con la loro opera di bellezza. Spargiamo bellezza nel mondo, dicono, gli esseri umani saranno più felici. Invece ti sei spinto troppo in là. Come fa male leggere Thomas Bernhard, il più grande scrittore del ‘900, quale dolore entrare in contatto con la perfezione. Fai cose grandi per amare o per difenderti? Quando cerco di parlare al meglio delle mie possibilità, lo faccio per edificare, per il bene del fratello o per far grande me stesso? La mia grandezza è causa di ombra raggelante per gli altri o all’ombra delle mie ali i piccoli possono venire a ripararsi? Siamo davvero capaci di fare del bene? Solo Dio non usa la sua superiorità per fare del male. Dio è il forte che usa la forza per difendere il debole. L’ho sempre detto, in oratorio, ai bambini più grandi che bulleggiavano i piccoli: “Se sei più grande devi difendere i più piccoli!”. È per questo che sei stato fatto; a chi è stato dato molto, sarà chiesto molto di più. Pensi che le tue doti canore debbano servirti per farti accumulare soldi a tuo tornaconto? Un giorno comprerai la Porsche... bravo, sei stato ad Amici. Ma sei capace di fare del bene con la tua voce? Poco probabile... voglio proprio vederti... quanto bene può fare un bravo cantante? Regalare minuti di gioia agli ascoltatori, che accendono l’autoradio mentre sono sulla Porsche. I due massimi piaceri, tolto il sesso, della gente del mio secolo: girare in macchina da soli e cantare a ritmo d’autoradio e bere cocktail in riva a una piscina o a una spiaggia. Ecco il simbolo della felicità. Hai voglia, poi, parlare della ricerca della felicità. La felicità è Dio. L’unione con Dio. Raggiungibile dopo la morte ma anche in questa vita per alcuni. Sei capace di ciò? Tu, dico a te, che hai la Porsche, sei capace di unirti con Dio? Te lo chiedo perché temo che possedere una Porche comprometta la possibilità di unirsi con Dio, specialmente una Porsche verde, come il verde dello scarabeo che schifa. Se l’obiettivo della tua vita è girare per le strade della città con una Porsche verde, coi dischi dei freni rossi, non ho più niente da dirti, non so cosa fare per te, ragazzo mio... La perfezione, la grandezza... come rende infelici. Quando si è in cerca di consolazione e si cerca nelle grandi opere di altri, quanta infelicità si raccoglie in cambio. Quanto dolore in una fronte alta, capace di grandi cose, come quella di Hugo o Dostoevskij. Beato te, Usain Bolt, sei nato con un corpo, come me. Perché io soffro la povertà e tu no? E se gli ultimi fossero i primi, bravo sei stato a comprare la Porsche quando c’è chi ha fame, tanto ci sono i limiti di velocità, cosa fai, vai a sgasarla in pista? O è solo un modo per farti vedere, per metterti in mostra? Ah, la sinfonia 8 di Dvořák, che fallimento, che inutilità, che vuoto di idee, grazie, Dvořák, per la sinfonia 8, come mi fa sentire bene, naturalmente devo sforzarmi di ascoltarla perché non è bella, grazie Dvořák, spero di essere come te con la mia pancia, quanta gente si sente meglio vedendo la mia pancia, si sente sollevata... Quanta gente tira un sospiro di sollievo vedendo la mia Fiesta del 2002: “Menomale che non l’ho io, che non sono io quello là...”. Con la piccolezza spargiamo amore, l’incapacità scalda, fa respirare. Beato l’uomo con la pancia che non costituisce tentazione per donna alcuna, basta guardarlo e calano i bollenti spiriti, non indurre le poverette in tentazione, che poi devono combattere con pensieri e sensi di colpa. Ma la colpa è anche nostra, che pretendiamo sempre il massimo altrimenti iniziamo a giudicare. Non ci basta mai, nulla può colmare la nostra infelicità. Andiamo sempre troppo in là, forziamo la vita, siamo forzisti

Riprendendo in mano Repubblica

Sfrutto le ferie per prendere in mano Platone, a casa non riesco. Una singola frase di Platone già impegna troppo. Pur essendo libero, leggo un passo e lo capisco a fatica. Ho bisogno di tempo per meditarci. Lo faccio mentre nuoto o cammino, mentre sono a letto. Figuriamoci a casa, dove fatico a leggere anche la lieve narrativa.

Scopro con sollievo che Repubblica mi è familiare, lo skim (skim: n. ‘an act of reading something quickly or superficially’) riesce facilmente. All’inizio c’è il dialogo con Trasimaco, poi quello coi fratelli Adimanto e Glaucone sulla vita giusta e la vita ingiusta, per argomentare ciò si inizia la costruzione della città ideale, poi il discorso sulle donne al libro V... al libro VI il mito della caverna preceduto da un’introduzione sulle idee per arrivare a delineare l’idea del Bene.

Repubblica, da frate, lo visitai in lungo e in largo. Anche contravvenendo a doveri. Mi svegliavo alle cinque, all’insaputa di tutti, per studiarlo. Poi mi veniva il cocco durante la preghiera quotidiana. È un dialogo che per esser capito necessita come preparazione la lettura di quasi tutti gli altri dialoghi, è mastodontico, completo, tocca una caterva di argomenti.

Trovo, a 505b, accenno e veloce messa da parte del problema a cui è dedicato l’intero Filebo. Filebo inizia con Protarco che sostiene che il Bene coincide col piacere mentre Filebo sostiene che il Bene coincide con la conoscenza (in greco phronesis, ‘intelligenza’; in altri casi episteme, ‘conoscenza’). A quali delle due cose va dunque dedicata la vita? Quale delle due è la vita migliore? Socrate aiuta i ragazzi a discutere, durante il dialogo si farà garante di una terza posizione: la vita migliore è la vita mista.

Riporto il problema come è esposto in Repubblica.

Ma certo anche questo sai, che la maggioranza crede che il Bene sia il piacere, invece quelli che vogliono distinguersi credono sia la conoscenza.
Come no?
E che, o amico, coloro che pensano ciò non sanno dimostrare cosa sia la conoscenza, ma sono costretti a convenire che appare essere conoscenza del Bene.
E ciò è parecchio ridicolo, disse.
E come non lo sarebbe, dissi io, se rimproverandoci di non sapere cos’è il Bene parlano poi come se lo sapessimo? Dicono infatti che il Bene è conoscenza, come se noi capissimo ciò che dicono quando pronunciano il nome Bene.
Verissimo, disse.
E cosa dire di quelli che definiscono il Bene piacere? Sono forse meno pieni d’errore degli altri? O non sono anche loro costretti ad ammettere che esistono piaceri cattivi?
Certo.
Ne segue che costoro, mi sembra, ammettono che le stesse cose sono buone e cattive. Non è così?
Sì.
Non è dunque chiaro che su queste cose ci sono grandi e numerose controversie?
[...]
Ma tu, o Socrate, dici che il Bene sia la conoscenza o il piacere o qualcos’altro al di fuori di queste due cose?
[...]
Ma, o beati, lasciamo per ora stare cosa sia il Bene in sé. Mi sembra troppo, secondo il fondamento che ci è disponibile al momento, giungere all’opinione che ora me ne sono fatta. Ciò che appare essere figlio del Bene e simile al massimo grado a esso, voglio dirlo, se ci tenete, altrimenti fa niente.
Ma dì pure, disse. Un’altra volta, infatti, farai il discorso della dimostrazione del padre.

La questione in Repubblica è solo accennata. In Filebo entrambi i punti sono presi di petto. Sia il problema di coloro che sostengono che il Bene coincida col piacere, che sono costretti ad ammettere che esistono piaceri cattivi, sia il problema di coloro che sostengono che il Bene coincida con la conoscenza, i quali, quando gli viene chiesto: “Conoscenza di cosa?” rispondono: “Conoscenza del Bene” generando un discorso circolare, sono approfonditi con dialoghi serrati tra Socrate e i duellanti Protarco e Filebo.
In Filebo la soluzione del problema non sarà raggiunta, fra l’altro, se non dopo l’introduzione di peras, ‘limite’, e apeiron, ‘illimite’.

Questo è tutto ciò che ricordo, proseguo ora con la lettura sperando di capire anch’io cos’è il figlio del Bene di cui Socrate si propone di parlare.

Le ragioni della cecità

I modi in cui i colleghi trattano male sono sfumature, è difficile portarli alla luce e descriverli. C’è chi ripete un modo di parlare, chi accarezza la pancia protundente, chi commenta le zone che mi danno sottintendendo che sono facili, chi passa davanti nella coda per prender le chiavi... In parte si controllano perché si accorgono che sono uno che non sparla, non prende in giro e non fa male. Perlopiù i bestemmiatori trattano male, con perfidie gratuite: è frutto della bestemmia.

La bestemmia fa diventare più cattivi è la mia tesi. Magari uno non è cattivo, ma bestemmiando lo diviene. Trasformazione operata dal potere della parola. Le parole che si dicono trasformano. Come dice Socrate, nell’anima alberghiamo verità o falsità (cf. Repubblica). Le parole, poi, sono espressione di ciò che abbiamo nell’anima. Non è detto che se diciamo, ad esempio, una cosa falsa, questa si trasformi automaticamente in convinzione. Ecco perché possiamo discutere anche sostenendo posizioni contrarie per animare la discussione.

Però sono convinto che più diciamo una cosa, più quella cosa trasforma l’anima e diviene convinzione, è creduta. La ripetizione ha una sua importanza. “Repetita juvant” è il detto. Se ripeto ogni giorno una cosa che per me è fede (non sapienza), prima o poi tale cosa si cementificherà nella mia anima come sapienza.

Per fare una distinzione tra fede e sapienza si può usare il paragone del computer. Non so cosa succede all’interno del computer ogni volta che schiaccio un tasto sulla tastiera ed esce la lettera sullo schermo. Bisogna avere tante nozioni elettriche, non solo informatiche, per conoscere il percorso che collega i due eventi. Chi ha studiato un po’ di informatica sa a grandi linee ciò che succede. Ecco, questa è la sapienza che ha un sapiente (o il Signore): risalire le cause seconde di un evento fino ad arrivare alla causa prima. Chi ha fede (pistis) invece conosce solo alcuni funzionamenti terminali del mondo creato. Ad esempio, so qual è il nome che, invocato, dà salvezza: “Non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati” (At 4, 12). Non sappiamo i perché e i come della divinità di Gesù e del suo legame col Padre; ci sono stati rivelati alcuni elementi che per noi sono oggetto di fede. Se schiaccio qui, succede così; ecc.

Il detto: “Repetita juvant” si usa sottintendendo che le cose ripetute sono positive, ma si potrebbe anche dire: “Repetita noceant” se le cose ripetute fossero negative. Ammettiamo di ripetere continuamente la più grande falsità dell’universo, ossia che Dio è una realtà negativa. La bestemmia: cane, porco e varie maledizioni contro di lui. Dio è perfetto, è assioma. Non c’è in lui alcuna imperfezione, alcuna macchia, alcun errore. Non c’è nulla di male in Dio: Dio è il bene in sé. Di più, tra le perfezioni di Dio (qualsiasi perfezione si riesca a immaginare, Dio ce l’ha) c’è quella di essere l’ente più grande dell’universo. Non l’ha forse creato lui? Perciò l’universo è più piccolo, nel senso che è minore, viene dopo. Se un ente è minore, in quanto viene dopo, secondariamente, sarà anche più piccolo. Sbaglio? In tutto l’universo non c’è realtà più grande di Dio, anzi, come visto, Dio è più grande di tutto l’universo nell’insieme. Quando si dice una falsità su Dio, pertanto, tale falsità sarà anche un’enorme falsità, la più grande che si possa dire.

Un conto è dire falsità su cose piccole, ad esempio se prendo un pezzo di legno e dico: “Questo è un sasso”. Essendo il legno, nella gerarchia delle cose create, in basso, dunque piccolo, la falsità che sto dicendo, che pure è falsità e dunque qualcosa di negativo, è una falsità piccola, di poco momento. Alziamo l’asticella. Indico Giulio e dico: “Quello è Arturo”. Essendo l’uomo, tra le realtà create, più in alto rispetto al legno – quindi l’uomo è un ente più grande del legno – la falsità che sto dicendo è più grande rispetto a quella sul legno, in quanto riguarda un ente più grande, più in alto rispetto al precedente secondo la gerarchia delle cose create. Alziamo ancora l’asticella. Indico una montagna e dico: “Quello è il mare”. Falsità ancora più grande, in quanto nella gerarchia delle cose create la montagna e il mare hanno la precedenza sull’uomo.

Vedremo poi che in realtà l’uomo ha priorità su tutto, se Dio ha scelto l’uomo come creatura in cui incarnarsi. Se ci basiamo però sull’Antico Testamento, ad esempio su Genesi o su Cantico di Daniele (cf. Dn 3, 57-87), vediamo che l’uomo è stato pensato e creato dopo alcune realtà come il cielo, la terra, il mare e i monti:

Benedite, opere tutte del Signore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, angeli del Signore, il Signore,
Benedite, cieli, il Signore.
Benedite, acque tutte, che siete sopra i cieli, il Signore.
Benedite, potenze tutte del Signore, il Signore.
Benedite, sole e luna, il Signore.
Benedite, stelle del cielo, il Signore.
Benedite, piogge e rugiade, il Signore.
Benedite, o venti tutti, il Signore.
Benedite, fuoco e calore, il Signore.
Benedite, freddo e caldo, il Signore.
Benedite, rugiada e brina, il Signore.
Benedite, gelo e freddo, il Signore.
Benedite, ghiacci e nevi, il Signore.
Benedite, notti e giorni, il Signore.
Benedite, luce e tenebre, il Signore.
Benedite, folgori e nubi, il Signore.
Benedica la terra il Signore.
Benedite, monti e colline, il Signore.
Benedite, creature tutte che germinate sulla terra, il Signore.
Benedite, sorgenti, il Signore.
Benedite, mari e fiumi, il Signore.
Benedite, mostri marini e quanto si muove nell’acqua, il Signore.
Benedite, uccelli tutti dell’aria, il Signore.
Benedite, animali tutti, selvaggi e domestici, il Signore.
Benedite, figli dell’uomo, il Signore.
Benedica Israele il Signore.
Benedite, sacerdoti del Signore, il Signore.
Benedite, o servi del Signore, il Signore.
Benedite, spiriti e anime dei giusti, il Signore.
Benedite, pii e umili di cuore, il Signore.

In Platone realtà come sole e luna sono considerate più divine dell’uomo perché più potenti, regolari, impassibili, sempre uguali a se stesse, ecc... naturalmente siamo ancora in un’era pre-Messia. Ma già l’antropologia biblica dell’Antico Testamento vedeva l’uomo, anche se creato per ultimo, dominatore su tutte le cose: “gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, / tutto hai posto sotto i suoi piedi” (Sal 8, 7).

Prendiamo ora il caso in cui uno dica che ciò che è più grande dell’universo e che in più è perfetto, senza macchia, senza errori, senza difetto alcuno, è il contrario di tutto ciò: la bestemmia. È peggio che essere eretici, ad esempio dire, coi Testimoni di Geova, che Gesù è l’arcangelo Michele; Gesù non è un angelo, è di più, è Dio, è generato dal Padre e coeterno. Tra le cose create c’è Maria, incoronata, dopo la Risurrezione di Gesù, regina di tutti gli angeli (angelo significa messaggero, dal greco ‘vaso’, ‘contenitore’; un angelo porta un po’ di Dio, Maria ha portato tutto Dio) poi ci sono le schiere angeliche, con a capo l’arcangelo Michele. Se si sbaglia su cose così grandi e importanti, come sarà la conoscenza delle cose dell’universo, discendendo lungo la creazione? Mi pare di vedere uno di quei film di fantascienza in cui ci sono due soli o due lune... Sbagliando sulle cose più grandi e importanti, che sono il punto di partenza, si avranno nozioni sbagliate anche su tutto il resto, che da quelle dipende.

Se prendo un tavolo e chiamo: “gambe” il piano e: “piano” le gambe userò il tavolo sottosopra; inservibile. Ripetere in continuazione che Dio è cattivo e che è il male, come fanno i bestemmiatori (perché di fatto il loro è un intercalare, una parola come tante; magari fosse una caduta di qualche volta, da poter isolare...), forma pian piano nell’anima la convinzione che Dio è cattivo e sistema, ordina le cose dell’anima secondo tale primaria convinzione. Se Dio è il male, allora, dato che la parola: “Dio” si rivolge pur sempre a un’entità superiore, più potente, capace di comandare, siamo servi del male...

Di più, siccome il più grande bestemmiatore, in quanto più grande odiatore di Dio, è satana, dicendo le stesse cose di satana ci si fa suoi portavoce, portavoce di satana... Ecco come si diventa cattivi. Più con gesti e parole ci si allontana da Dio, più ci si avvicina a satana (“Chi non è con me, è contro di me”, Lc 11, 23) e si diviene cattivi. Anche le azioni, non solo le parole ripetute condizionano e trasformano l’anima. Le virtù non sono forse habitus, come dice Aristotele? Sono habitus anche i vizi. Più si fa una cosa, più la si farà. Pensiamo a un uomo “invecchiato nel male” (Dn 13, 52), cioè a una persona abituata a compiere azioni malvagie, non sarà pericolo per noi se lo incontriamo? Questo sono i bestemmiatori abituali.

Sono anche una delle disgrazie della nazione. L’italiano è l’unica lingua che ha la bestemmia. In nessun altra lingua si usa dire male della divinità. Mia convinzione è che le miriadi di bestemmiatori che ci sono in Italia siano una delle cause dei mali dell’Italia. Perché la nostra nazione è così ridicola, presa in giro nel mondo? Scherno delle genti. Basta prendere il treno da Ventimiglia a Nizza, 20 Km e si vede la differenza; da un lato sozzeria e disordine, dall’altro pulizia e ordine. Dio ci ha messo nelle mani dei nostri nemici, i musulmani che ci stanno colonizzando, come metteva Israele nelle mani dell’Amorreo, del Gebuseo, dell’Eveo e del Perizzita (cf. Gios 9) quando peccava contro di lui, specialmente non rispettando il decalogo e venerando altri dèi.

La bestemmia acceca, poiché mette sottosopra l’intera cognizione dell’universo che si ha nell’anima. È importante formare l’anima, come scultura di cera, a immagine dell’universo. L’universo è fatto in un certo modo; l’anima dovrebbe essere una raffigurazione il più possibile fedele di come è fatto l’universo. Almeno, sapere a grandi linee cosa viene prima e cosa viene dopo, in ordine di creazione, è garanzia di salute. I bestemmiatori divengono ciechi a poco a poco, tanto da non saper più distinguere correttamente dove stanno il bene e il male. Già è difficile giudicare le azioni per uno che ha retta comprensione dell’universo (occorre sempre lungo discernimento per fare una scelta), figuriamoci per uno che concepisce l’universo sottosopra.

Chi ha perfetta cognizione di come è fatto l’universo, di cos’è ogni ente in se stesso e in relazione agli altri? Il Signore.

Ingannarsi

È il primo giorno delle elementari e vedi per la prima volta la Giulia.

In quinta ti piace la Chiara, in quarta cerchi le attenzioni della Barbara, in terza sei innamorato della Giulia. Ti attirano gli occhi azzurri e i capelli biondi, il bel viso. Sei precoce con la sessualità, in terza e quarta il tuo passatempo è mettere le mani sul sedere della Chiara, della Barbara, della Giulia, dell’Elisa...

L’anno della Giulia, dopo l’ora in piscina, interrata nei sotterranei della Leonardo da Vinci, tornando dallo spogliatoio dei maschi passi accanto allo spogliatoio delle femmine. La porta è aperta, butti lo sguardo e vedi una maestra che asciuga i capelli della Giulia mentre lei è ancora nuda. La visione di quel corpo liscio, bianco, implume ti colpisce come un incantesimo di luce. È la prima volta che vedi una donna nuda. Vorresti fermarti ma ti fanno pressione, muoversi, è la visione di un istante.

Un giorno la Giulia, accanto al semaforo, tu con la tata, lei con la mamma, si stacca un attimo e si avvicina per darti un bacio sulla guancia. Lo racconti per giorni, settimane, mesi, ma non fai niente per ricambiare.

Alla fine della quinta fai fare a tua mamma, tappezziera, un cuscinetto a forma di cuore e ti fai accompagnare in macchina fino a casa della Chiara, citofoni e consegni. Fine.

Alle medie tutti si dimenticano di tutti.

Al liceo ritrovi, in altre classi, la Chiara, la Barbara, la Giulia, l’Elisa.

In seconda esci il pomeriggio col compagno di classe Battani. Fai crescere i capelli fino alle spalle. Compri vestiti in linea con le tendenze skater e writer, scarpe Vans, pantaloni larghi, magliette variopinte. Ti distingui dai tabbozzi discotecari che vestono carri armati Timberland, jeans stretti e giubbini con striscia arancio orizzontale.

Non sei un brutto ragazzo, raccogli consensi.

In quarta fai un programma di scambio interculturale di sei mesi in Nuova Zelanda. Quando torni, in gennaio, sei abbronzato, sembri un surfista con orecchino, felpe col cappuccio, capelli sempre legati a coda di cavallo.
Sei invitato a una rimpatriata coi compagni delle elementari a casa della Giulia. Sei diventato intraprendente: mentre gli altri di là sgranocchiano patatine, nella stanza da letto di sua madre hanno luogo toccamenti, baci.

Vi sentite per telefono. Dopo pochi giorni è organizzata da due compagni delle elementari, che al liceo sono finiti quasi tutti in classe assieme, un fine settimana a casa del Luca, in campagna, dove si era andati qualche volta, alle elementari, a fare domeniche con genitori e maestre. Il Luca e la Barbara festeggiano da sempre il compleanno assieme. 
Tornato dalla Nuova Zelanda sei brillante e attiri attenzioni. Si passa la notte. Si dorme tutti in sacco a pelo nel salone a piano terra. Tu e la Giulia siete vicini. La mano di lei, senza far rumore, raggiunge le tue mutande...

Siete ufficialmente assieme. Un giorno la Giulia ti raggiunge a casa e passate il pomeriggio sul letto a baciarvi e a strusciare le une sulle altre le parti basse coi pantaloni giù... Quando la accompagni al semaforo, ha i capelli scompigliati. 

La Giulia è figlia di genitori separati e vive con la madre come te. Un giorno passi da casa sua e c’è la madre. A un certo punto hanno un leggero alterco in cui la Giulia si comporta come non l’avevi mai vista, pretenziosa, viziata. 

La Giulia fa parte di un gruppo di studiosi, come sono tutti i compagni delle elementari. Uno dei tuoi cosiddetti amici, writer nipote di un noto giornalista di sinistra, ti prende in giro perché hai come fidanzata la Giulia, che pur essendo bionda e carina ha di costituzione sedere largo e tette piccole.

Poco dopo è il diciottesimo compleanno della Giulia. Organizza una festa in un locale con pista da ballo. La sera stessa del compleanno, all’ultimo momento, non ti presenti ed esci coi tuoi amici.

La Giulia prova a chiamarti, cerchi di spiegare che non vuoi più stare con lei. Nei giorni seguenti ti chiama altre volte ma non trova risposta.

Dopo qualche tempo la incontri per i corridoi della scuola: ha i capelli verdi. I compagni delle elementari ti evitano.

Anni dopo, sei invitato a una pizzata coi compagni delle elementari in cui sono presenti anche le bruttine che prendevi in giro, che ora sono belle e stanno finendo l’università. A metà sera arriva anche la Giulia, ha appena iniziato un Dottorato in Lettere, ha un doppiopetto in lana grigia ed è padrona di sé, matura. Ti rivolgi a lei con semplicità ma è fredda, quasi ti evita, nel vederti fallito sovrappeso che hai abbandonato l’università.

Sogni spesso la Giulia. A parte i sogni ricorrenti in cui i compagni delle elementari sono sempre più preparati di te quando si avvicinano gli esami mentre tu non sai da che parte girarti, ci sono i sogni teneri, intimi, in cui tu e la Giulia vi amate.

Le due uniche colleghe donna

Il caldo aleggiava sul Centro di Smistamento Amazon come aveva aleggiato sulla provincia tutta la giornata. Finito il debrief, Filocamo sfrecciò accanto al gabbiotto della guardia e si fermò nell’area parcheggi. Il debrief è la fase in cui si danno i pacchi non consegnati. Dopo il debrief si può parcheggiare e, restituiti chiavi del furgone e palmare al responsabile, andare a casa.

Mentre parcheggiava, Filocamo notò Eparchia che svolgeva le abituali manovre di svuotamento del furgone. Eparchia era una delle uniche due colleghe donna di Filocamo (l’altra era Erentrude, un’ucraina che aveva vissuto in Italia sin da bambina). Tutti conoscevano le manovre di svuotamento di Eparchia. Eparchia, di Castrezzato, aveva lavorato come geometra finché la sua ditta era fallita, si era trovata a 44 anni a fare la driver Amazon. La meticolosità e la professionalità che la contraddistinguevano nel lavoro precedente si vedevano. Il furgone di Eparchia era il più pulito di tutti. Ogni mattina con uno spray e uno straccio passava le maniglie e il volante, i punti in cui i colleghi, usando il suo furgone mentre lei era di riposo, avevano messo le mani.

Funziona come per la polizia, quando entri in servizio ti danno un mezzo e devi accontentarti delle condizioni in cui lo trovi. Di fatto ad alcuni corrieri più anziani era come se il furgone fosse assegnato fisso. Solo che quando erano di riposo veniva pur sempre dato ad altri. Eparchia aveva personalizzato il suo con pupazzetti a ventosa sul parabrezza e coi prodotti per pulire nella tasca della portiera. La mattina parcheggiava la macchina accanto al furgone e da essa trascinava sul furgone, oltre a un carrellino pieghevole per i pacchi pesanti, uno zaino rosa a ruote, come quello dei bambini delle elementari, con la borsa termica per il pranzo, la borraccia, anch’essa rosa, che andava subito infilata nell’apposito spazio del furgone (un buco a sinistra del volante), un ricambio per ogni evenienza e un coprisedile che assorbiva il sudore e impediva che le gambe nude di Eparchia si irritassero strisciando sul tessuto grezzo.

Eparchia faceva le consegne in calzoni corti, cortissimi, come Erentrude del resto. Gambe depilate, capelli corti a spazzola tinti biondi quasi bianchi, pettorina rosa e scarpe rosa. Un rosario fine a forma di collana con perline nere a completare l’assetto.

La sera, il contrario. Il materiale che Eparchia dalla macchina aveva trasferito al furgone tornava in macchina. Chi sa a chi avrebbero assegnato il furgone il giorno dopo.

Filocamo colse Eparchia proprio mentre avvenivano le abituali manovre di svuotamento. Filocamo aveva già preparato il suo zaino con dentro le scarpe da ginnastica, che una volta usciti dal Centro di Smistamento sostituiscono le antinfortunistiche. Scese dal furgone e decise, prima di recarsi in ufficio a restituire chiavi e palmare, di fermarsi a parlare con Eparchia. Il suo cuore traboccava.

Guarda caso il giorno dopo era la solennità del Corpus Domini, e a Filocamo era capitato di dover portare l’ultimo pacco al santuario Maria Rosa Mistica Le Fontanelle di Montichiari, dove Maria è apparsa a Pierina Gilli nel 1966. Filocamo, prima di fare il driver Amazon, era stato frate in una comunità kolbiana, mariana. Notava quotidianamente che il bene che aveva fatto in nome della madre di Dio non era dimenticato, anzi, lei gli dava continuamente segni della sua presenza e della sua protezione.

La Chiesa cattolica scandisce da sempre la giornata con sette momenti di preghiera. Ufficio delle letture (mobile, ma solitamente recitato prima delle Lodi), Lodi mattutine, Ora media (terza, circa le 9,00; sesta, circa le 12,00; nona, circa le 15,00), Vespri e Compieta. I Vespri sono la preghiera della sera, prima di cena. La Compieta è la preghiera che si fa dopo cena, prima di coricarsi.

Chi conosce il mondo cattolico sa che una festa inizia coi Vespri del giorno prima. Si è, ad esempio, nella solennità del Corpus Domini già dalle 17,00 del giorno prima, ora in cui idealmente si celebrano i Vespri. Ecco perché la messa del sabato sera vale anche per la domenica. Celebrandola attorno alle 16,00, le 17,00 o dopo, è come se si celebrasse già nella domenica. I giorni di festa hanno quindi due Vespri, i cosiddetti Primi Vespri, quelli del giorno prima, che danno l’avvio alla festa, e i cosiddetti Secondi Vespri, che si recitano la sera del giorno di festa stesso.

A Filocamo essere condotto in un luogo di apparizioni mariane proprio in coincidenza con la messa dei Primi Vespri del Corpus Domini parve un segno evidente dell’azione di Maria nella sua vita. Si sentì amato, seguito, curato. Sentì che la sua vita, nonostante i dubbi, le ansie e gli scrupoli era tutto sommato gradita a Maria, forse per le fatiche lavorative, che per lui erano un pesante sacrificio, forse per la preghiera quotidiana, forse il tentativo di vivere il Vangelo... Consegnare l’ultimo pacco proprio al santuario era una coincidenza vistosa. Si confessò e prese la messa, la messa del Corpus Domini, in cui si commemora l’istituzione dell’Eucaristia, il miracolo secondo cui pane e vino, benedetti dalle parole di Gesù, si transustanziano in sua carne e suo sangue, formando l’agnello pasquale prezzo del riscatto dell’uomo.

Non c’era in tutta la compagine di colleghi di Filocamo una sola persona a cui poter raccontare che gli era capitato di dover consegnare un pacco alle Fontanelle di Montichiari, un pacco proprio per il santuario, se non Eparchia. In passato Filocamo le aveva regalato una Medaglia Miracolosa di quelle che portava sempre, pronte a essere regalate, nel portafoglio. Anche Amazon regala medaglie. Ogni anno danno una spilletta-premio che significa che hai consegnato qualche migliaio di pacchi. Eparchia conservava tutte le spillette e le portava tutte attaccate al girocollo con attaccato il badge Amazon (che va sempre rigorosamente indossato quando ci si trova nel Centro di Smistamento). Filocamo le spillette Amazon le buttava nella spazzatura appena gliele davano, ma scoprì con gioia che, assieme alle spillette Amazon, Eparchia aveva attaccata al girocollo anche la Medaglia Miracolosa che anni prima le aveva regalato.

Nell’apparizione della Medaglia Miracolosa, 27 novembre 1830, Rue du Bac, Parigi, a Santa Caterina Labouré, Maria ha mostrato due facce di una medaglia e ha detto: “Fai coniare una medaglia fatta così e diffondila. Chiunque la porterà con fede otterrà grandi grazie”. Inoltre ha affermato di voler esser venerata con la giaculatoria divenuta nota: “O Maria, concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a voi”. Sulla base di tale giaculatoria papa Pio IX, nel 1854, a 24 anni dalle apparizioni di Rue du Bac, affermò il dogma dell’Immacolata Concezione. Che Maria fosse stata preservata dal peccato originale fin dal momento del suo concepimento, in vista dei meriti di Gesù, era un tema dibattuto nei secoli e difeso soprattutto dai francescani. San Massimiliano Kolbe, francescano e sostenitore delle apparizioni mariane, chiamava le Medaglie Miracolose, di cui portava sempre un certo numero addosso per poterle regalare: “Munizioni”. Il fondatore della Milizia dell’Immacolata vedeva nei devoti dell’Immacolata cavalieri che diffondevano la fede cattolica, in particolare la fede in Maria, mediante parola, esempio e donazione di Medaglie Miracolose.

Filocamo mostrò la foto del pacco a Eparchia: “Hai visto che delicatezze mi fa la Madonna?”. Appena l’ebbe detto, si rese conto che non era immediato, come nella sua mente, capire questa frase. Per Filocamo era ovvio che Maria, portandolo al suo santuario nei Primi Vespri del Corpus Domini, gli aveva fatto una grazia. Non gli faceva dimenticare che non si dimenticava di lui e del bene che aveva fatto nel suo nome. Avrebbe dovuto spiegare a Eparchia che, dato che era stato frate in una comunità mariana, Maria non l’avrebbe più abbandonato per il resto della vita. Eparchia fece un sorriso e si girò dall’altra parte, continuando le operazioni di svuotamento del furgone. Filocamo capì che non aveva capito bene. La frase era densa di significato, avrebbe dovuto lasciarle tempo, qualche giorno per assimilarla.

Eppure aveva detto quella frase proprio perché pensava di essere capito. Era stato pochi giorni prima che Eparchia gli aveva mostrato la Medaglia Miracolosa che le aveva regalato. “Ce l’ho ancora, la porto sempre”. “Non ci credo! Ce l’hai ancora?”. “Certo! Sono sempre stata affezionata a Maria”. Il pensiero di Filocamo corse alla collanina-rosario che avvolgeva il collo di Eparchia.

Tornato a casa, andò su internet e acquistò su IBS Le conferenze di San Massimiliano M. Kolbe, Casa Mariana Editrice, un tomo da 20,00 euro. Era deciso a darlo a Eparchia il giorno del suo compleanno. Non voleva regalarglielo, solo prestarglielo. I loro rapporti non erano così profondi da permettere un regalo. Le avrebbe detto: “Te lo presto, poi me lo ridai. È un libro di consultazione, non devi per forza leggerlo dall’inizio, puoi aprirlo a caso”. Il giorno dopo le chiese la data del suo compleanno, 15 ottobre: “Santa Teresa d’Avila! Pensa un po’! Sai che mi sono convertito leggendo l’Autobiografia di Santa Teresa d’Avila?”. “Ma va?”. Non le disse nulla del libro, decise di aspettare mesi – era giugno quando accaddero questi fatti – e di farle la sorpresa.

Filocamo era rimasto un po’ frate dentro. Uno degli aspetti più importanti del Vangelo è lo zelo per le anime, la trasmissione della fede e la salvezza di tutti. Ora che non era più frate, i soggetti della sua evangelizzazione erano le persone che incontrava quotidianamente, a iniziare dai colleghi. Al figlio di un collega aveva regalato una Bibbia. A un altro, brasiliano, arrivato da poco, a cui aveva insegnato il lavoro, aveva procurato il santino di San Giorgio, di cui sono devoti in Brasile. Una devota di Maria era pane per i suoi denti. Quale miglior approfondimento della devozione a Maria che gli scritti di San Massimiliano Kolbe?

Nel frattempo erano arrivate nuvole e una lieve pioggerella iniziò a scendere. Filocamo non vedeva l’ora che arrivasse il 15 ottobre. Eparchia era single nonostante i 46 anni. Era il soggetto perfetto. Un devoto di Maria è un chiamato. Filocamo sapeva che Eparchia era destinata ad approfondire la conoscenza di Maria. L’incontro con un ex frate kolbiano non poteva non essere l’occasione giusta. Eparchia, nella mente di Filocamo, sarebbe divenuta una fervente visitatrice di santuari mariani oltre che un’assidua sgranatrice di rosari. Quella notte piovve a lungo, leggero ma fitto, era da un po’ che non si dormiva così bene.