I miei musicisti preferiti sono Mozart e John Frusciante

Di Mozart posso ascoltare ogni cosa, dalla sonata alla serenata, dal divertimento alla sinfonia, dal concerto al quintetto d’archi, in ogni momento. Mi metti Mozart e godo. Ciò che lo caratterizza è lo spirito. Lo spirito di Mozart è ineguagliabile, inimitabile. Non parlo del genio, proprio dello spirito. Anche il genio è insuperabile. Però credo che il genio possano averlo anche altri. Ad esempio, dalle mie considerazioni fisiognomiche, risalenti ormai a più di un decennio fa, ho ricavato che tre persone hanno lo stesso tipo di genio (e chissà quante altre). Mozart, Woody Allen e Keith Haring (e ci metto pure Roberto Benigni e Nathan Lane). Tutti e tre sono piccoli, magri e dotati di cervellone, con una testa che va su a imbuto. Questo tipo di genio secondo me è massimo. Ha una caratteristica, la leggerezza. Prendiamo uno come Beethoven, non ha la leggerezza. I tre nominati invece sono leggeri. La loro caratteristica è una produzione costante ed esondante di idee, ma tutte leggere, non profonde. Sono tutte in superficie. Sono personaggi che maturano difficilmente, difficoltà di certo legata al genio. Il genio determina anche lo spirito. Come si fa a non avere uno spirito volatile, esultante, allegro, infantile quando si ha un genio così? Come si fa a non sentirsi colmi di esultanza quando la mente ha una facilità a creare che supera di tal guado i propri simili? Ecco, Mozart, Woody Allen e Keith Haring sono flussi che non hanno interruttore per spegnersi. Però, come detto, restano in superficie. Hanno una memoria vasta, perciò sono in grado di ripetere senza sosta idee sentite. Come detto, non hanno profondità. È come dire che hanno pochezza di intuito, fanno fatica a capire. Preferiscono ripetere all’infinito che approfondire, capire, cogliere. Ma non sono solo ripetitori... grazie all’infinita capacità di variare sul tema sono creativi, produttivi.

La parte più produttiva, però, a mio modo di vedere, è lo stile. Tutti e tre hanno uno stile definito e riconoscibile. Se mi metti un pezzo di musica classica, se non l’ho ascoltato tante volte non sono in grado di dire di chi è, se è Schubert o Schumann o Brahms o chi per essi. Mozart lo riconosco subito, anche se non ho mai ascoltato quel pezzo. È vero, si può confondere Mozart con Haydn, ma solo perché Mozart considerava Haydn ispiratore, ma è una sottigliezza. Si pensi allo stile chiaro e personale di Keith Haring.

Per quanto riguarda Woody Allen, credo che i suoi momenti più creativi siano le svolte di trama, è stato quando si è sforzato di più, mettendo da parte la facilità produttiva per lavorare di sudore con gli artisti.

La musica come quella di Mozart è l’unico vero modo di sfruttare il medium. Uno come Bach, ad esempio, è troppo strutturale. Invece la musica si dispiega nel tempo. Devi sorprendere, dire cose nuove, momento dopo momento. Poi ci saranno pure le ripetizioni, che sono fondamentali all’arte, ma è secondario. Che mi importa se le Variazioni Goldberg hanno, prese nell’insieme, un andamento a spirale, come dice Glenn Gould in L’ala del turbine intelligente? Lo sento, l’andamento a spirale, mentre ascolto? Mozart è una novità continua. Per questo è sempre ascoltabile e soddisfa sempre, anche al primo ascolto. Non ha bisogno di essere orecchiabile. Ma questo vale per tutta la musica classica. Le idee musicali possono essere geniali e belle senza essere orecchiabili. Anche il musicista deve, come lo scrittore, lavorare sempre, non solo quando c’è l’ispirazione. In questo Bach è maestro. A Bach va riconosciuta la capacità tecnica, per cui è in grado di produrre continue variazioni sul tema (sì, anche lui) procedendo per matematica, non per ispirazione. È per questo che la musica di Bach è per lo più pallosa, tranne quando il processo matematico ha prodotto qualcosa di orecchiabile. La maggior parte degli altri musicisti secondo me è un misto di tecnica e ispirazione. Tecnica quando manca l’ispirazione e tecnica a servizio dell’ispirazione quando c’è. Che idee pazzesche hanno ricevuto Beethoven, Vivaldi, Rachmaninoff, Strauss!

Mozart ha tenuto più degli altri (Woody Allen e Keith Haring) lo spirito perché era cristiano. L’ateismo di Woody Allen l’ha reso cupo. Il peccato sodomitico di Keith Haring l’ha intristito (il peccato intristisce, perché mette in ombra la gioia dello Spirito Santo che è in noi) e l’ha fatto morire presto di AIDS. Mozart è morto a 35 anni perché a quell’età aveva già fatto tutto ciò che doveva fare in vita, avendo iniziato a comporre a quattro anni. È mia opinione che si muore quando si è adempiuto il proprio destino; ciascuno ha un compito, nella vita; quando lo si adempie, si può morire.

John Frusciante, nel 2015, è stato messo nella lista dei 100 migliori chitarristi mai esistiti dalla rivista Rolling Stone. Non amo particolarmente i Red Hot Chili Peppers, soprattutto perché disprezzo Anthony Kiedis; anche se devo riconoscere che è un notevole frontman e che la sua voce rende distinto il sound della band, non mi piace il suo stile di vita. Frusciante quando è andato in overdose è quasi morto. Di sicuro ha vissuto un momento di near death experience. Da lì in poi, dopo essere “uscito dal gruppo” la prima volta, si è messo a fare musica da solista. I suoi album sono meravigliosi. Intimisti, il mio genere. Parlano di solitudine, fallimento, morte. Ma anche di grandi temi, il senso della vita, le piccole cose... I testi e la musica sono finalmente affrancati dal per-forza-funk dei Red Hot Chili Peppers, dai temi della California e del sesso di Anthony Kiedis e dalla figura asfissiante del produttore Rick Rubin, per quanto geniale sia anche quest’uomo. Album come Smile from the streets you hold, To record only water for ten days, From the sounds inside, Shadows collide with people, The will to death, Inside of emptiness, A sphere in the heart of silence, Curtains, The empyrean sono freschi, genuini, giovani, parlano di un uomo che è appena tornato alla vita. John Frusciante è tornato e nel suo passaggio attraverso la morte ha acquisito superpoteri musicali, scriveva una rivista quando è tornato nei Red Hot Chili Peppers. Ho scritto un commento su Youtube in calce alla canzone Unreachable, ho detto che tutto ciò che ha fatto John Frusciante fino a tale canzone, compresa l’intera esperienza creativa e performativa nei Red Hot Chili Peppers, non è che preparazione a essa, che più di ogni altra è capace di farmi roteare come un pazzo da solo in una stanza al buio.

Non parlo della chitarra di John Frusciante perché non sono in grado, non voglio sporcarla. Dico solo che ha dimestichezza con essa da quando era bambino, che a 15 anni sapeva già tutto Jimi Hendrix. La chitarra di John Frusciante... cosa dire... vero rock... vera poesia... vera musica... per me non c’è altra musica...

Ascolto anche Monteverdi, Haydn, Bach, Rachmaninoff... Qualche volta mi soffermo su Youtube ad ascoltare canzoni famose, come Symphony interpretata dalle Cimorelli, o Shallow e Hold my hand di Lady Gaga... Selling England by the pound dei Genesis... e altro...


Disturbi ossessivo-compulsivi

Leggo centinaia di notizie al giorno. O meglio, centinaia di titoli. È il mio passatempo. È una malattia. È un modo per stare attaccato al telefono. E, davvero, sto attaccato al telefono troppo. Quando mi sveglio, la mattina, la prima cosa che faccio è mettermi a leggere notizie. Il brutto è che non me ne frega niente, leggo solo titoli. Uso Google News. L’obiettivo è arrivare in fondo all’elenco, allora ho la sensazione di aver letto le notizie. Non mi soffermo su niente. Non apro nessun articolo. Dopo questo, recito le Lodi Mattutine. Poi leggo le letture della messa del giorno. E in teoria, poi, siccome sono negli anni di formazione per entrare nell’Ordine Secolare dei Carmelitani Scalzi, dovrei fare mezz’ora di meditazione, o orazione mentale. Posso partire dal Vangelo del giorno o da qualsiasi lettura, l’importante è che mediti per mezz’ora e trasformi la meditazione in preghiera; verso la fine, diciamo. Il problema è che nella mia fame di sonno, per paura di sentirmi stanco sul lavoro, non mi sveglio abbastanza presto per fare mezz’ora di orazione mentale. Al massimo riesco a fare un quarto d’ora. E sì che vado a letto presto. Non mi sono ancora deciso a svegliarmi prima. Ho sempre paura che non mi basti il sonno. Magari, dopo aver fatto colazione, siccome ho ancora tempo e sono più sveglio perché ho bevuto il caffè, mi metto in ginocchio davanti al letto e prego ad alta voce altri dieci, quindici minuti. Chiedo a Dio di non farmi fare incidenti, di impedire che metta sotto qualcuno col furgone, che non faccia danni al furgone, ad altri veicoli, ad arredi urbani o alle case dei clienti. No, perché, queste cose sono successe. Danni al furgone ne ho fatti tre, 250 euro ogni volta. Una volta ho tirato giù un paletto d’acciaio dissuasore del traffico. Ero in pieno centro, dietro il duomo. Ho chiamato i vigili, hanno preso gli estremi della ditta e alla fine è stata decurtata dallo stipendio la somma spesa per la riparazione, 50 euro. Un’altra volta ho tirato giù il citofono di un cliente. Gli ho lasciato il numero di telefono, hanno speso 35 euro per la riparazione. Poverini, due vecchietti tanto gentili. Insomma, nei primi tempi delle mie avventure con Amazon ne ho fatte! Per forza, mi davano il furgone senza sensori! Sia benedetto in eterno l’inventore dei sensori di parcheggio. Anche ora, vedo che i ragazzi nuovi ci mettono un attimo a fare danni. Chi nel primo mese ne fa uno, due. E son sempre 250 euro di franchigia. Il problema non è solo che uno è inesperto a guidare, è che hai una fottuta pressione addosso per fare in fretta, e questo è colpa, a monte, di sua eccellenza Mr. Bezos; inoltre sei costretto a fare almeno 100 manovre al giorno in spazi stretti. Se sommi queste cose viene fuori una miscela esplosiva. Davvero, i nostri furgoni sono tutti segnati, strisciati, ammaccati. Non parliamo degli specchietti. Be’, questa è l’immagine che Amazon vuol dare? Cavoli loro. La mia ditta non fa neanche lavare i furgoni, sono neri e marroni (per la terra che si raccoglie quando si va in campagna). Pezzenti. Quando arriviamo davanti alle case la gente, a meno che non sia cliente abituale, non ha la più pallida idea che è arrivato Amazon. Solo sui furgoni che girano in città c’è scritto. Se penso che ho fatto la città per tre anni e mezzo mi chiedo come ho fatto. Per un anno e mezzo addirittura il centro storico. Terribile. Adesso faccio una zona periferica costituita da villette singole, più un paese adiacente a Brescia che si chiama Borgosatollo. Mi trovo bene. Finite le consegne mi metto in viaggio per tornare al centro di smistamento e chiamo mia madre in vivavoce. Mia madre a quell’ora è in negozio. Ha 75 anni e tiene ancora aperto. Per forza, continua a venir su lavoro. Sono tre anni che dice che in aprile chiude ma ancora non l’ha fatto. E sì che nel 2019 ha avuto anche un tumore, del quale, ringraziando il cielo, non è rimasta traccia. La conversazione con mia madre dura più o meno tutto il tempo che ci metto ad arrivare al benzinaio. Se non riesco a parlare con mia madre, perché magari in quel momento ha clienti in negozio, mi metto a pregare. Anni fa ho inventato una giaculatoria che dice: “Ti ringrazio, Signore Gesù Cristo, per tutto ciò che mi hai dato nella mia vita e per tutto ciò che mi stai dando”. È un semplice ringraziamento, ma siccome comprende tutto, se recitato a lungo, anche mentalmente, lascia senso di vicinanza a Gesù e gioia interiore. È come se si eliminassero dall’anima le lamentele nate in seguito a cose spiacevoli capitate, che formano una specie di senso di scontento verso Dio. Ringraziando per tutto, ci si riconcilia con lui. Il risultato è pace e gioia. Quando arrivo al centro di smistamento, dopo aver fatto gasolio, ho sempre circa un’ora da aspettare prima di entrare. Il rientro è alle 18,30. Arrivo al centro di smistamento per le 17,30. A volte vado a mangiare al MacDonald’s che c’è vicino. In ogni caso, prendo il telefono e mi metto a scorrere le notizie. Senza frutto, senza profitto, solo riempiendomi la testa di frasi a effetto da giornalista che spesso rasentano l’assurdo. Ho paura che ciò rovini il mio modo di pensare, parlare e scrivere. Alla sera, quando arrivo a casa, mentre mangio leggo il sito Digg o guardo un video su Youtube, in genere spezzoni di Friends che so a memoria, o i cani. Poi mi metto a leggere, in questo periodo sto leggendo Jacob von Gunten di Robert Walser, carino, Il loden di Bernhard, già letto anni fa, Storia della mia vita di Santa Teresa d’Avila, la quale in un modo o nell’altro non fa altro che dirti di pregare, allora mi metto a pregare, magari a dire il rosario, e mi addormento.

Orgoglio e superbia

La differenza tra orgoglio e superbia è un concetto teologico. Se guardiamo i termini da un punto di vista puramente umano, troviamo che sono quasi sinonimi. Non ho consultato un dizionario, ma mi pare di poter dire con una certa sicurezza che è così. I termini sono tendenzialmente visti come sinonimi perché hanno lo stesso contrario, l’umiltà.
Dal punto di vista teologico c’è differenza. La stessa che c’è tra una cosa verticale e una orizzontale.
L’orgoglio riguarda il rapporto con Dio (dimensione verticale); la superbia il rapporto con gli uomini (dimensione orizzontale).

Orgoglio significa non credere che Dio possa perdonare il peccato. Che poi significa non credere che a Dio tutto è possibile – una delle perfezioni di Dio. Ci sono alcune persone che commettono peccati così grandi che dicono: “Dio non è in grado di superare, in perdono, la grandezza del mio peccato. Il mio peccato non potrà mai essere perdonato. Sono perduto”. Questo, in qualche modo, è sentirsi più grandi di Dio, giudicare cosa Dio può e non può fare.
Il contrario dell’orgoglio, nel rapporto con Dio, è l’umilità. Umiltà è sentirsi più piccoli di Dio.

Umiltà è contrario anche di superbia, ossia sentirsi più grandi di altri esseri umani. La superbia è facile da comprendere. Sono migliore di te. Sono migliore di questo, di quello. Non c’è tanto da dire.

Giusto per dire qualcosa, faccio riferimento al discorso di Evagrio Pontico sugli otto demòni che si incontrano nel cammino spirituale. Non ricordo precisamente quali sono, comunque sono il demonio della lussuria, della gola, dell’avidità, ecc. Questi demòni tentano e fanno cadere in peccato. San Leone Magno, il grande papa, più tardi, unendo due dei demòni, non ricordo quali, in uno solo, prenderà questa dottrina e la trasformerà in quella più nota dei sette vizi o peccati capitali. Ebbene, Evagrio dice che i demòni si possono incontrare non sempre nello stesso ordine, ma ce n’è uno che è sempre l’ultimo, ed è quello della superbia.

Quando il combattente spirituale ha sconfitto tutti gli altri demòni, è cioè al riparo dagli attacchi tentatori che cercano di farlo cadere, si sente arrivato. Si sente Superman. “Guarda quanto so’ bravo, ahó!”. È qui che si sente migliore degli altri ed è qui che cade in superbia.

Voilà! Anche i migliori, quelli che tendiamo a ritenere santi, devono stare attenti... per superbia cadde l’angelo più bello tra i creati da Dio, il nostro compagno di strada, il capo dei demòni, Lucifero.

Un podietto

C’è poco lavoro. Le rotte sono calate. Mi hanno obbligato a prendere ferie. Avevo ferie inutilizzate dall’anno scorso, sette giorni più quattro di permesso. Fanno lavorare i contratti a tempo determinato, appena assunti, e lasciano a casa i contratti a tempo indeterminato che hanno vecchie ferie da usare. Totale undici giorni, aggiungendo i giorni di riposo che già mi spettavano ho accumulato giorni sufficienti per fare quasi due settimane di fila. È venuto a Brescia cinque giorni l’amico frate p. F., che un anno e mezzo fa è stato trasferito a Torino. Ha dormito a casa mia. Siamo andati ben tre sere al cinema.
Il primo film che abbiamo visto è Avatar. La via dell’acqua. Ci siamo alzati dopo 40 minuti. Sarà pure un’esperienza visivo-uditiva straordinaria, ma la storia è inutile.
Il secondo è The plane, un film d’azione all’antica, o meglio stato dell’arte, il meglio dell’arte americana a servizio d’intrattenimento a fiato sospeso concentrato in 1 ora e 47 minuti ricchi di accadimenti che si accatastano. Il tutto con la ciliegina sulla torta di Gerald Butler che è un buon attore con ottima espressività. Divertente e incolla-alla-poltrona.
Il terzo è Bussano alla porta. Lo metto secondo su tre. Se si tolgono gli inevitabili riferimenti al mondo attuale (anch’essi ci vogliono, per rendere minimamente agganciante un film), tipo la gaytà della coppia o la pandemia, direi che è un ottima variazione sul tema dell’Apocalisse. Dico ciò da un punto di vista puramente cristiano. L’idea che i quattro cavalieri dell’Apocalisse possano essere impersonati da quattro persone con visioni mi è piaciuta. D’altronde San Giovanni, che in vecchiaia aveva le visioni dell’Apocalisse sull’isola di Patmos, non era forse un uomo? Non aveva forse visioni? Non le aveva mentre dormiva, ma da sveglio, e sono estese ed elaborate. Aggiungiamo il talento di M. Night Shyamalan nel creare un momento di suspence al minuto, la capacità di concentrare 1 ora e 40 minuti in un solo luogo (con alcuni sfiatatoi, i flashback)... Bellissimo l’unico flashforward unito alla coda, la scena in cui accendono e spengono la radio è un brillante tocco di sceneggiatura. Ottima attrice la bambina asiatica, bello vederla ballare nella scena in macchina. 
Ricapitolando si lasci perdere Avatar. La via dell’acqua. Se si vuole svagarsi andare a vedere, in ordine, The plane e Bussano alla porta.