Il rosso e il nero

Ho sempre dato definizioni a due tipi di dolore dell’anima, quello per la rottura di una relazione e quello per la morte di un caro. Secondo me sono i dolori tipici che una persona può trovarsi ad affrontare nella vita.

Ho sperimentato la rottura della relazione col primo e unico amore, una ragazza con cui sono stato dai 20 ai 21 anni. Eravamo proprio innamorati persi. Siamo stati cinque anni compagni di classe ma non ci siamo mai degnati d’attenzione. Dopo un anno di università – io a Bologna, Scienze della Comunicazione, lei alla Bocconi, Economia aziendale – ci siamo rincontrati. Puntavo la sorella, di un anno minore e che non conoscevo bene. Quando tornavo a Milano, a volte, nel fine settimana uscivo con un altro ex-compagno di classe delle superiori, nel cui gruppo c’era la sorella di E. Nel periodo natalizio ero tornato a Milano per passarci un po’ di tempo e stare tranquillo a casa a preparare gli esami. Nell’appartamento bolognese c’erano lavoratori, eroinomani e fumatori quotidiani di marjuana, non c’era il clima ideale per concentrarsi. A Milano, nella casa vuota di mia madre, studiavo bene. Avevo preso sul serio l’università. La semiotica e la linguistica mi piacevano assai. E. non va mica a separarsi dal fidanzato storico, col quale era stata almeno tre anni durante le superiori, proprio in quel periodo? Iniziò a uscire col gruppo e si mise tra me e la sorella. Forse, con l’indipendenza e la sicurezza che avevo maturato nei primi mesi lontano da casa, studiando e lavorando (cameriere), sarei anche riuscito a fare una degna corte alla sorella di E., con telefonate, messaggi, inviti... cosa che non avevo mai fatto e che non avrei mai più fatto. Non ho potuto sapere come sarebbe andata con la sorella di E. proprio perché E. si è messa in mezzo. Siamo a novembre 2000. Mio padre verso settembre aveva avuto un ictus, era stato ospitalizzato, curetta, ed era tornato a casa. Con mio fratellastro e mia sorellastra (figli della prima moglie di mio padre) si iniziava a parlare di casa di riposo, per la quale anch’io avrei dovuto contribuire. Fu persino interpellata mia madre, che aveva lasciato mio padre 20 anni prima e non aveva alcuna intenzione di sostenerlo ora. Mi cambiò la vita. Prima avevo come prospettiva solo lo studio e l’impegno nella vita universitaria, le cose della mia età; di colpo, subentrò il problema del doversi prendere cura del padre anziano e malato, col quale, tra l’altro, non avevo mai vissuto. Diventai vulnerabile. Fu anche questo, ricordo, che mi spinse verso E. Col gruppo di amici che avevo a Bologna, una banda di sottoni, non si poteva certo parlare di queste cose. E. mi ascoltava e compativa. Iniziò a provare affetto per me, e io per lei. Facevamo lunghe chiaccherate, anche telefoniche. Un giorno, sotto Natale, eravamo in macchina per andare a far compere in centro, si mise a nevicare e a entrambi vennero le lacrime agli occhi. Ci guardavamo l’un l’altro stupiti, increduli che una cosa del genere potesse accadere a noi. Capimmo che eravamo innamorati. Praticamente non avevo mai fatto sesso. Il sesso con la persona di cui sei innamorato è una cosa pazzesca. Trascorremmo a casa sua, nel letto dei genitori, le vacanze da Natale all’Epifania. Credo di poter dire di essere stato felicissimo in quel periodo. Di studiare non se ne parlava. O si trombava o si parlava, il tempo rimasto era per lo studio. Iniziammo a capire che il rapporto poteva compromettere la carriera universitaria. Era un problema soprattutto per lei, che spendeva un sacco di soldi alla Bocconi. Ciò che posso dire è che anche quando studiavo non facevo altro che pensare a lei e alle cose da dire a lei. Iniziarono a esserci litigi, che si protraevano a lungo, fin nella notte, lasciandoci distrutti e incapaci di combinare alcunché. I genitori di lei, soprattutto, iniziarono a preoccuparsi della relazione. La madre di E. mi lanciava certe occhiatacce! Non nascondeva il suo astio per me. All’inizio E. difendeva la relazione contro i genitori. Però si vedeva che era provata. Avevo pensieri del tipo: “Se sono dannoso per lei è meglio che non stiamo insieme”. Mi lasciò per uno con più anni di me, col padre con la fabbrichetta, anche lui studiava alla Bocconi e un giorno avrebbe rilevato la fabbrichetta. Non ho avuto altre donne. La verità è che penso di essere innamorato di E. ancora oggi. Parlavamo di matrimonio e del nome dei figli. Quanti innamoramenti è in grado di sopportare una persona? Secondo me se ci rinnamoriamo, ci innamoriamo sempre della stessa persona, quella che, la prima volta, ha aperto il rubinetto.

Ho dato a questo tipo di dolore l’idea del colore rosso. È stata come una ferita aperta, uno squarcio. Sangue che usciva a fiotti. Non ho mai provato di nuovo un dolore così grande. La fine del primo amore è qualcosa che non auguro a nessuno. Anche perché, come detto, penso che il primo amore non finisca mai, e se amiamo riamiamo sempre la stessa persona e le cose che abbiamo provato con lei. Da quest’esperienza ho capito cosa intendeva Ludovico Ariosto componendo un’opera intitolata Orlando furioso. Divenni pazzo, non potevo più stare in casa, tormentavo in continuazione amici e non amici per uscire, anche le vacanze dovevano essere qualcosa di notevole... non esisteva che restassi a casa solo a far nulla. Dovevo essere in attività, in azione. La solitudine mi distruggeva, avevo disimparato a star solo, l’innamoramento aveva generato dipendenza. Quel genere di amore, quell’avere 24 ore su 24 una persona a disposizione, chi l'aveva mai sperimentato? Avevo crisi di pianto in cui urlavo e mi contorcevo, mi succedeva magari mentre ero in giro in macchina, in mezzo al traffico, davo pugni sul volante per la rabbia, al pensiero di essere stato lasciato per un altro. Questa follia durò almeno tre anni. Non potevo più passare in certi luoghi di Milano, i luoghi dove avevo amato lei o dove sapevo poteva esserci lei. L’università, è facile capirlo, andò a quel paese. Non riuscivo più a studiare. Cercai di allontanarmi da Milano trasferendomi di nuovo in pianta stabile a Bologna, ma non funzionò. Non riuscivo più a stare lontano da Milano. Anzi, dopo tre anni mi disiscrissi dall’Università di Bologna e mi iscrissi alla Cattolica di Milano, dove E. aveva detto che il suo ex era iscritto. Erano processi mentali folli, anomali, fuori di testa.

Il colore che ho attribuito alla morte di mio padre, invece, è il nero. È stato un dolore più depressivo, abbattente. Non mi faceva urlare e stramazzare, gettarmi a terra in pianto, non mi faceva andare in giro come una pallina da flipper impazzita; ma star fermo, inerme, senza forze, senza voglia di vita. Il lutto, dice Confucio, si porta per tre anni. Anche per me il blocco fu all’incirca di tale durata. È evidente che sono una persona fragile. Mio fratello e mia sorella, che hanno 16 e 15 anni più di me e un’altra idea di padre, ne uscirono con forza e stile. Volevo bene a mio padre, che mi aveva avuto a 49 anni, anche se lo vedevo solo nei fine settimana e d’estate. Gli ultimi anni ad accudirlo ci legarono in modo speciale.

Questi due dolori, ancorché differenti, hanno condizionato i miei anni dai 20 ai 30, lasciandomi vuoto e senza motivazioni. Non so se ho dato un’idea di cosa sono per me il rosso e il nero

14 commenti:

  1. I simboli che hai prescelto sono due colori, qualcun altro avrebbe magari scelto simboli diversi, ma i concetti associati li hai descritti benissimo.
    Essere lasciati in amore e la morte di una persona cara sono due forme di perdita, e le perdite sono un dolore perché sottraggono senso alla vita.
    Buona Pasqua, che ti possa donare eventi propizi alla tua vita.

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    1. Grazie, buona Pasqua anche a te, ricambio l'augurio di eventi propizi. Ho imparato che le perdite non sono vere perdite perché le persone vivono per l'eternità, ecco per me ritrovato il senso della vita. In ogni caso sono dolorose perché ci privano di amore, quello senza il quale non possiamo vivere.

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  2. Significativa la riflessione per cui ci rinnamoriamo della stessa donna. Ci trovo molti punti di contatto nei miei rapporti. Sui colori, no, sono sensibile ad infinite sfumature, che poi, detti così, il rosso e in nero mi richiamano solo Stendhal e la mia squadra del cuore.

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    1. Tieni presente che la teoria del rinnamoramento viene da uno che, appunto, ha avuto un innamoramento solo. Non sono stato capace di aprirmi altre volte al nuovo. Per tutta la vita ho conservato il ricordo quotidiano di quella persona. Dovrei sentire la campana di chi ha avuto più innamoramenti. Secondo me 'quello lì' non si ripete, gli altri sono tutti minori, ovvero altre cose. A meno che, appunto, non siano il riproponimento di 'quello lì'.

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  3. Certi dolori, secondo me, non passano mai del tutto. Siamo noi che , intorno al vuoto, riorganizziamo la nostra vita. Saluti e auguri. Buona Pasqua.

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    1. È vero anche questo. I vuoti sono vuoti e noi facciamo quello che possiamo per andare avanti. Buona Pasqua anche a te!

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  4. Quando una relazione importante si rompe il dolore è di gran lunga paragonabile a quello di un lutto.
    Un abbraccio e buona Pasqua Filippo.

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    1. È vero, ma non so perché ho vissuto i due dolori in modo diverso... forse perché lei se n'è andata con un altro ed ero fortemente innamorato, forse perché mio padre ci ha messo cinque anni ad andarsene, chissà...

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  5. che strano, non pensavo ci fossero ancora in giro giovani così presi dai sentimenti.
    Buona pasquetta ormai

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    1. Eros è una delle forze dell'universo a cui siamo soggiogati, specie in giovane età...

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  6. Senza dubbio sono due vicende dolorose, ma ti hanno segnato più del dovuto.

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    1. Naturalmente poi ci ho messo la mia fragilità innata che è alta oltre alla mia tendenza a drammatizzare e vedere tutto nero...

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  7. Ma finisco sempre in spam? Anche qua potrebbero essere due colori: i commenti chiari in rosso, quelli che finiscono nei meandri dell'impubblicabile in nero, e chissà se il Direttore dello Spam ne valuta a monte l'opportunità o meno..

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    1. La Polizia dei Blog esiste ma non mi ha detto nulla per aver riaccompagnato il tuo commento dall'Ade. Forse era solo un cartellino giallo.

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