Tentativo di volontariato fallito

Tempo fa ho trovato un direttore spirituale.

La direzione spirituale è una funzione del sacerdote. Il suo compito dovrebbe essere, in quanto persona più vicina a Dio degli altri, ascoltare cosa Dio ha da dire sulla persona di cui è direttore, ad esempio se Dio vuole che la persona faccia o non faccia qualcosa, cambi vita o resti nella vita in cui è. Non so dare una definizione migliore di direttore spirituale. Posso dire solo cosa farei io se fossi sacerdote e direttore spirituale di qualcuno. Mi metterei in preghiera e chiederei a Dio di dirmi quali consigli dare alla persona affidata alla mia cura. La cosa fondamentale, in questo caso, non è tanto sapere come pregare, poiché pregare, se uno ci pensa, anche se esiste una vasta letteratura di consigli su come pregare, è abbastanza immediato. La cosa difficile non è tanto saper parlare a Dio, ma saperlo ascoltare. Per ascoltare bisogna saper fare silenzio. Saper fare silenzio sembra quasi una cosa buddista, ma si tratta di questo. Se viene un pensiero, mandarlo via. Se viene un altro pensiero, mandare via anche quello. E così via. Una volta fatto silenzio, in teoria, i pensieri che vengono in mente dopo aver pregato dovrebbero essere messaggi di Dio. Come si fa a capire quali pensieri vengono da Dio e quali non vengono da Dio? Qui entra in gioco il discernimento, ossia la capacità di discernere lo Spirito di Dio dagli altri spiriti. Non parlo delle locuzioni, ossia vere e proprie frasi che vengono in mente e che i santi hanno sperimentato. Non parlo nemmeno di immagini che uno può vedere mentalmente. Parlo semplicemente, quando dico: “pensieri”, di cose che vengono in mente, ricordi. Se a uno, dopo che ha pregato e chiesto a Dio la risposta a una certa domanda, dopo che si è messo in ascolto ed è riuscito a fare silenzio, viene in mente una data cosa, che di solito è il ricordo di qualcosa che gli è successo, questo qualcuno dovrebbe chiedersi: “Cosa vuole dire la data cosa? Cosa vuol dirmi Dio mediante tale ricordo?”. A questo punto si può lavorare col sistema delle associazioni di idee che si usa anche in psicanalisi. Si dovrebbe arrivare a un risutato. Io, almeno, ho sempre fatto così. Se non altro perché non conosco altro metodo. Nessuno me ne ha mai spiegato un altro e io da solo non sono mai riuscito a venire a capo di cosa voglia dire ascoltare Dio se non col metodo che ho appena illustrato.
Il pericolo è appunto non ascoltare la voce di Dio ma quella del demonio (che è lʼunica altra voce che si può sentire se si toglie quella di Dio; cʼè lo Spirito di Dio e poi ci sono tanti altri spiriti, che sono tutti spiriti demoniaci, tutti diciamo emissari di quello là).
Se si ascoltano le voci sbagliate si rischia di commettere grossi errori nella vita.

Ma non volevo dilungarmi sulla figura del direttore spirituale. Volevo raccontare un episodio che mostra ulteriormente quanto io sia una persona orribile e quanto al momento stia vivendo un percorso in discesa.
Il mio direttore spirituale era nientemeno che il Direttore della Pastorale Sanitaria della Diocesi. Uno grosso. Non dico come lʼho conosciuto, dico solo che gli ho chiesto di farmi da direttore spirituale e che lui ha accettato.
Lʼunica cosa che mi ha chiesto di aggiungere alla mia vita è il volontariato. A me sembrava unʼottima idea. Vivo una vita troppo solitaria, non ho una compagna e non ho figli, ho bisogno di qualcuno a cui dare gratuitamente. Altrimenti come posso vivere il Vangelo? Nella vita quotidiana le occasioni sono rare. Perlopiù si hanno tante occasioni di perdonare, perché le persone sono tutte peccatrici (siamo tutti peccatori) perciò è normale subire qualche torto, anche piccolo, durante la giornata. Quelle sono le occasioni di perdono.
Don G. come volontariato mi ha proposto di andare con lui ogni domenica in una struttura dove vivono persone disabili. Lui dice la messa e fa un giro, salutando questo e quello. Quando ero frate – sono stato frate per cinque anni, non ho mai fatto i voti perpetui – una cosa che facevo era andare una volta a settimana in una struttura dove vivevano persone disabili. Avevo vari amici, uno in particolare, mi divertivo, ci divertivamo, cantavamo a squarciagola durante la messa e insomma non era male come cosa.
Ma da quando ho smesso di fare il frate non sono più riuscito ad avere a che fare con persone disabili, non, almeno, come animatore. Vivo una vita solitaria e faccio fatica ad avere a che fare con le persone, a fare amicizia, in generale. Ho qualche amico, ma solo due o tre che vedo di persona. Gli altri vivono lontano e li sento per telefono.
Non so proprio come spiegarlo, so che la mia immagine è quella di una persona orribile, ma proprio non sono più riuscito ad avere quellʼallegria, quel modo di fare tenero e amichevole che è necessario per avere a che fare con le persone disabili, che alla fine dei conti sono persone come le altre.
Dopo essere andato due domeniche ho smesso di andare del tutto. Non ho più chiamato don G. e oggi non ho più direttore spirituale.

Ogni tanto esco a cena con un frate anziano che anche se mi dà qualche consiglio non è ufficialmente il mio direttore spirituale. Dopo cena andiamo al cinema.
Lʼho conosciuto in confessionale. Ha fatto tutto lui. Mi ha invitato a cena. È un buon amico. Ringrazio Dio che cʼè.

Resta il fatto che la mia vita ha bisogno di cospicui miglioramenti, pigrizia – maledetta pigrizia – permettendo.

2 commenti:

  1. Sei troppo duro con te stesso.
    Non sei una persona orribile, sei una persona che negli anni è cambiata, che non è più quello di un tempo.
    Ma chi di noi conserva la purezza di "un tempo"? nessuno. E non è per dirti che mal comune è mezzo gaudio, ma solo che andando avanti, nella vita, si cambia.
    Se non ti ritieni la persona che vuoi essere, hai comunque modo e maniera per prendere una direzione che ti piaccia di più.

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    1. Non posso fare a meno di guardarmi sotto la luce più gelida possibile, è un bisogno di verità che ho e che ritengo dovere agli altri.
      Quanto alla purezza, ce n'è una che si perde ma forse ce n'è una che si può guadagnare. La speranza c'è.
      Grazie per le parole che mi dedichi.

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