Ho fatto questo sogno. È stato lungo e chiaro e l’ho ricordato tutto. Quando mi sono svegliato, mezzanotte, ero talmente riposato e lucido e sveglio che ho detto: “Questo devo appuntarlo”. Ci ho messo mezz’ora a ricordarlo nei dettagli e a scriverlo in Google Keep sul telefono. Poi sono tornato a dormire.
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Eravamo in una specie di caserma, tutti insieme in uniforme. Per la precisione eravamo in un refettorio. Alla fine del pasto c’era una esercitazione.
Provavo paura come per un attacco vero e come se dovessimo partire.
Uscivamo a casaccio, dai vari punti del refettorio in cui ci trovavamo. In base al punto in cui uscivamo ci trovavamo in vari punti dello spazio all’aperto, anche in relazione all’astronave. L’astronave era vicino alla caserma, sembrava una componente amica ferma a bassa quota.
Il punto in cui ero uscito era lontano dall’astronave, in campo aperto. Da un punto imprecisato in lontananza arrivavano uova sparate, a livello terra-terra. Mi trovavo come i soldati mandati allo sbaraglio lontano dalla trincea senza vedere il nemico. Allora arretravo, mi spostavo da quel campo aperto dove arrivavano uova sparate, le quali potevano colpirti sì ma anche no, e andavo vicino, sotto l’astronave, dove c’era la gran massa di noi, e prendevo in pieno un carico di uova scaricate dall’alto.
Subito dopo c’era la premiazione. Prima venivano premiati gli Honorable mention, quelli come me. Ci davano un sacchettino azzurro di tela leggera con dei nastrini, tipo bomboniera. Somigliava a un piccolo finto paracadute al contrario. La premiazione avveniva così. Si camminava in fila fino a un palco dove erano seduti a sinistra un colonnello impettito e la faccia indurita nel premiare gli Honorable mention. Diceva: “Honorable mention” nel darci il sacchettino. In mezzo un trono vuoto. A destra la S. G., ex compagna di classe delle superiori che dalla quinta in poi è stata fidanzata col membro di una nota baby gang di Milano, che allora conoscevamo tutti per sentito dire. Era uomo di audacia, girava col coltello, una volta l’aveva salvata da una rapina fuori da un negozio proprio puntando il coltello allo sfigato che aveva afferrato i soldi che lei aveva in mano uscendo dal negozio. Un po’ tondetta e giudicata stupidetta dalla classe, con l’insegnamento del compagno mezzo malvivente è cresciuta gran figa, magra, determinata e decisa nella vita. Dava i sacchettini con volto deluso e disgustato. Dopo aver ricevuto il sacchettino ci sedevamo in posti assegnati, in alto, tribuna spettatori. Con me c’era K., amico delle elementari morto adolescente per aver fatto un incidente con la moto appena regalata, era figlio di un iraniano e un’italiana; M., mio grande amico dalla quinta superiore agli anni di università, un po’ sfigato; mio padre; e c’era anche Serafin, altro compagno di classe delle superiori.
Guardavo giù, in platea. Noi stavamo ammassati. Eravamo di più. In platea avevano poltrone ben separate tra loro. Veniva loro dato un cestello marrone con dentro patatine tipo nachos col formaggio tipo quelle che fanno adesso da MacDonald’s. Alcuni erano coppie, cioè sia l’uomo sia la donna erano stati premiati, si scambiavano il premio, per così dire, cioè lui la imboccava con le patatine. Ridevano, erano orgogliosi, avevano tute militari da aviatore tipo Top Gun. Ogni loro poltrona aveva accanto un fiore tropicale.
Si guardava tutti verso un palco dove qualcuno avrebbe detto qualcosa. Di fatto nessuno diceva niente.
Nell’andare via uno di quelli che erano sotto, forzutissimo, portava su di sé, con le braccia, numerosissimi altri, quasi per ridere, soprattutto donne. Qualcuno scaricava delle borse e noi, K. con me, ci passavamo accanto dicendo: “C'è qualcosa di nostro? No”, ce ne fregavamo e passavamo oltre.
Non avevo più il mio premio, il mio sacchettino. Guardavo indietro e notavo che molti erano stati lasciati per terra, non considerati preziosi. Erano stati calpestati e si erano rotti. Sporchi, mancavano le bretelline del paracadute. Il mio doveva essere tra quelli.
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Il sogno è venuto dopo che, da un paio di settimane, Amazon ha chiesto alla mia ditta quali zone preferivamo, e i miei capi hanno risposto che non volevamo più le tre o quattro zone cittadine che ci assegnavano da tempo, e che preferivamo cambiarle con altrettante nella bassa mantovana. I miei capi sono stati misericordiosi con noi, loro sottoposti. Non so se è questo, o se c’è dietro qualche calcolo. Di fatto, le zone cittadine sono più difficoltose ed è più facile per un corriere che le fa portare indietro pacchi non consegnati, dato che non si fa in tempo a fare i ripassi, piuttosto che in zone di provincia. Dopo tre anni di città quasi quotidiana sono finalmente stato assegnato alla bassa mantovana, Goito, Solferino, Medole, Castel Goffredo, Guidizzolo, Solarolo, Castiglione delle Stiviere. Il lavoro è cambiato da così a così, quasi un altro lavoro. Ho ringraziato ogni giorno Dio, convinto che le mie preghiere siano finalmente state ascoltate. Girando per la campagna, o al massimo nel centro storico di qualche paesino, sono molto più rilassato di quando facevo la città. Il lavoro è divenuto un problema non più assillante. Non sento più il bisogno di dormire tutto il tempo che resta per riprendermi. Ho addirittura iniziato ad andare a correre di mattina, dato che adesso ci presentiamo sul lavoro alle 9,30 e finiamo, di conseguenza, anche un’ora più tardi. Mi sono messo a correre anche perché il sogno mi ha spaventato. Non sarà che adesso ho una vita troppo facile? L’Honorable mention significa Purgatorio o un punto basso del Paradiso?
Nonostante la presenza di Serafin al mio fianco, sono solo belle domande alle quali non so rispondere, anche perché non so se a mandare il sogno sia stato Dio o il diavolo.