Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri (Gv 13, 34)
San Francesco era maestro di cortesia.
Da giovane, prima della conversione, sognava la gloria delle imprese cavalleresche.
Tuttavia la cortesia di frate Francesco non nasce dalle nozioni mondane di cortesia. Non nasce dal Galateo o da un manuale di buone maniere.
La vera cortesia nasce dall’applicazione del Vangelo.
Prima di Gesù c’erano i dieci comandamenti. Gesù ha dato un comandamento nuovo, che è come dire: “Comandamenti for dummies”. Se applicando i dieci comandamenti trovi che non danno risposta a tutte le situazioni e ti poni la domanda: “Cosa devo fare nella vita? Quale legge devo applicare nelle varie circostanze?”, ecco che Gesù ha pensato a un comandamento che si adatta a qualsiasi situazione.
Non sai cosa fare? Ama.
Con un unico comandamento, applicabile a qualsiasi situazione, piccola o grande, si ha la possibilità di affrontare tutto. Così ha semplificato le cose Gesù!
Va specificato che il comandamento dell’amore di Gesù supera il secondo comandamento. Il secondo comandamento recita: “Amerai il tuo prossimo come te stesso” (Gesù lo cita in Lc 10, 27). Gesù invece dice: “Amerai il tuo prossimo come io ho amato voi”. Come ci ha amato Gesù? Fino alla morte. Fino a dare la vita.
Cosa significa, allora, amare? Cos’è questa cosa che possiamo fare in qualsiasi situazione per piacere a Dio e guadagnarci la salvezza eterna?
La parola usata per amore nei Vangeli è agape. Agape ha la stessa radice di agathos, ‘bene’.
Agatone, il personaggio del Simposio platonico, stando al nome è qualcuno dotato di ogni bene. Agatone, di fatto, era un ricco rampollo della nobilità ateniese. Di famiglia era dotato di svariati beni materiali. Inoltre, possedeva la ricchezza della bellezza fisica. Non contento, era anche ricco intellettualmente. Non a caso il simposio è un pranzo da lui offerto in occasione della vittoria agli agoni delle Lenee del 416 a. C. in cui si gareggiava a suon di tragedie. Un nobile poeta, insomma.
La parola agape non si trova né in Platone né in Aristotele.
In Platone la parola per amore è eros.
Va detto però che in Simposio, precisamente nel discorso di Socrate (o meglio, nel discorso di Diotima di Mantinea, avvenuto tra lei e Socrate, e riportato da Socrate), è spiegato nel dettaglio cosa significa eros. Eros è l’amore-desiderio, che va dal basso verso l’alto. È l’amore dell’amante per l’amato. Agatone, per dire, è il classico amato dei dialoghi platonici (in Simposio è presente il suo amante, Pausania). Proprio perché dotato di molti beni, sia di carattere materiale sia di carattere spirituale, è una persona portata a essere amata nel senso di desiderata. L’amore-eros è l’amore di chi non ha verso chi ha. È l’amore del povero verso il ricco. Di chi non possiede verso chi possiede.
L’amore-agape è esattamente il contrario. È l’amore di chi ha verso chi non ha. Dell’amato-ricco verso l’amante-povero. Del sapiente verso l’insipiente. Dell’oggetto di richieste verso il soggetto richiedente.
È l’amore di Dio, in quanto Dio è tutto ciò che è bello, buono, ricco, sapiente, possidente, santo, glorioso, veritiero, nobile, potente, puro e chi più ne ha più ne metta.
L’amore-eros chiede.
L’amore-agape dà.
Cosa significa dunque dare in qualsiasi situazione? Quando si è accanto al proprio prossimo, bisogna dargli sempre 20 euro per ottemperare alla legge dell’amore?
Ci sono tanti modi per dare, tanti modi per amare.
Il primo mezzo che si ha per amare è il proprio corpo. Nudi, come Dio ci ha fatti. Senza ricchezze né vestiti.
Leggendo il Vangelo si incontrano i gesti di Gesù. Le cose che faceva col corpo. I primi che mi vengono in mente si trovano nel passo della risurrezione di Lazzaro. “Gesù voleva molto bene a Marta, a sua sorella e a Lazzaro” (Gv 11, 5). Quando Gesù arriva sul luogo, Maria si getta ai suoi piedi piangendo. “Gesù allora quando la vide piangere e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente, si turbò e disse: «Dove l'avete posto?» Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto” (Gv 11, 33-35). Poi c’è il racconto del giovane ricco, riportato sia da Matteo, sia da Marco, sia da Luca, che nella versione di Marco suona così:
Mentre usciva per mettersi in viaggio, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: và, vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi». Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poiché aveva molti beni” (Mc 10, 17-22)
Sorrisi, carezze, abbracci, sguardi, persino pianti, per mostrare partecipazione, sono tutte cose che possiamo fare col nostro corpo per amare.
E la cortesia? Cedere il posto, servire qualcuno a tavola, dire parole belle su qualcuno, pagare per l’altro, ascoltare con attenzione quando uno deve sfogarsi e mille altri sono i modi che abbiamo per dare, per amare.
Come esempi aggiungo, dal Catechismo della Chiesa Cattolica, le sette opere di misericordia spirituale e le sette opere di misericordia corporale.
Le sette opere di misericordia spirituale: consigliare i dubbiosi; insegnare agli ignoranti; ammonire i peccatori; consolare gli afflitti; perdonare le offese; sopportare pazientemente le persone moleste; pregare Dio per i vivi e per i morti.
Le sette opere di misericordia corporale: dar da mangiare agli affamati; dar da bere agli assetati; vestire gli ignudi; alloggiare i pellegrini; visitare gli infermi; visitare i carcerati; seppellire i morti.