Un problema con l’intercessione

Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre (Mc 3, 35)

Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando (Gv 15, 14)



Ammettiamo che Gilduino voglia una stecca di sigarette, o una giacca, da Filocamo. Può chiedere direttamente a Filocamo o a qualcuno che conosce Filocamo. Nel secondo caso chiederebbe per intercessione e la persona che conosce Filocamo intercederebbe per Gilduino.

È una mediazione. Se ci sono persone che hanno influenza su Filocamo, tipo sua madre, suo padre, i suoi amici più intimi, si può star certi che a costoro Filocamo difficilmente negherebbe qualcosa. Se a Filocamo si presenta sua madre, dicendo: “Guarda, Filocamo, vorrei quella tua tal giacca per darla a Gilduino”. È più facile che Filocamo dica no a Gilduino che alla sua stessa madre.

Detto questo, c’è qualcosa che non mi torna nell’intercessione. In cielo i santi sono ormai come angeli. “Alla risurrezione infatti non si prende né moglie né marito, ma si è come angeli nel cielo” (Mt 22, 30). Se sono angeli, fanno perfettamente la volontà di Dio.

Ciò che voglio dire è che non hanno una volontà propria. Anzi, si può dire che sono passati dalla terra al cielo proprio perché hanno rinnegato sempre più la volontà umana per conformarla alla divina. “Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua»” (Lc 9, 23). C’è anche una gerarchia celeste, perché ci sono vari cieli. Si finisce tanto più in alto in Paradiso tanto maggiormente si è fatta aderire la propria volontà alla volontà di Dio. Maria è la creatura umana più in alto in cielo. La più vicina a Dio. Come lo è stata sulla terra.

Fatte queste premesse, si conclude che l’intercessione ha davvero senso solo quando si chiedono preghiere a qualcuno che è ancora sulla terra. In tal caso una persona può scegliere di rinunciare al proprio tempo o a qualcos’altro per dedicarsi alla preghiera per la persona che gliel’ha chiesta. È un vero e proprio dare. Una forma di carità. Non a caso la preghiera per i vivi e per i morti è una delle sette forme di misericordia spirituale.

A questo punto, a che giova chiedere l’intercessione dei santi, di Maria? “Prega per noi peccatori”... I santi non fanno altro che esattamente e comunque la volontà di Dio. Quindi tanto vale chiedere direttamente al Padre, a Gesù, allo Spirito Santo, alla ss. Trinità...

Il mio modo di dirimere la questione è il seguente. Chi chiede preghiere a un santo o a Maria, regina di tutti i santi, sta comunque chiedendo a Dio, però sta dando una colorazione particolare al tipo di aiuto che vuole ricevere. Ai santi non si chiede l’aiuto diretto, si chiede l’intercessione. Questo perché chi agisce, alla fine dei conti, è Dio. È lui il Potente, l’Agente, l’Attore. I santi sono coloro che si sono guadagnati la posizione di esecutori dei comandi di Dio. Fanno le veci di Dio, ne sono portavoci e sostituti. Ma non farebbero mai qualcosa che sia contrario alla, o anche solo minimamente diverso dalla, volontà di Dio.

Se dico: “Signore, per intercessione di Santa Lucia fa’ che l’operazione alla cataratta della mia amica Teodorica vada bene” (vale anche la formula: “Santa Lucia, fa’ che l’operazione alla cataratta della mia amica Teodorica vada bene”, purché ci si ricordi che un santo può solo intercedere, chi agisce è Dio), lo faccio perché siccome secondo la leggenda a Santa Lucia sarebbero stati strappati gli occhi, si considera Santa Lucia patrona degli occhi, degli oculisti, di chi ha problemi agli occhi, ecc.
San Massimiliano Kolbe è patrono dei mass-media perché ha messo in piedi una rivista mensile cattolica intitolata: “Il cavaliere dell’Immacolata”, che soprattutto nella prima metà del ’900 forniva una voce cristiana nel panorama della stampa mondiale.
È così via. Ciascun santo ha una storia, ciascun santo è patrono di qualcosa e dà quindi una colorazione alla preghiera. Dio ascolta con gioia le richieste dei santi, suoi amici e imitatori.

Anche uno che veste un camice bianco può dire bugie

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Le consegne vengono effettuate durante tutta la giornata. 


Filocamo andava spesso a fare le consegne in un negozietto di riparazioni computer e telefoni, di proprietà di Laconico. I primi tempi sbagliava. L’algoritmo Anatron disegnava la rotta di Filocamo in modo che arrivava sempre in orario di chiusura. Ora, è vero che nel contratto tra acquirente e Anatron c’è scritto che Anatron Logistics fa le consegne: “durante tutta la giornata” e che non possibile pianificare l’orario di consegna. Ma ci sono pur sempre stati tanti che fanno arrivare i pacchi sul lavoro. Costoro hanno anche l’ardire, abituati coi vecchi corrieri, di scrivere l’orario di consegna sull’indirizzo o nelle note. Quanto piacerebbe a Filocamo andare da tutti questi ordinatori fuori orario e, alla minima lamentela, tirar fuori la pagina di Anatron dove c’è scritto che le consegne si fanno: “durante tutta la giornata” senza possibilità di pianificare la consegna. Ma tutti questi ordinatori del posto di lavoro contano sulla opzione ripasso. Il consegnatore fa il ripasso nel caso in cui non abbia trovato il cliente al primo tentativo. Alla fine, pur di non fare ripassi e lavorare un’ora in più, Filocamo aveva imparato ad andare nelle attività negli orari di apertura. E quelli ci marciano. Non capiscono che per fare correttamente il lavoro, diciamo il minimo indispensabile, e non essere licenziato, a Filocamo basta seguire il percorso disegnato dall’algoritmo Anatron, e che se si reca all’indirizzo di un’attività in orario di apertura per trovarla aperta è un favore che sta facendo al cliente. Anche il ripasso è un favore che sta facendo al cliente. Le rotte sono disegnate dall’algoritmo Anatron per durare otto ore. Se Filocamo seguisse alla perfezione la rotta disegnata dall’algoritmo, arriverebbe a molti indirizzi fuori orario – perché l’algoritmo non tiene conto se un indirizzo è un’attività – e chiuderebbe la rotta senza avere il tempo di fare i ripassi, a meno di fare gli straordinari. Se non ci fossero le ditte appaltatrici che premono sugli autisti per cambiare il percorso e fare i ripassi a costo di fare gli straordinari, Anatron, o almeno Anatron Prine, non riuscirebbe a fare un bel niente. L’unica speranza di ricevere il pacco, da parte del cliente, sarebbe legata allo stare in casa tutto il giorno ad aspettare. Filocamo aveva imparato, quando aveva fatto per due anni la stessa zona, ossia il centro città, a fare le consegne alle attività di mattina e ad andare dai privati dopo le 13,00 e nel pomeriggio, quando è più facile trovarli in casa perché sono a pranzo o perché sono tornati dal lavoro. Filocamo poi è diventato amico di Laconico, il proprietario del negozietto di riparazioni computer e telefoni. Per forza, ha imparato a fargli sempre le consegne in orario di apertura, senza bisogno di chiamarlo, lasciare i pacchi all’enoteca accanto o tornare nel pomeriggio. Filocamo ha portato a Laconico il proprio laptop Bell Nostro, che si era impallato. Filocamo, invece di provare a installare Doors 11, vedendo che non aveva i requisiti, ha provato a installare Limuz, per la precisione la distro Zorro OS, raccomandata come: “Best distro for Doors users” da Techdarar. Però Filocamo era riuscito a impallare il computer provando a entrare nel Bios al momento sbagliato o qualcosa di simile. Laconico ha sostituito l’hard disk del computer di Filocamo con una SSD card dicendogli che sarebbe stato 10 volte più veloce e gli ha fatto pagare 60 euro, anche poco, considerando il costo delle SSD card. Laconico ha rimontato sul computer di Filocamo Doors 10, il sistema operativo che c’era prima, ma Filocamo si è rotto le palle, Doors 10 è supportato solo fino al 2025. Filocamo vuole cambiare computer, comprarne uno che abbia i requisiti per installare Doors 11, anzi, con Doors 11 già installato. Era un bugia il fatto che con la SSD card il computer sarebbe stato 10 volte più veloce. Una bugia bella e buona.

Dalla distanza

la tua elemosina si bagni di sudore nella tua mano, finché tu non abbia ponderato bene a chi dare (Didachè, 14)

Se fai il bene, sappi a chi lo fai (Sir 12, 1)


Floriano, dalla distanza, guarda il figlio Baiulo sul letto tutto il giorno ad ascoltare musica con le cuffie, o giocare ai videogiochi. Baiulo ha una console attaccata a un televisore in camera. Floriano guarda Baiulo dalla distanza come non fosse neanche suo figlio. Si chiede come possa un individuo non avere interessi, né ideali nella vita, e come possa essere contento di spendere in modo inutile le giornate. Floriano non è più di un impiegato statale, ma è legato al sindacato e ha valori per cui ha combattuto e combatte. Nel tempo libero va in bici. È appassionato di cucina. Floriano crede che suo figlio sia un’ameba. Floriano non vorrebbe essere padre a quel figlio. La felicità che provò il giorno in cui seppe che stava per diventare padre non ha alcun rapporto con l’ameba. Baiulo sarà anche un’ameba, però sa che quando Floriano lo rimprovera non è per il suo bene, per cercare di risvegliarlo dalla amebità, ma è per se stesso, perché non sopporta l’idea di essere un genitore fallito. Credendo di fare la sua parte, Floriano salva l’immagine che ha di sé di fronte a sé. “Io la mia parte l’ho fatta”. Floriano è chiamato a dare tutto per Baiulo, ad amarlo incondizionatamente, senza sapere se un giorno Baiulo lo ricambierà. Siccome Floriano non si è reso conto che ha messo la firma su questa clausola, non accetta ancora di dare tutto senza tenersi un contraccambio. Ecco perché tiene sempre qualcosa per sé, per compensare, tipo dice: “Ho un figlio” (e tu no), “Questo figlio è mio” (possesso), “Mio figlio è migliore” (superiorità), “Ci mancherebbe che io non sia un buon padre” (se ho fatto un figlio…), “Mio figlio è cresciuto bene” (ipocrisia), “A mio figlio non manca nulla” (ho fatto i soldi). Baiulo si accorge se Floriano agisce verso di lui per sentirsi a posto con se stesso o cercando il suo bene. Quando si è accorto che Baiulo non è venuto bene, Floriano ha perso la speranza, subito dopo la pazienza, e presto ha smesso di agire per il suo bene. Ha capito che gli sarebbe costato un sacrificio troppo grande. Cerca di comportarsi da brava persona e dice: “In me ha un esempio”, “Non può dire di non aver avuto un esempio”. Un collega di Flaviano, Vinnico, gli consiglia di provare ad abbassarsi al livello di Baiulo, per conoscerlo, capire cosa gli piace, anche se ciò dovesse significare mettersi a giocare ai videogiochi. Flaviano segue il consiglio di Vinnico e si mette a studiare Baiulo, per capire in che modo può fargli del bene non assecondando troppo le sue tendenze. Non vuole infatti incorrere nell’errore che commette chi fa l’elemosina a un povero credendo che la usi per mangiare, mentre invece mangia alla mensa e usa l’elemosina per comprarsi da bere o la droga; o di chi fa l’elemosina agli zingari, fuorilegge impenitenti.