Vivere nel corpo

 Have you put them aside
your crazy thoughts and dreams
no theyʼre a part of me
and they all mean one thing
(John Frusciante) 


Nella notte insonne
chi sono è più chiaro
di quando il sole scalda la roccia.
Essere con Cristo è tutto ciò che desidero,
che significa che desidero la morte,
che non significa che voglio suicidarmi
perché grave peccato è togliere la vita, 
qualsiasi vita, 
altrui o propria, 
e occorre aspettare
i tempi di Dio.
Non cʼè più nulla che mi interessi.
Amore, sesso, produzione culturale
le migliaia di centinaia di parole dei libri
quando non siano
scolpite nella roccia per anni.
Cerco di coltivare lʼamicizia
solo per essere un buon cristiano,
senza un vero slancio verso le persone,
a meno che non siano dedite a Dio.
Guadagnarmi il Paradiso,
si vede quanto egoista sia.
Santa Teresa dʼAvila dice che non bisogna
fare la volontà di Dio
per guadagnarsi il Paradiso,
ma per amore verso Dio.
Pare una sottigliezza,
ma qui cʼè tutto.
Essere invitati a una festa, vanità,
ballare, qualcosa di lontano anni luce,
i divertimenti della mia generazione...
Non ho figli e non li rimpiango.
A mala pena tengo su questa anonima vita,
eppure voluta da Dio.
Dio fa lʼuomo per unirlo a sé,
ciò a cui lʼuomo arriva
mediante i gradini della propria libertà.
Guardare un film, riempirsi di storie e storie,
di narrazioni a cosa mi serve,
se poi non ricordo nulla.
Quando si incontra Dio,
la vita dovrebbe essere rinnovata.
Per me lo è stato all'inizio, 
poi è diventata solo – 
quando ho scoperto il fatto
della croce quotidiana –
un costante desiderio di andare a Dio.
Santa Teresa dʼAvila: “O soffrire, o morire”.
Non ho troppa voglia di soffrire,
ma so che è per la via stretta
che si va in cielo.

Lʼuniverso è razionale

Nell'universo c'è un principio di azione e reazione per cui se si dà qualcosa a qualcosʼaltro, questo qualcosa deve essere restituito. Alcuni lo chiamano karma, altri semplicemente giustizia. Ogni azione che facciamo ha un riscontro nellʼuniverso e torna indietro. Non dico moltiplicata o diminuita, semplicemente uguale. C‘è sempre un premio per unʼazione compiuta, in positivo o in negativo. Non so se qualcuno ha mai provato a non rispondere a una domanda. È praticamente impossibile. Chiedere è quasi come rubare, perché implica che sia quasi impossibile rispondere: “No”. Se sorrido a qualcuno, questo qualcuno si sentirà quasi obbligato a sorridermi in contraccambio. Se do qualcosa a qualcuno, questo qualcuno è in debito. Anche se do qualcosa a qualcuno come regalo, questo qualcuno, di fronte allʼuniverso, è in debito con me. A uno spettacolo teatrale, anche se abbiamo pagato, rispondiamo battendo le mani. È qualcosa che diamo in cambio di ciò che abbiamo ricevuto da chi è sul palco. Una persona superiore a noi ci invita sempre, quasi ci costringe, a darle qualcosa. Perché una persona superiore a noi automaticamente ci dà qualcosa anche se non vuole e anche se noi non vogliamo. Cʼè una gerarchia nelle cose dellʼuniverso. Ci sono cose superiori e cose inferiori. Cose più grandi e cose più piccole. Cose di maggior valore e cose di minor valore. Cose più importanti e cose meno importanti. Così, naturalmente, è anche presso gli uomini. “Un uomo che è medico vale più di molti uomini”, dice Alcibiade di Erissimaco (medico figlio di medico) in Simposio, il dialogo platonico. In tal modo Alcibiade fa un elogio di Erissimaco. Gli uomini inferiori devono sempre elogiare gli uomini superiori. Chi è inferiore deve sempre elogiare chi è superiore. Già chi è superiore naturalmente e automaticamente , senza accorgersene e senza rendersene conto. Se mi volto e vedo una bella ragazza, o un bel ragazzo, o qualche altra cosa bella, come un quadro o una statua o un cielo, già sto godendo a causa della bellezza che gratuitamente mi viene elargita. La reazione spontanea è la lode: “Che bella”, “Che bello!”, “Che bellezza!”. Le cose inferiori devono sempre lodare le cose superiori. Questo devono di cui parlo non è solo una costrizione morale, è una costrizione naturale. Riceviamo sempre, costantemente, gratuitamente grazia su grazia dalle cose superiori a noi, e il nostro dovere come minimo è restituire lodando, elogiando, ringraziando. Il ringraziamento è una forma di lode. “Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli” (Lc 10, 21). Se ringrazio è per un bene che ho ricevuto, quindi implicitamente col ringraziamento sto riconoscendo che chi mi ha fatto dono di quel bene era effettivamente in possesso di quel bene. Riconoscere che qualcuno è in possesso di un bene è lode, elogio, benedizione. Chi è in possesso dei beni, dunque, elargisce automaticamente questi beni a chi è inferiore e non ne ha. Chi è inferiore e riceve i beni, pur di dare qualcosa in cambio, per la legge dellʼazione e reazione, per la legge della giustizia, per la legge della ragione che governa lʼuniverso, che è governato da unʼintelligenza razionale, di cui la nostra è immagine, chi è inferiore, dunque, loda, rende grazie, elogia, benedice. Non ha nullʼaltro da dare in cambio. Perlomeno lodi. È lʼunica cosa che può fare. Unʼaltra conseguenza della legge razionale che governa lʼuniverso è che se si vuole qualcosa da qualcuno di superiore si può lodarlo, ringraziarlo, elogiarlo preventivamente. Una lode a un potente ci procura il favore del potente. Un elogio a qualcuno che è superiore a noi ci procura il favore di questo qualcuno che è superiore a noi. “Chi offre il sacrificio di lode, questi mi onora” (Sal 50, 23). Dio non vuole sacrifici di capri o di giovenchi, non vuole neanche che gli diamo tutti i nostri averi. La cosa che gli è più gradita è la lode, anzi, il ringraziamento. “Ascolta, popolo mio, voglio parlare, / testimonierò contro di te, Israele: / Io sono Dio, il tuo Dio. / Non ti rimprovero per i tuoi sacrifici; / i tuoi olocausti mi stanno sempre davanti. / Non prenderò giovenchi dalla tua casa, / né capri dai tuoi recinti. / Sono mie tutte le bestie della foresta, / animali a migliaia sui monti. / Conosco tutti gli uccelli del cielo, / è mio ciò che si muove nella campagna. / Se avessi fame, a te non lo direi: / mio è il mondo e quanto contiene. / Mangerò forse la carne dei tori, / berrò forse il sangue dei capri? / Offri a Dio un sacrificio di lode / e sciogli all'Altissimo i tuoi voti; / invocami nel giorno della sventura: / ti salverò e tu mi darai gloria (Sal 50, 7-15). È per questo che Gesù dice: “Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto” (Mt 7, 7). Sta parlando del cuore di Dio. Se a noi, che siamo cattivi, e così difficile rispondere: “No”, ed è in ogni caso quasi impossibile non rispondere a qualcuno che ci porge una domanda o una richiesta, figuriamoci a Dio, che è la bontà per antonomasia. Ma ripeto, non è nemmeno necessario chiedere qualcosa di specifico. Lʼessenziale è la lode. Dio, nellʼuniverso, è la cosa superiore a tutte le altre cose. È superiore persino dellʼuniverso stesso, dato che lʼha fatto lui. È per questo che a ogni creatura, invisibile o visibile, che esiste nellʼuniverso, tocca lodare Dio. Perché Dio è superiore. “Ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa” recitiamo la domenica a messa nella preghiera: Gloria a Dio nellʼalto dei cieli. Dio, bene supremo e assoluto, ci riempie di beni per il solo fatto che esiste, che è. Se vogliamo ottenere i suoi favori, come faremmo con un potente, è necessario che lo benediciamo, lo lodiamo, lo elogiamo. Dio elargisce le sue grazie già automaticamente, ma se vogliamo attirare verso di noi i suoi favori non dobbiamo far altro che lodarlo, benedirlo, elogiarlo, cantare le sue lodi, magnificare la sua gloria, esaltare la sua grandezza, adorare la sua bellezza, proclamare la sua potenza. Dʼaltronde tutte le creature che sono soggette a lui, per la legge dellʼazione e reazione, per la legge della giustizia, devono lodare e benedire Dio.

Benedite, opere tutte del Signore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, angeli del Signore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, cieli, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, acque tutte, che siete sopra i cieli, il
Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, potenze tutte del Signore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, sole e luna, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, stelle del cielo, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, piogge e rugiade, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, o venti tutti, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, fuoco e calore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, freddo e caldo, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, rugiada e brina, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, gelo e freddo, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, ghiacci e nevi, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, notti e giorni, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, luce e tenebre, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, folgori e nubi, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedica la terra il Signore,
lo lodi e lo esalti nei secoli.
Benedite, monti e colline, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, creature tutte
che germinate sulla terra, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, sorgenti, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, mari e fiumi, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, mostri marini
e quanto si muove nell'acqua, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, uccelli tutti dell'aria, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, animali tutti, selvaggi e domestici, il
Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, figli dell'uomo, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedica Israele il Signore,
lo lodi e lo esalti nei secoli.
Benedite, sacerdoti del Signore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, o servi del Signore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, spiriti e anime dei giusti, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, pii e umili di cuore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, Anania, Azaria e Misaele, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli,
perché ci ha liberati dagl'inferi,
e salvati dalla mano della morte,
ci ha scampati di mezzo alla fiamma ardente,
ci ha liberati dal fuoco.
Lodate il Signore, perché egli è buono,
perché la sua grazia dura sempre.
Benedite, fedeli tutti, il Dio degli dei,
lodatelo e celebratelo, perché la sua grazia dura sempre (Dn 3, 57-90). 

Il corpo è specchio dellʼanima?

Oggi, uscito dallʼincontro col dottor M., ho preso questo appunto.
“…passa attraverso gli occhi, ma non necessariamente intacca la fisiologia del corpo”.
Mi riferisco alla grazia dellʼanima. Che è anche la bellezza dellʼanima.
Col dottor M. si è discusso del rapporto tra anima e corpo.
Sostenevo, in base al mio retroterra platonico, che il corpo è specchio dellʼanima.
Sono convinto di avere questa convinzione in base al mio retroterra platonico, ma in realtà non saprei dire dove viene detto in Platone. Potrebbe semplicemente essere unʼidea tramandata come platonica ad esempio dai vari compendi come Storia della filosofia antica, o Storia della filosofia greca, o Storia della filosofia platonica. O da chi tiene corsi universitari di questo tipo, con titoli simili a questi. Ad esempio il corso universitario: “Filosofia antica”, o: “Storia della filosofia antica” – non ricordo con precisione – che ho seguito al Seminario di Fermo nellʼa.a. 2015-2016.
In ogni caso, lʼidea generale che ho in testa è che Platone sostiene che il corpo sia lo specchio dellʼanima. Lo stato dellʼanima, secondo questa idea, sarebbe rispecchiato dallo stato del corpo.
Se ci penso, una tale cosa non viene detta da nessuna parte in Platone. Ciò che si trova in Platone, in Fedro o in Simposio è lʼidea che esiste una bellezza dellʼanima e che questa passa attraverso gli occhi. Per essere più precisi, in Fedro cʼè lʼidea implicita che lʼanima del giovane sia bella, e lʼidea esplicita, cioè descritta da Socrate, che tale bellezza si trasmetta allʼamante attraverso gli occhi. (Cʼè poi lʼidea che questa sorta di flusso rimbalzi allʼinterno dellʼanima dellʼamante e torni allʼamato, in modo che lʼamato finisca anchʼegli per amare lʼamante. Secondo questa idea lʼamato sarebbe lʼunico dei due a possedere la bellezza, e amerebbe di fatto nellʼamante non altri che se stesso). In Simposio non si entra più nello specifico di questo flusso, ma resta ferma lʼidea che esiste una bellezza dellʼanima, preferibile alla bellezza del corpo, che è ciò che realmente lʼamante ama e cerca nellʼamato.
Non viene detto, però, almeno non in Simposio, in cosa consista la bellezza dellʼanima.
Diciamo che tutto Platone, da Repubblica a Fedone e altri dialoghi, tratta della virtù come bellezza dellʼanima. Chi possiede la virtù ha lʼanima bella. Chi è temperante, giusto, coraggioso, saggio, sapiente. Ormai le mie letture di Platone risalgono ad anni fa, perciò non saprei ricordare se parla di queste cose specificamente come bellezza dellʼanima. Però ciò è perlomeno implicito in tutto Platone.

Nellʼinsegnamento cristiano la bellezza dellʼanima è precisamente la grazia, ossia lʼassenza di peccato.
In Evagrio Pontico, uno dei padri del deserto, i vari vizi sono identificati ciascuno col relativo demonio, da sconfiggere nella scalata verso la conquista della virtù. Cʼè ad esempio il demonio dellʼavarizia, il demonio della pigrizia, il demonio della gola, il demonio della lussuria e così via. Ciò su cui mette in guarda in particolare Evagrio Pontico è il demonio della superbia, che attacca quando si sono sconfitti tutti gli altri. È possibile, infatti, che, una volta vinte molte battaglie, ci si senta superiori agli altri. Questo è il peccato di superbia. Se non si riesce a superare questo, a niente è valso superare tutti gli altri.
San Girolamo, quando è partito da Roma ed è andato in Terra Santa, per stabilirsi poi definitivamente in un monastero di Betlemme, ha visitato vari monasteri. Scrive (vado a memoria): “Nei monasteri noto molta superbia. A questo punto era meglio che vi sposavate”. Come se un marito non fosse chiamato alla virtù e alla sconfitta dei vizi… però è evidente che i cosiddetti Istituti di perfezione non si chiamano così senza motivo.
Santa Maria Maddalena deʼ Pazzi, monaca di clausura e mistica del ‘500, quando un prete andava nel monastero per confessare le monache, si posizionava fuori dal confessionale e andava in estasi a guardare le sue consorelle uscire con lʼanima purificata, lavata dalla confessione.

In realtà credo che lʼidea radicata in me del rapporto tra anima e corpo risalga a ben prima che iniziassi a leggere Platone. Perciò anche prima del mio iniziare a credere in Dio. Il corpo come specchio dellʼanima… Già ai tempi delle superiori, il professore di filosofia, parlando di psicologia, aveva accennato al problema della psicosomaticità. La parola psicosomaticità lʼho inventata io, però si capisce cosa voglio dire. Intendo quando si dice che una malattia, ad esempio, è psicosomatica. Se non una malattia anche qualcosa di più leggero, come uno sfogo cutaneo, la perdita dei capelli, ecc. Se si accetta lʼidea della psicosomaticità, si accetta lʼidea che possano esserci disagi, malattie, deformità dellʼanima i quali, non potendo trovare sfogo con la parola, non potendo cioè essere comunicati ed elaborati, vanno a intaccare il corpo, il quale diventa così espressione di ciò che non funziona nellʼanima.
Direi che è nella mia adolescenza, dunque, che risiede il radicamento della convinzione che il corpo è specchio dellʼanima. In realtà, da che ho uso della ragione, mi pare di essere convinto della validità scientifica della psicomaticità (che però solleva problemi filosofici). È unʼidea diffusa nella società. Mi pare, anzi, di averla sempre avuta. Il problema si pone quando si va a cercarne lʼorigine. Perché quando si fa si va sempre più indietro fino a dire: “Già nellʼantichità si era convinti che esisteva un rapporto tra anima e corpo, e che il corpo sia lo specchio dellʼanima”. Quando si dice: “antichità” si intende necessariamente Platone? No di certo. Forse Aristotele? Ma dire Aristotele è dire Platone. Di certo cʼè qualcuno che sa dire dove, nellʼantichità, si trova lʼidea che il corpo è specchio dellʼanima.

Col dottor M. si parlava del fatto che giudico le persone in base allʼaspetto fisico, in particolare in base ai tratti del viso. Ho detto che di me, dato che sono in sovrappeso, si può dire che sono pigro e goloso, quindi che ho almeno due vizi. La conversazione si è inserita nel più ampio contesto di quella che affrontava la questione che giudico le persone, non solo in base allʼaspetto fisico, ma in base al comportamento, ecc.
Ma uno che legge il Vangelo sa che una persona che giudica è una persona che pecca.

Non giudicate, per non essere giudicati; perché col giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati. Perché osservi la pagliuzza nell'occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio? O come potrai dire al tuo fratello: permetti che tolga la pagliuzza dal tuo occhio, mentre nell'occhio tuo c'è la trave? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello. (Mt 7, 1-5)

Giudichiamo solo ciò che abbiamo commesso anche noi. Queste conversazioni mi stanno aiutando non dico a sradicare, se non altro a modificare, a correggere e ridimensionare alcune convinzioni e opinioni. Una delle disfunzioni del fatto che giudico la gente è che, basandomi su ciò che faccio io, immagino che anche gli altri facciano così e giudichino. Perciò, in sostanza, mi sento sempre giudicato. Ciò mi riempie di paure, ansie e altre problematiche nel rapportarmi con gli altri e nellʼandare in giro. Ciò che forse è una delle cause che mi rendono così solitario e poco amante del mio lavoro fatto di stare in mezzo alla gente.

È vero che non si può stabilire se una persona è buona o cattiva, o se ha vissuto bene o male fino a quel momento, semplicemente con uno sguardo, o osservando fumettisticamente le linee del viso (ad es. posizione delle sopracciglia). È per questo che, cedendo sulla relazione stretta tra anima e corpo, intesa come idea del corpo specchio dellʼanima, ho tenuto buona lʼidea platonica del flusso che passa attraverso gli occhi trasmettendo la bellezza dellʼanima. Tale bellezza implicitamente in Platone viene considerata maggiore nel giovane che nellʼanziano, come se si potesse parlare di una purezza non ancora intaccata. Le uniche cose scritte in Platone sono, in Fedro, lʼidea del flusso e, in Simposio, lʼidea che lʼanima possa avere una bellezza – anche se non è spiegato in Simposio in cosa consista – desiderabile e più importante della bellezza del corpo, in quanto lʼanima in sé è più importante del corpo in sé.

Così ho preso questo appunto: “…passa attraverso gli occhi, ma non necessariamente intacca la fisiologia del corpo” col registratore vocale di Google Keep mentre, sotto il sole, mi incamminavo verso la macchina.

Lʼalta dignità dellʼuomo

O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Sìloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? (Lc 13, 4)


Mi viene in mente M. C. Poveretto. Devono arrivare adesso i tempi più difficili. Per elaborare un lutto ci vogliono almeno tre anni, ho sentito dire quando è morto mio padre. Immagino che, come dice lui, i suoi amici gli saranno stati vicini allʼinizio. Ma poi si stuferanno anche loro. È gente senza fede in Dio. Nessuno di loro, credo, vede lo stare vicino a M. come missione. Nessuno di loro è disposto al sacrificio che stare vicino a un vedovo di 41 anni comporta. Secondo me è così. Poi, può essere che mi sbaglio. Sono io quello che non ha amici, sono io quello che vede lʼamicizia in un modo così non-coinvolgitivo. Magari invece gli amici di M. sono veramente pronti a dare la vita per lui. Ma, come ho imparato a dire ai tempi della morte di mio padre: “È nel tempo della crisi che si vede lʼamico”. Forse anche M. si renderà conto di quali sono i veri amici.

Ciò che immagino è, allʼinizio, un grande stare attorno con facce tristi e contrite, ipocrite, che poi si stufano appunto perché il dolore non è autentico, e le persone si stufano di continuare a fingere. È come recitare vita natural durante. È difficile. Non si può stare sempre nel personaggio.

Ad ogni modo la prima cosa a cui ho pensato quando mi è venuto in mente, è stata: “Devo pregare per lui”, e: “Devo pregare per la sua defunta moglie”. “Ma se lui non è credente e non lo era nemmeno lei?”, ho pensato poi. “Cosa preghi a fare?”. Gente che rifiuta così caparbiamente Dio per tutta la vita non può che andare allʼinferno. Unʼidea come questa è contenuta anche nel libro che ho appena finito di leggere, La dottrina cattolica di p. Livio Fanzaga. Però poi penso che è comunque gente che vive bene, che non ha mai fatto del male al prossimo, che lavora, che tiene alla famiglia, agli amici, ecc. Tutte queste cose le hanno fatte e le fanno molto meglio di me, pur fregandosene di Dio. Forse il vero ipocrita sono io, che parlo tanto di Dio ma poi mi comporto da scaccione.

Se lʼanima della F. è allʼinferno, non cʼè niente da fare. Però almeno era battezzata, può darsi che la sua buona condotta le abbia ottenuto il Purgatorio. In tal caso vale la pena pregare per lei. Pregando per lei si può salvarla e portarla in Paradiso più in fretta. Oppure, ripeto, vista la buonissima condotta nonostante il completo disinteresse per Dio, potrebbe benissimo essere che, mentre io sto qui a giudicarla, lei sia finita dritta in Paradiso. Chissà.

Per quanto riguarda M., ancora vivente, la preghiera è utilissima e raccomandata. Potrebbe addirittura portare a una conversione. In ogni caso potrebbe alleviargli un poʼ le sofferenze, portargli via un poʼ di tristezza, aiutarlo ad affrontare meglio le giornate. Ma ciò significherebbe prendersi su di sé quella tristezza, quella depressione, cosa di cui certo non ho bisogno. Però è questo che si chiama sacrificio. Quando si prega per gli altri si prende su di sé parte delle loro pene. O meglio, è Dio che decide. Nulla si crea e nulla si distrugge. Se togli da una parte, devi mettere dallʼaltra. È questo il principio dellʼuniverso. Se a qualcuno sono tolte delle pene significa che tali pene sono aggiunte a qualcun altro. Magari non le stesse pene e magari non nella stessa forma. Però è possibile che se a uno è tolto un cancro, ammettiamo, da unʼaltra parte del mondo crolla una torre, o un bambino viene investito da unʼauto, o qualcuno si ammala di covid, ecc. Cristo è sempre presente e attivo, costantemente sulla croce, nella forma del suo corpo, che siamo noi, tutto il creato, ed è sempre lì per addossare su di sé le pene degli altri, comprese quelle che patiscono giustamente per i peccati. La condanna che meritiamo per i nostri peccati la paga lui, lʼha fatto una volta, lʼha fatto sempre e lo fa per lʼeternità. Cristo siamo tutti noi battezzati. Cristo è tutto il creato. Perché se Dio ha un corpo, questo non può essere altro che lʼuniverso intero. Quando si è incarnato, è stato il corpo di Gesù di Nazareth. Il pane e il vino sono una forma di universo mangiabili dallʼuomo. Tanto elevata è agli occhi di Dio la dignità dellʼuomo. Di tutte le specie dellʼuniverso Dio sceglie, per incarnarsi, quelle che lʼuomo può mangiare e digerire. Dʼaltronde la grande dignità che ha lʼuomo agli occhi di Dio si vede dal fatto che la seconda persona della ss. Trinità è uomo. Dio è un uomo. È per questo che lʼuomo è più importante di tutte le creature, sole, luna, cielo compresi. Lʼuomo esiste prima di tutte le altre cose, perché Dio esiste prima di tutte le altre cose. Persino del tempo, persino dei secoli.

Ma continua a tornarmi in mente M. Lo immagino mentre pensa a me, alla vita che faccio, lo immagino che mi vede dattilografare al computer. Immagino che dopo la morte di sua moglie pensi maggiormente a me, perché io sono lʼunico della famiglia, di tutta unʼenorme famiglia, a credere in Dio e a dichiararlo apertamente, ad andare a messa, ad avere rapporti col clero, ad aver fatto il frate per cinque anni, ecc. Secondo me adesso è costretto a pensare allʼaldilà. È per questo che pensa a me, ed è per questo che mi viene in mente. Chissà.

Vediamo se, durante la preghiera, Gesù mi muove a compassione e mi porta a pregare per lui. Chi pregherà per lui, se non io?