Eccetera

Ma quello che poteva essere per me un guadagno, l’ho considerato una perdita a motivo di Cristo. Anzi, tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura
(Fil 3, 7-8)


In autostrada, la rapina al portavalori era andata storta, certo, i malviventi morti o feriti o arrestati, certo, ma gli addetti alla conta, un ragazzo fresco di Ragioneria e il prossimo-alla-pensione avevano detto: “Basta”, era troppo, si sapeva da tempo, certo, era pericoloso, ma era giunta anche l’ora di dare un taglio. Lo studio di un rinomato commercialista e la pacchia a vita li attendevano. L’ultimo giorno di lavoro coincise, portarono paste, salatini, bibite.

Domenica e Ludovica avevano risposto all’annuncio: “Addetto/a sala conta” contrassegnato: “Urgente” qualche giorno prima; già erano operative. Festeggiarono con gli altri poi si recarono in sala conta. C’era un tavolaccio rigato, sottratto, pareva, a una bettola. In mostra, nell’angolo in alto, la videosorveglianza in veste di telecamera bianca sfoggiava una lucetta verde. Non ci si poteva aspettare di meglio dalla sala Bingo “New Slot World 2000” di Alessandria.

Alfio era la guardia generale, gli spettava spostarsi tra l’ingresso e la sala giochi. Fares aveva un ruolo apparentemente meno oneroso, stare fisso sulla soglia della sala conta mentre le ragazze erano all’opera e poi aiutare il portavalori a caricare. Alfio e Fares si conoscevano ormai, uno era Guardia Particolare Giurata da sei anni, l’altro due. Li separava l’età, 28 anni uno, 22 l’altro. Fu Alfio a fare la proposta, suggerita dalla succulenta circostanza: “Le portiamo fuori?”. Fares: “Magari! Io però non so cosa dire”. “Faccio io”, dice Alfio. 

Le ragazze arrivavano alle 21,00 e si chiudevano in sala conta, il tempo era poco, ma si salutavano con gli altri dipendenti, c’era famigliarità. Alfio impiegò due settimane a trovare la frase giusta. “Sai cosa mi ha detto Alfio mentre passavo?”, dice Mimma. “Spero una porcheria!”, dice Ludo. “Ma no, è un ragazzo caro. Non hai notato?”. “Sinceramente, no”. “Be’, mi fa: ‘Andate a casa, tu e la Ludo, quando staccate?”. “Non ci credo!”. “Sì!”. “Da me cosa vuole, scusa?”. “Senti il resto: ‘Fares e io andiamo a bere una cosa...’”. “Fares? Ma ha due anni!”. “Aspetta, Ludo, senti il resto”.

“‘Andiamo a casa’, ho detto. Stavo per entrare in sala conta: ‘Volevo solo dirti che penso che sei carina’, dice”. Alfio aveva optato per la sincerità. “Un po’ sfigato! Alla sua età poteva inventare un approccio più articolato”. “Te l’ho detto che è un caro ragazzo”. “Vogliono solo trombare”. “Dici?”. “Certo!”. Mimma è pensierosa: “Infatti ho detto: ‘Io, invece, penso di essere brutta’”, dice, “e ho troncato. Non la do a uno di passaggio, mi fa solo perdere tempo e dignità. Un conto è se s’innamora e vuole sposarsi”. “Mimma, scusa se te lo dico, ma dovresti mollarla un po’”, dice Ludo.

“Il mio sogno è il doppiaggio, lo sai”, dice Mimma. “Se inizio a fare la scecca in giro, magari con qualcuno che mi fa perdere la testa, il mio sogno è finito. Non posso permettermelo”. “Okay, okay”, dice Ludo. “Non so se mi piacerebbe avere un’ambizione come la tua”. “Tu non hai problemi”, dice Mimma, “sei di famiglia ricca. Non vuoi realizzarti?”. “Non farmene una colpa, Mimma”. Ludo, al contrario della palermitana Mimma, era di famiglia alessandrina benestante, poteva studiare e sistemarsi ma a motivo della libertà aveva considerato tutto spazzatura. I suoi modelli erano Carola Rackete e Greta Thunberg; da qui, a 31 anni, il ruolo di addetta alla sala conta.

Le bastava avere un lavoro per mantenersi da sola. “Ultima Generazione domenica occupa l’autostrada, vieni?”, dice Ludo. “Te l’ho detto che ho un’audizione tra un mese! Devo fare le prove!”, dice Mimma. “Mimma, dai! Un po’ di vita, hai 26 anni! Non credi sia importante l’attivismo?”. “Con tutto il rispetto, Ludo, ne abbiamo parlato, sono d’accordo con le tue idee, l’ambiente va rispettato eccetera, ma non sono fanatica”. “Va bene. Almeno stasera vieni?”. “Ma se hai detto: ‘Fares ha due anni’!”. “E allora? Mica me la tengo stretta!”. “Ma scusa, poi, con un algerino? Così magrolino...”. “Anche razzista? Non vedi che è quasi bianco? E poi è nato in Italia...”.

A fine turno, sul piazzale, Alfio e Fares aspettano. Ludo va verso Fares, gli prende la mano e senza dire parola lo trae alla gialla Peugeot 208. Il ricciolino è sollevato poiché non saprebbe cosa dire. Una volta in auto: “D-Dove si va?”. “A casa mia”, dice Ludo, “vivo sola”. Mimma passa davanti ad Alfio senza guardarlo. “Buonanotte”, dice. “Buonanotte”, dice Alfio. Ma gli fa pena; tira un sospiro e ruota: “Guarda, non so i tuoi progetti, ma io devo studiare, tra un mese ho un’audizione, te l’ho detto che il mio sogno è lavorare nel doppiaggio, se ricordi...”. “Ricordo...”, dice Alfio. “Non preoccuparti, capisco...”. “Non ho tempo per avventure”, dice Mimma; si allontana.

“Troppo peloso per una notte e via, è un belloccio, non un bello...  e quelle basette a punta, che terronata!”, sono i pensieri di Mimma alla fermata. “Che ragazza seria! Com’è determinata! Se avessi il coraggio di parlare apertamente dei miei sogni... invece mi limito a comporre poesie in segreto. Forse dovrei dirlo a Mimma... che aspiro a divenire poeta... lei mi capirebbe. Ma cosa se ne fa, una ragazza così ambiziosa, di una Guardia Particolare Giurata barra poeta fallito di Sannicandro di Bari?”, sono i pensieri di Alfio mentre osserva la Peugeot 208 allontanarsi sulla statale.