I miei film

Ho visto The searchers, tradotto I cercatori (Sentieri selvaggi). Gran film. Di certo uno dei miei preferiti.

I panorami. John Ford ha iniziato il suo rapporto con la Monument Valley nel 1939 con Stagecoach, tradotto Diligenza (Ombre rosse), ancora in bianco e nero. Non sono riuscito a capire quanti altri film John Ford ha girato nella Monument Valley. Di certo ci è tornato nel 1956 col Technicolor VistaVision per The searchers. Cʼè anche un documentario francese del 2013 che parla del rapporto tra John Ford e la Monument Valley, sʼintitola John Ford et Monument Valley.
I panorami sono semplicemente stupendi. Ti perdi a guardare i vasti deserti, le rocce monumentali, i cieli altrettanto vasti puntinati di nuvole. Rappresentare la natura così comʼè sembra banale e semplicistico, ma, da grande artista che è, John Ford lʼha fatto in modo geniale, e cioè semplicemente riprendendola tale e quale è. Un buon motivo per avere inventato il cinema. La vastità di panorami e territori, confrontata con la piccolezza degli uomini ritratti in essi, secondo me contribuisce a costituire il film quale genere epico.

Lʼepica. È vero che il nome epica deriva dal nome del tipo di verso, cioè l’esametro tonico. Ma è anche vero che si definice lʼepica narrazione di fondazione. Se prendiamo questa definizione, non possiamo non dire che The searchers è epica. Il personaggio di John Wayne, Ethan, è un veterano confederato appena tornato dalle guerre sulla cui base sono nati gli Stati Uniti. I suoi famigliari sono gente di frontiera, che tenta di vivere in territorio ostile, perché abitato da nativi, gli indiani, che naturalmente sono opposti alla colonizzazione. Gli eroi sono a tutto tondo, sono reali e realmente tali. Uomini da combattimento che portano una civiltà contro lʼaltra. Tutto ciò è epica e parla di epica. Non so quanto John Ford fosse consapevole di produrre genere epico, di certo la materia gli ha preso le mani, più che il contrario e lʼha portato a dipingere una storia personale in modo da renderla collisione di mondi e passaggio storico.

John Wayne. Non ho visto molti altri film con John Wayne, ma mi basta questo. Ci vuole un eroe per incarnare un eroe. È la legge del typecasting. La potenza caratteriale che John Wayne rivela in questo film è stata la calamita che mi ha portato ad attraversarlo tutto, fino alla fine. Devo ammettere che la sua lunghezza e ripetitività, notata da vari critici, ha rischiato di stancare anche me. Ma, ripensandoci a freddo, non posso non dire che anche la ripetitività è caratteristica del genere epico. Prendiamo Odissea o Orlando furioso. Episodi su episodi che narrano sempre le stesse cose, battaglie e amori, eroi e morti. Una tragedia come la morte di unʼintera famiglia per mano dei Comanches è un singolo episodio in un film che è una catena di episodi, così come lo è la storia dʼamore tra Martin e Laurie, così come lo è il ritrovamento di Debbie. Ciascuno di questi episodi potrebbe costituire un film a parte, un dramma, una tragedia, ma nellʼepica tutto è appiattito e tutto conta allo stesso livello.

Il problema del razzismo. È stato detto che The searchers è un film che parla di un uomo ossessionato, come Vertigo (che non mi è piaciuto più di tanto). È inquietante pensare che Ethan sia a tal punto ossessionato dallʼodio per gli indiani da non voler ritrovare Debbie per riportarla a casa, ma per ucciderla, perché ormai: “È una di loro”. È inquietante che per tutto il film Ethan tratti Martin, un mezzosangue da lui stesso salvato e cresciuto coi bianchi, con sufficienza. Eppure questo eroe difettato è un eroe magnifico, grande e perfetto proprio perché imperfetto.

Il mio film preferito numero uno però resta sempre Glengarry Glen Ross (Americani). Una volta magari ci scriverò un post.