Andare in alto

Che cos’è quest’altura alla quale voi andate? Il nome altura è rimasto fino ai nostri giorni (Ez 20, 29)


I monti, le alture sono i luoghi dove i popoli andavano ad adorare gli dei. Sulle alture venivano sistemate rocce, steli, altari, templi. Nella Bibbia i monti e le alture sono i luoghi dove anche Israele andava ad adorare le divinità straniere. Sono i luoghi dell’idolatria. Dove Israele tradiva l’unico vero Dio, Yavhè, “Io sono colui che sono”, con le divinità delle altre popolazioni. Quando era nomade ciò era facile. È difficile restare fedeli a un unico Dio quando si è nomadi, quando si va in giro e si cambia continuamente terra, paesaggio, lingua, gente. Anche a me è capitato di sentir venire meno la fede quando ho cambiato luogo. In luoghi diversi la fede è vissuta in modi diversi. Qui c’è la Madonna delle Vittorie, là la Madonna della Misericordia, qui la Regina della Pace, lì Nostra Signora di Lourdes. Ogni luogo ha il santo patrono, che dà alla fede una colorazione diversa rispetto agli altri santi patroni.

Le abitudini, a volte, sono ciò che mantengono salda la fede. Celebrare sempre nello stesso luogo, con gli stessi sacerdoti, che usano sempre lo stesso linguaggio, toccano sempre gli stessi temi. Cambiare luogo può voler dire mettere in discussione la fede, rivalutarla. Capire quali sono gli elementi stabili, fissi e quali quelli che si muovono. Si tratta di ritrovare sempre l’unico vero Dio nell’anima. Quel punto di riferimento a cui l’intelletto va quando il sacerdote esclama: “In alto i nostri cuori!”, e si risponde: “Sono rivolti al Signore!”. Qual è l’entità nell’anima, nell’universo che chiamiamo: “Dio”? Occorre avere un punto fermo e tornare a riferirsi sempre a quello.

Quando era nomade e si mischiava con le popolazioni, Israele era meno colpevole di idolatria di quando era sedentario. Il peccato di idolatria è stato più grave a partire da Salomone, re saggio e sapiente al quale però piacevano le donne. Si accoppiò con molte donne straniere e, per far loro piacere, adorò i loro dei. La discendenza di Salomone è stata colpita da Dio per purnire le colpe di Salomone. Davide non ha mai peccato di idolatria, ha commesso un solo peccato grave, l’uccisione di Uriah per possedere la moglie Betsabea. Salomone ha peccato di idolatria numerose volte, rendendo culto sulle alture agli dei di altre popolazioni, con le quali stringeva alleanze sposando regine e principesse. Le alture... luogo di culto, luogo in cui si adorava Dio, ma anche luogo in cui i popoli pagani celebravano i culti. Andare su un’altura, nella Bibbia, ha assunto il significato simbolico di idolatria. Andare a venerare qualcuno che non è il Signore. Andare a rendere culto a una divinità costruita dall’uomo, non al Dio vivente.

Gli idoli sono sempre esistiti. Non sono solo le divinità pagane. Sono qualsiasi cosa sia oggetto di venerazione al posto di Dio. Da chi aspetto consolazione? Torno a casa la sera, dove cerco ristoro? Nel cibo? Nel sesso? Nelle letture? Nei film? Nella televisione? Sono tutti idoli, anche quando paiono attività buone. L’unica vera consolazione è quella che viene da Dio. È l’unico in grado di saziare l’anima di ciò di cui l’anima ha veramente bisogno. Un idolo tipico è l’io. Qualsiasi cosa faccio per rendere me stesso grande ai miei occhi a confronto coi miei simili, o addirittura grande di fronte a Dio è idolatria. La macchina grossa mi serve perché viaggio tanto e ho bisogno di potenza e sicurezza, o per gonfiare il mio ego? Il corpo perfettamente palestrato o asciutto ce l’ho perché amo le fatiche, nella consapevolezza che le mie sofferenze producono consolazioni altrui, o perché voglio mostrare la mia superiorità estetica? La mia bravura sul lavoro è un dono che faccio a Dio, in quanto fare le cose bene è pregare, o è un modo per vincere nella competizione coi miei simili? La famiglia numerosa, i figli sono un dono fatto all’umanità, o il tentativo di creare copie di me stesso, per far vedere quanto sono bravo come genitore, e quanto mi integro nella società?

Quante sono le nostre alture, dove andiamo a sacrificare al posto di sacrificare all’unico vero Dio! Cerchiamo consolazioni ovunque, quando basterebbe stare seduti e pregare, e chiedere la grazia a lui. La grazia che è pace e gioia, fondate su una coscienza pura e sulla speranza del suo perdono che è l’unica forza in grado di portare in Paradiso a godere di lui. Poiché non sono i nostri meriti a portare in Paradiso. È solo la sua volontà, è tanto buono da fare di tutto, fino a farsi carne e morire, sapendo che il nostro massimo bene è l’unione con lui, per farci arrivare a lui. Dio dà tutto se stesso per portarci a lui. Non è geloso della propria grandezza, perfezione. Ci ha fatto vedere, facendosi uomo, come sia disposto a farsi ultimo tra gli ultimi e a dare tutto fino a dar la vita pur di conquistarci un posto accanto a lui, salvandoci con la sua morte.

Un altro modo di vedere le alture, una volta asseverato il vero Dio, è considerarle in ogni caso luogo di culto e incontro con Dio. Si pensi a Mosè o al profeta Elia, che incontrano Dio sul monte.
Più si va in alto, più lo sguardo sul mondo si avvicina allo sguardo di Dio. Dio non è forse colui che un solo sguardo vede tutto? L’uomo non potrà mai vedere tutto, a meno che non si unisca con Dio, ma il suo sguardo può avvicinarsi, somigliare a quello di Dio mediante il recarsi su un monte. Non è forse vero che dall’alto con un solo sguardo si possono abbracciare tante cose? Andare in alto è andare in luoghi divini. Le alture sono sempre state considerate luoghi divini, luoghi di incontro con la divinità.

Anche Samuele, il giudice, viveva su un’altura. La gente andava a visitarlo e gli chiedeva di dirimere le cause. L’uomo che dall’alto aveva una visione d’insieme era colui che era in grado di dare i giudizi più giusti. Gli uomini che abitano in alto hanno l’anima abituata a considerare le cose del mondo nel loro insieme, da lontano. Un litigio che occupa l’intera anima delle due persone coinvolte, visto dall’alto e da lontano non è che uno dei tanti avvenimenti dell’universo, gli viene attribuito il giusto peso e viene messo accanto, in un solo sguardo, a mille situazioni simili. I due contendenti non riescono a vedere chiaro, pensano che la loro controversia sia la cosa più importante del mondo e non riescono a dormire. Il saggio abitante delle montagne confronta cose diverse e non si fa condizionare dalla turbolenza delle vicende umane.

Se salire su un monte è il modo spaziale per andare verso l’alto, il modo temporale è diventare vecchi. Associo l’uomo del monte all’uomo vecchio. Anche la vecchiaia è un modo per abbracciare con un solo sguardo molte cose. Con la memoria si può vedere tutto ciò che si è vissuto in una volta sola. Quanta saggezza si acquista invecchiando! I giovani hanno una potenza e una sapienza che nemmeno sanno di avere, perché i loro corpi e i loro cervelli producono in continuazione e non riescono a star fermi. Occorre qualcuno di anziano per saper estrarre la sapienza. Il saggio anziano è come l’uomo dell’altura. Gli avvenimenti del passato, man mano che si allontanano e prendono distanza diventano anche meno imperiosi, invadenti. Le cose acquistano poco a poco il peso giusto e diventano leggere. Ciò che faceva soffrire ora fa sorridere, e si pensa: “I casi della vita! Anch’io ne feci parte, una volta!”.

8 commenti:

  1. Il monte è più vicino al cielo, che per convenzione è il luogo divino. Dalla cima di un monte la pianura sottostante e le città sembrano così piccole e lontane... Ricordo ancora la bella sensazione che provai in cima al monte Baldo, guardando il lago di Garda sotto di me.

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    1. Pensa che sensazione si deve provare a contemplare tutto l'universo.

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  2. ai miei tempi ci dicevano "raccogliete gli occhi" adesso per andare in alto dicono "in alto i cuori" non so cosa sia più efficace.
    Io continuo a raccogliere gli occhi.

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    1. Se capisco cosa significa raccogliere gli occhi lo faccio anch'io.

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  3. Dall'alto possiamo vedere un mondo quasi intero, senza più percepire un fiato di filo d'erba, che non comprendiamo ugualmente. Restiamo accanto a quel filo d'erba, a quel papavero, a quella mano che ci stringe. Ecco il nostro mondo dall'alto. E non ce ne rendiamo mai conto abbastanza, affamati di altezze inutili..

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    1. Bella interpretazione, in effetti per noi umani la chiave per la felicità è l'amore alle piccole cose, alla quotidianità, al fratello. Nostro Signore si è fatto piccolo e umile per condividere la nostra condizione e mostrarci la via. Ha un cuore divino, sì, con cui abbraccia e ama tutto, ma anche un cuore umano, con cui ama ogni singola creatura volta per volta.

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  4. La quotidianità e Dio possono coesistere nella misura in cui vediamo (e viviamo) l'una in funzione dell'altro. L'idolatria nasce quando pensiamo che sia possibile amare "le cose di quaggiù" e "le cose di lassù" come se fossero entità scindibili. Personalmente dico che non è un caso se a me piace il cielo e tutto ciò che è a esso collegato (elementi della natura, fenomeni atmosferici): io appartengo all'altro modo di vedere le alture! :)

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    1. Ho sempre pensato che se uno resta nella volontà di Dio, ciascuno nel suo stato di vita, Dio dà consolazioni secondo le nostre logiche. Ad esempio, devo fare una certa strada per andare al lavoro? È cosa buona e giusta che mi riempia gli occhi di quel paesaggio, soprattutto quando Dio si degna di renderlo pittoresco con colori o forme particolari. E via dicendo. Devo mangiare per sostenermi, perché altrimenti non posso lavorare? È inutile che cerchi di non gustare, come dicono alcuni, sarebbe folle. Tutto ciò che ci soddisfa mentre siamo nella volontà di Dio è portato da un angelo. È idolo ciò che noi pretendiamo di prendere per noi stessi, senza accettarlo, al momento opportuno, dalla mano benevola di Dio.

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