Il colpo della strega

“Prendi la mamma, lei sì che ha vissuto la casa di riposo. Ricordi? Non mi dispiacerebbe passare la vecchiaia in casa di riposo, diceva, c’è chi si prende cura di te, sei sempre in compagnia... cosa vuoi di più?”. “Non sono tua madre, preferisco morire tra le mie cose”. “Papà, non è sempre possibile. Purtroppo non sei autosufficiente, sei invalido all’80%, non puoi permetterti di viver solo. Se accettassi una persona tra le tue cose – con ciò intendo la badante – sarebbe un altro discorso... A casa mia, come sai, col mio lavoro, non posso tenerti”. “Non voglio rumeni in casa mia”. “Questo è abbastanza retrogrado da parte tua. Prendiamone una italiana, o un italiano, ne abbiamo parlato, ce ne sono”. “Ma perché non posso stare con te? Non disturbo!”. “Papà, la mia casa è il mio studio! Mi disturbi eccome! Hai problemi di deambulazione, avresti bisogno di qualcuno che ti stesse dietro ogni due per tre”. “Non è colpa mia se ho avuto l’ictus!”. “Non sto dicendo che è colpa tua”, Ermanno fa girare gli occhi. “Solo, la situazione è quella che è”, riprende. “Intanto, mi hai ficcato in casa di riposo senza dir niente. Sono due giorni che non dormo! C’è una che continua a gridare: Aiuto! Aiuto! Poi: Aaaaaaah!”. “Davvero? Di notte?”. “Sì! Ma è una che non deve avere tutte le rotelle a posto...”. “Evidentemente soffre... La corsia delle donne è lontana, ti prenderò tappi per le orecchie. Intanto, porta pazienza”. “Non voglio morire qui!”. “Cosa cambia? Ricorda la mamma... si è spenta bene, serenamente...”. “Lontano dalle sue cose, in un luogo estraneo, circondata da estranei”. “Invece, non è vero! Sai bene che andava d’accordo con tutti e aveva fatto amicizia con due signore con cui giocava sempre a carte”. “Non vorrai mica che passi il tempo a giocare a carte! Sono un uomo di cultura”. “Appunto per questo dico: che differenza fa morire qui o lì, non dovrebbe essere uguale?”. “Sono troppo legato alle mie cose, ai libri, agli oggetti. È tutta la mia vita. La mia cultura e il mio lavoro sono sempre stati basati su ciò che ho costruito attorno a me”. “Non si direbbe che sei un uomo di cultura da ciò che hai detto sui rumeni”. “Quella è un’altra cosa. Non posso sopportarli. In Italia hanno mandato solo ciarpame. Mica sono venuti dottori o giuristi o astrofisici, solo ciarpame. Buoni a prendersela col personale del Pronto Soccorso. Immagina una rumena tra le mie cose, metterebbe le mani dappertutto e spadroneggerebbe da mane a sera!”. “Papà, con l’età sei divenuto insofferente. Ti ho sempre fatto più umanista. Non posso trovare un luminare di astrofisica che ti faccia da badante. Anche se troviamo un’italiana, sarà pur sempre una persona di bassa estrazione. Non farebbe la badante!”.

“Permesso! Buongiorno, signori, scusate, devo tirare la tenda per lavare il suo vicino”. Entra una OSS alta, magra con seni che quasi la fanno sbilanciare. Dal top con scollatura a “v” ai pantaloni agli zoccoli di gomma è in rosa. Ha chiesto permesso, ma non ha neanche finito che la tenda è tirata e si sente la conversazione con l’assistito. “Buongiorno, Arturo, come va oggi? Dormito bene? Facciamo il bidet?”.

“Poverino”, dice Pascasio, “è totalmente paralizzato, muove solo la testa. Andiamo a fare un giro!”. “Papà, devo andare... ho gli appuntamenti”. “Tu e i tuoi appuntamenti. Vieni un attimo alla sala tv, lasciamo lavorare l’infermiera”.

Si affaccia una grassa infermiera paonazza. “Tutto bene? Bisogno di una mano?”. “No, grazie! Il bagno l’abbiamo fatto ieri con Jonathan, devo fargli solo il bidet”. “Okay, vado da Morandi allora”. “Va’, va’ pure, sono a posto”.

“Papà, è ora che vada”, riprende Ermanno.

“Aaaaaaah!”, un gemito strozzato da dietro la tenda. “Tutto bene?”, chiede Ermanno. “Mannaggia! La schiena!”, la voce è rotta.

Spunta l’infermiera piegata a 45 gradi con le mani sui lombi. “Colpo della strega!”, dice Ermanno. “Eh, sì”, sembra le manchi il fiato. “Aspetti, chiamo qualcuno”. Ermanno esce e individua, in corsia, un’infermiera in bianco. “Una sua collega ha avuto il colpo della strega mentre stava lavando un paziente. Può venire, per favore?”. Sulle prime cerca di evitarlo, poi: “Sì, vediamo”, risponde. In camera trovano l’infermiera stesa a terra, schiena adiacente al pavimento, gambe sollevate e polpacci sul pianale di una sedia. 

“Aaaaaaah!”, geme. “Stilla, stai bene?”, dice l’infermiera bianca. “Ma sì! Mi è venuto il colpo della strega! Si può?”. “Eh, ragazza mia, capita! Prendo un cuscino”. Ermanno, dall’alto, si rivolge all’infermiera rosa. “Vedo che si è messa subito a terra, evidentemente sapeva cosa fare...”. “Sì”, risponde, la voce rotta, “è la procedura. Più la superficie su cui si poggia è dura, meglio è”. L’infermiera bianca rientra col cuscino. Ermanno fa due passi indietro. L’infermiera si china e infila il cuscino. “Come ti senti?”. “Meglio, grazie”, la voce rotta, “Puoi portarmi un Brufen?”. “Fa ancora male?”. “Sì, un po’!”. L’infermiera bianca si alza e, mentre va, dice a Ermanno: “Sono cose che capitano!”.

“Mmmh, sembrerebbe un fattore psicosomatico...”. Ermanno è tornato a strapiombo sull’infermiera rosa. “Se non ho sentito male, lei si chiama Stilla”. “Sì”, la voce strozzata, “Stilla. Non si preoccupi, sono cose che capitano nel nostro lavoro. Siamo costretti a sollevare pesi. Menomale che per i casi più complicati c’è il sollevatore”. “Capisco. Mi chiamo Ermanno Giunti, piacere”. “Piacere, Stilla Bruno”. “Di professione faccio lo psicologo. Questo è mio padre, Pascasio Giunti. Forse lo conosce già, è un ex professore di università”. Pascasio: “Diritto costituzionale!”. “Sì, ci siamo conosciuti in questi giorni, mi occupo di questo reparto. Però c’entro poco con l’università”. “Avrà dovuto studiare per diventare infermiera”. “Certo. Ma il corso di OSS dura solo due anni. Non sono un’infermiera specializzata”. “Posso chiederle da dove viene?”. “Sono di un paese della Val Camonica, sicuramente non l’ha mai sentito, si chiama Cevo, C-e-v-o”. “In effetti, non l’ho mai sentito”. “Ha mai sentito Ponte di Legno?”. “Sì! Ponte di Legno è famosa”. “Ecco, Cevo è dalle parti di Ponte di Legno”. “Senta, signora Stilla, non voglio rischiare di offenderla, né cercare di procacciarmi una fonte di guadagno. Del resto, come probabilmente sa, di questi tempi il lavoro agli psicologi non manca. Temo che il suo colpo della strega sia frutto di qualcosa di irrisolto a livello personale. Sono pronto a offrirle dieci sedute gratuite, così, per mettere due chiacchere sul tavolo”.

Entra l’infermiera bianca con una bottiglietta d’acqua in mano. “Ecco il Brufen, ce la fai a prenderlo da sdraiata?”. “Sì, cara, dammelo pure, non mi serve l’acqua”.

Dopo aver ingoiato la pastiglia, Stilla dice: “La ringrazio per la proposta, signor Giunti...”. “Mi dia pure del tu”, dice Ermanno. “Va bene. Ti ringrazio per la proposta… Ermanno, ma non credo di aver bisogno dello psicologo. È una questione di sollevamento pesi”. “Dieci sedute gratuite...”, Ermanno cantilena le parole mettendo una nota alta sotto le sillabe: “u-i” e: “te”. “Va bene”, la voce ancora strozzata, “ci penserò”. Pascasio: “Ti consiglio di accettare. È bravo. Dopotutto è figlio di tanto padre!”. “Ecco il mio biglietto da visita. Chiamami, Stilla!”.

***

Quella mattina, Ermanno va alla chiesa di Santa Maria delle Grazie. Entra in confessionale. “Buongiorno”. “Buongiorno. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Il Signore sia nel tuo cuore e sulle tue labbra perché tu possa confessare bene i tuoi peccati”. “Grazie. Inizierei informandola che sono nuovo alla religione. La prima volta che mi sono confessato è stato un anno e mezzo fa, a un ritiro in monastero. Sono figlio unico di genitori atei. L’ultima volta che mi sono confessato, un mese fa. Sono psicologo, ultimamente ho parecchi clienti, ho paura di aver preso sottogamba qualche problema. Cerco sempre di accettare più clienti che posso perché sono sensibile alle sofferenze. Temo però di non riuscire a star dietro a tutti. Me ne accorgo perché non vedo risultati, guarigioni. Le persone gongolano nella terapia senza ottenere cambiamenti. Io stesso, non riesco a migliorarmi. Infatti, l’altro peccato che volevo confessare è che ho commesso atti impuri... qualche volta”.
“È sposato?”. “No... vivo solo”. “È difficile cambiare le abitudini, ma con l’aiuto della grazia non impossibile. Non so quanto spesso lei prega, ma consiglio di cercare aiuto nella preghiera. Forse sarebbe il caso di ragionare sui carichi di lavoro e ridurre i pazienti. Mette se stesso alla prova nel tentativo di aiutare più persone che può, ma ha limiti, come tutti, evidentemente sta sperimentando i limiti. Le consiglio di ragionare su queste cose con un direttore spirituale. Per quanto riguarda la sessualità, sa meglio di me che l’uomo è fatto per riprodursi. Dico sempre che il sesto comandamento è, appunto, solo il sesto. Non è il primo né il secondo né il terzo né il quarto né il quinto. Mettiamo le cose nella giusta prospettiva. Tra l’altro nell’Antico Testamento il sesto comandamento dice: ‘Non commetterai adulterio’, non: ‘Non commetterai atti impuri’. Il problema dell’impurità è stato messo in evidenza da San Paolo. Se vogliamo, si può collegare il sesto comandamento alle parole di Gesù: ‘Chi guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore’. Ma, come forse sa, tutto il capitolo cinque di Matteo propone uno stile di vita difficile da attuare se non si è nell’ottica dell’amore. Il principio delle beatitudini è, aspetti, glielo leggo direttamente”. Prende una Bibbia, cerca la pagina e legge: “‘Poiché io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli’”. Ripone il libro. “Le proposte di Gesù possono sembrare parola dura, come dicono alcuni discepoli... ma se uno intende cosa vuol dire che il peso di Gesù è leggero e il suo giogo soave... insomma... fare tutto per amore rende anche il sacrificio qualcosa di realizzabile”. “Ho capito”. “Lei è un uomo di cultura... non ha interessi o passioni verso cui dirigere l’attenzione in caso di tentazione?”. “La mia passione è sempre stata il mio lavoro. Ho sempre amato la letteratura. Ho sempre letto, da quando ricordo, la casa era piena di libri”. “Ecco, cerchi innanzitutto di evitare le occasioni. Passioni e hobby sono un ottimo modo per contenere il pericolo di tentazioni. Inoltre, non si isoli, coltivi relazioni e amicizie. L’affettività riduce il bisogno di cercare consolazioni altrove. Il corpo è tempio di Dio, questo va ricordato. Ma non prenda tali peccati troppo seriamente, la sessualità è parte del nostro essere, Dio ci ha fatti così. Non voglio che perda la pace e si tormenti. Allo stesso tempo, cerchi consolazione in attività sane e corrette, come appunto la lettura, il lavoro, le relazioni”. “Va bene”. “Dio, Padre di misericordia, che ha riconciliato a sé il mondo nella morte e risurrezione del suo Figlio e ha effuso lo Spirito Santo per la remissione dei peccati, ti conceda, mediante il ministero della Chiesa, il perdono e la pace. E io ti assolvo dai tuoi peccati nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”. Ermanno fa il segno di croce. “Amen. Grazie”. “Buona giornata”.

Ermanno prende parte alla messa; prima di tornare in studio, si ferma a pregare. Seduto su un banco vicino al tabernacolo, dice, mentalmente: “Ciao Gesù. Voglio innanzitutto ringraziarti per avermi concesso di prender parte all’Eucaristia, oggi. Ti prego, concedimi di unirmi a te mediante la comunione col tuo corpo. Perdona, ti prego, i miei peccati. Credo nel sacramento della Confessione, credo che i miei peccati sono stati perdonati dall’assoluzione del sacerdote. Benedici il sacerdote, ti prego, è stato gentile. Stammi accanto in questa giornata. Benedici il mio lavoro, i miei pazienti, fa’ che io sappia cosa dire e il momento giusto; ispirami. Manda in me lo Spirito Santo, affinché sia in grado di fare il massimo bene alle persone che ho in cura. Benedici in particolare la signora Mondelli, Emiliano e Pietrafredda. Ti chiedo di dare ai miei pazienti completa guarigione di corpo, anima e spirito. In particolare, ti rivolgo una preghiera per la nuova paziente, Stilla Bruno, che oggi verrà al primo colloquio. Benedici i nostri rapporti reciproci. Fa’ che possa esserle d’aiuto. Non so se la mia intuizione è giusta, Signore, a proposito del colpo della strega. Le ho offerto dieci sedute gratuite, un gesto che spero ti sia gradito come specchio della tua carità. Se sono un professionista serio, lo scopo è aiutare persone, non pensare al guadagno. Giusto, Signore? Sono andato un po’ al largo, questa volta, non avevo mai fatto una cosa simile. Purtroppo, temo che la mia intuizione sia giusta e che la signora Stilla abbia un problema. Siimi propizio, ti prego, Gesù, affianca il mio lavoro, proteggimi, salvami, guidami. Salva la signora Stilla dal male che ha, fa’ che riusciamo, parlandone, a farlo venire alla luce. Assistici, ti prego! Non abbandonare i tuoi figli. Sei creatore e controllore dell’universo. Ti prego, ascolta ed esaudisci le mie preghiere. Non lasciarle inascoltate. Per favore, Gesù, aiutami!”.

***

“Ermanno, devo confessare una cosa. Da quando ci siamo conosciuti muoio dalla voglia di dirlo. Non so se è come dici tu, se il colpo della strega è un fattore psicosomatico, però... Il fatto è questo. Un mese fa ho tradito mio marito. Da allora ho un tormento dentro che mi uccide. Ecco, l’ho detto. Non so cosa pensi di me... mi sento uno schifo. Morivo dalla voglia di dirlo, non sapevo a chi. Ho un’amica... Vicenta, è ecuadoriana, siamo legate, ma neanche a lei sento di dirlo. Ho fatto una cosa orribile. Forse non è un caso che ci siamo incontrati. Credi al fato? Da quando ci siamo conosciuti non ho fatto altro che pensare alla proposta. Sono una persona orribile, vero?”.
“Fa parte della mia professione la sospensione del giudizio. Non importa cosa possa pensare del tuo comportamento a livello morale, nel momento in cui indosso i panni dello psicoterapeuta sono obbligato a sospendere il giudizio, a non giudicare le azioni del paziente. Tieni presente che c’è anche una sorta di segreto confessionale. Per legge il terapeuta non può rivelare informazioni apprese durante l’attività professionale, anche nel caso in cui fosse chiamato a testimoniare davanti a un giudice. Solo il consenso del paziente può sciogliere dal dovere di tenere il segreto”.
“Quindi, anche se mi giudichi una persona orribile, non me lo dici. In pratica funziona così, no?”. “Be’... più o meno... diciamo pure che è così”.
“Ecco, sono una persona orribile! Il fatto, a dir la verità, è che non l’ho neanche tradito fino in fondo... È stata una storia malata. C’è questo vecchio che curo per arrotondare. Si chiama Valeriano. Gli sistemo la casa, gli tengo compagnia, lo lavo... Ci vado quando non ho il turno in casa di riposo. Il problema è che mi fa avances. Ultimamente ha cominciato a darmi qualche palpata, spesso gli viene l’erezione mentre lo lavo... Ho sempre fatto finta di niente, sono cose che possono capitare. Finché si è in casa di riposo ci si può avvalere dell’aiuto dei colleghi e redarguire chi fa il furbo, ma da soli in casa... ho sempre lasciato correre. Sono una persona orribile, vero? Ho capito, ho capito, non giudichi. Mio marito non sa niente. Mio marito... la verità è che dovrei parlare di mio marito”.
Ermanno si sistema sulla sedia.
“Mi spiace cambiare discorso bruscamente. Mio marito, se proprio devo dir la verità, è il problema. È da un anno che si è allontanato. Ho paura che mi tradisca. Gliene ho parlato, ma ha negato. È odontoiatra. Da circa un anno esce quasi sempre, va in un bar con gli amici e torna ubriaco. Non facciamo più sesso. Un giorno, col signor Valeriano, mentre lo lavavo nelle parti basse ha avuto l’erezione. Ha iniziato a toccarmi il sedere. L’ho lasciato fare. C’è da dire... ecco... ha un pene davvero grosso. Mi son detta: Ma sì, accontentiamolo. E così, insomma, è successo. Non sai come mi sono sentita dopo. Uno schifo, un vero schifo. Torno a casa e trovo Achille, così si chiama mio marito, che dorme sul divano totalmente ubriaco. Mi è partito l’embolo. L’ho svegliato e gli ho messo di fronte il suo comportamento dell’ultimo anno. Gli ho detto che non siamo più una coppia, che non mi tocca nemmeno con un dito, che non è mai in casa...”. Stilla inizia a piangere. “Sai come è finita? Ha detto che non si sente realizzato perché non può avere figli!”.
Ermanno lascia che Stilla sfoghi il pianto.
“Perdonami se chiedo”, dice sporgendosi. “È da un po’ che desidero farlo. Figli, non ne avete?”.
“No... Qui devo fare una digressione, Ermanno”, dice Stilla asciugandosi le lacrime. “In tutti questi discorsi, non ho detto la cosa più importante”.
Ermanno inghiotte.
“Prego”.
“Dunque… originariamente il mio nome non è Stilla, ma Stillo. Stillo Bruno. Sono nato maschio. Non sono una donna vera. O meglio, sono una donna vera, mi sono sempre sentita così. A 24 anni ho fatto l’operazione per cambiare sesso. Sono venuta a Brescia per avere una vita indipendente. A 30 anni ho trovato Achille, al quale ho detto la verità sin dall’inizio, ci siamo innamorati e ci siamo sposati. Adesso, dopo sette anni di matrimonio, viene fuori che non si sente realizzato se non può avere figli!”.
Ermanno è paralizzato.
“Non ci metterei la mano sul fuoco”, riprende dopo un minuto di silenzio, “temo ci sia una connessione tra i problemi coniugali e il colpo della strega. Sei stata brava, Stilla, in una seduta sei già arrivata alla radice del problema. L’inespresso senso di colpa per aver tradito tuo marito ha causato il fattore psicosomatico. Il corpo non ha resistito al dolore dell’anima e ha creduto bene manifestarlo. Sono convinto tu abbia acquisito una notevole maturità negli anni dell’adolescenza e giovinezza. La presa di consapevolezza del proprio orientamento sessuale e la decisione di cambiare sesso dimostrano un’eccezionale forza di carattere”.
“Sono stata fortunata, la famiglia ha compreso e mi ha aiutato. Sono debitrice soprattutto a mio fratello maggiore, che ha fatto da mediatore coi miei. È una persona eccezionale, è stato soldato, ha fatto una missione in Afghanistan nel 2001, ora è autista di pullman. Non mi ha abbandonato nemmeno quando ho deciso di fare l’operazione”.
“La prima cosa da fare, direi, è pensare al proprio benessere psicofisico. Il tuo malessere deriva dal senso di colpa che provi nei confronti di tuo marito. Sei sempre stata una persona aperta e schietta, soprattutto con te stessa, anche in un ambiente che può avere aspetti di idee retrograde, come può essere un paese di montagna. Sei sempre vissuta nella verità e nella luce. Ora, tacere al marito e persino alla migliore amica ciò che la tua coscienza considera una malefatta, in persone come te crea una sorta di cortocircuito. Da qui il colpo della strega. Come rimediare? Non penso la soluzione sia andare in fisioterapia. Non è il sollevamento pesi il problema. Piuttosto, cercherei di perseguire ciò che hai perseguito nella vita, la verità. Parla con tuo marito e confessagli la colpa, così dobbiamo chiamarla perché così la interpreta la tua coscienza. Apriti anche con la tua amica, racconta cos’è successo. Nelle prossime sedute potremo parlare di come sta andando, come reagisce tuo marito”.
“Sì, credo anch’io che dire la verità sia la cosa giusta. Temo, però, che il matrimonio sia giunto alla fine”.
Una lacrima scende dall’occhio di Stilla.
“Potrebbe essere… tieni presente che tuo marito è stato aperto con te. Forse è stato solo merito dell’alcool, ma in un modo o nell’altro almeno è riuscito ad aprirsi. Glielo devi”.

***

“Salve, Stilla!”. “Salve Ermanno! Come stai? Mi hai beccato proprio mentre stavo per uscire”. “Ah! Bene, è pronto?”. “Sì, lavato e pettinato”. “Come procede la vita da single, non so più niente della tua vita interiore da quando hai terminato le dieci sedute”. “Bene! Pensavo di avere più problemi con la solitudine, ma è meglio di quanto pensassi. Il lavoro e le amicizie fanno parecchio”. “Vedrai, col tempo riuscirai a trovare una persona che ti ama”. “Non so… nelle mie condizioni, incontrare un bravo ragazzo non è semplice”. “Alla chiesa di San Francesco, in ottobre, inizia una serie di incontri per single, con catechesi simili a corsi prematrimoniali. Non è detto che tu non possa incontrare qualcuno interessante proprio lì”. “Non so se è il mio ambiente ideale, Ermanno. Come sai, il mio rapporto con la fede è complesso, nonostante tu mi abbia regalato la Bibbia. Sto facendo passi da lumaca”. “L’importante, se ci tieni, è coltivare il rapporto con Gesù nella preghiera. È ciò che hanno insegnato anche a me sin dall’inizio. Lui penserà al resto”. “Vedremo!”. “Per il momento ti faccio i miei auguri e ti saluto”. “Sì, vado, anche perché fuori c’è Vicenta che mi aspetta. È venuta a prendermi”. “Ciao, Stilla”. “Ciao, Ermanno”.

“Papà, sei pronto? Il taxi è qui fuori”. Ermanno mette il braccio sotto il braccio di Pascasio. “Prendimi il berretto”. “Dov’è?”. “Sulla credenza”. “Aspetta qui, non cadere!”. Ermanno entra in camera del padre, prende il berretto e dà uno sguardo a una foto di Pascasio da giovane assieme alla madre. “Vi perdono!”, dice sottovoce. “Allora, brava Stilla, vero?”. “È la migliore! E che seno! Finalmente sei riuscito a trovare una vera donna italiana”.

16 commenti:

  1. Bel racconto. Finale grandioso!!!!

    RispondiElimina
  2. ci dovrebbero essere ospizi adatti a tutti i tipi di anziani.
    Per me qualcosa di avvincente, tipo orgette tutto il giorno ed accelerare la dipartita in un paio di mesi

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Secondo me negli ospizi succedono cose inimmaginabili. Vedere il film: ‘The internship’.

      Elimina
    2. io ho un ricordo a riguardo... Andammo a visitare uno di questi ospizi dove i miei pensavano di lasciare mia nonna, che iniziava ad avere alcuni problemi di Alzheimer... Avrò avuto qualcosa come 11-12 anni ed entrando in quel luogo mi venne una tristezza 😞 Poi comunque mia nonna non ce la portammo più e rimase con noi fino alla fine....❤️
      Ps....intanto mi segno le considerazioni sul capitolo 5 di Matteo, che è una lettura attuale a messa.... 👌

      Elimina
    3. Ciao Alex, siete stati fortunati a poter tenere tua nonna con voi. Per chi può naturalmente è la scelta migliore. D’altro canto non me la sento di demonizzare le case di riposo. Certo, dipende tutto dallo spirito con cui lo staff lavora. E dallo spirito con cui cui la affronta chi va a viverci. Se uno si sente costretto e in un luogo estraneo, per lui sarà un inferno. Così fu per mio padre. Ma se ci si va con lo spirito giusto, e di persone così ne ho conosciute, si può riuscire a trasformare un luogo infernale in un luogo piacevole. Malattie permettendo, perché anche quelle rendono la vecchiaia brutta. Buon ascolto del capitolo 5 di Matteo, le beatitudini sono sempre state una gran consolazione per me! Beati i poveri in spirito, besati gli afflitti, beati i miti, beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, beati i puri di cuore, ecc.

      Elimina
  3. Un tuffo nel grottesco in crescendo :-D

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non avevo pensato al grottesco... ora che mi ci fai pensare lo guardo con occhio diverso. È la realtà a essere grottesca, come dicono.

      Elimina
  4. In effetti ne accadono di tutti i colori.. ma forse neanche troppo grottesca la cosa.. certe realtà mi sa che sono ben più assurde..

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Per dirne una, fino a poco fa avevo un collega uomo che originariamente era una donna. Non chiedermi in cosa consiste l’operazione per cambiare sesso in questo caso.

      Elimina
  5. Bel racconto, il finale è il top...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Pensa che l’ho scoperto strada facendo...

      Elimina
  6. Dove vivo avevamo una bella realtà di volontariato: il covid l'ha irrimediabilmente compromessa e da allora non facciamo più attività. Credici o meno, ma ciò che più mi manca è la giornata con gli anziani della casa di riposo, quando venivano da noi a mangiare i ravioli. Struggente!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Che bello! Ma avrai sempre la possibilità di andare a trovarli, o no? Quand’ero frate andavo una volta a settimana a far volontariato coi disabili, ci divertivamo un sacco!

      Elimina
  7. le case di riposo sono piene di personale rumeno :)
    ciao

    RispondiElimina