A un altro livello

Vorrei fare ciò che ho fatto altre volte, e che per me è stato estremamente soddisfacente. Vorrei scrivere i pensieri così come mi vengono in mente.
So che non significa niente e che non vale niente.
Ma da un certo punto di vista sono più contento a scandagliare la mia mente e a vedere cosa cʼè dentro, che a provare a fare qualche sforzo di scrittura che potrebbe rivelarsi qualcosa di interessante da leggere per altri.

Dʼaltronde, ne ho fatta io stesso la prova.
Primo, ci sono momenti in cui non si riesce a consumare nulla. Si ha a disposizione tutto il meglio della letteratura: Bibbia, letteratura sacra e testi spirituali (Santa Teresa dʼAvila, San Giovanni della Croce, ecc.), Bernhard, Paolo Nori, Checov, tutto ciò che più si ama e da cui si trae il massimo piacere, inoltre lʼintero internet, le migliori testate giornalistiche in italiano e in inglese; si ha Youtube per guardare centinaia di video con contenuti interessantissimi… Ciononostante nulla soddisfa, in nulla si trova pace. (In tali momenti probabilmente la cosa migliore sarebbe mettersi a pregare, piuttosto che mettersi a scrivere come sto facendo ora io).
Secondo, in generale è buona la regola secondo cui è meglio produrre che consumare.

Non bisogna però dimenticare ciò che scriveva Seneca a Lucilio. Uno poʼ leggi, un poʼ scrivi.
Bisogna fare entrambe le cose.

Io in questo momento sento il bisogno di scrivere. Tra non molto andrò a dormire.

Anzi, tra pochi minuti sarà finito lo scaricamento di To Rome with love di Woody Allen. Credo che mi metterò a guardarlo e mi addormenterò con esso.
Spero sia abbastanza bello da indurmi a volerlo guardare fino alla fine.

Forse è proprio di commedia che ho bisogno. Le toracocentesi di Bernhard in questo momento non sono in grado di sopportarle. Le toracocentesi di Bernhard non sempre si è in grado di sopportarle.

Dʼaltronde anche la costante ricerca di qualcosa da scrivere che sia interessante per gli altri mi sembra una forzatura, qualcosa di cattivo. Come se per forza si cercasse un modo per imporre la lettura alle persone.
Bernhard sicuramente è implacabile. Bernhard ti costringe a leggerlo. Bernhard ti impone il suo genio assoluto. È unʼipnosi. Una catalessi. Un dolore leggere parola dopo parola, eppure non si può farne a meno.
Bisogna essere rigorosi e implacabili con se stessi e col proprio intelletto, questo è qualcosa che direbbe lui. La violenza che fa su se stesso si trasmette anche ai lettori mediante le sue opere.

Checov invece non trasmette questa implacabilità, questa acerrimità che ha Bernhard. Da Checov traspare più un anima bonaria. Non so se è un artificio letterario o se è proprio la sua anima a essere bonaria. Sta di fatto che i suoi scritti sono più riposanti. Si sente una persona che ama la vita, e che vuole trasmettere impressioni, idee, cose che a lui paiono belle. O perlomeno cose che gli paiono degne di essere trasmesse.
È una letteratura completamente diversa quella di Checov rispetto a quella di Bernhard.

Forse perché Checov non cercava di fare soldi coi suoi scritti, dato che già era dottore.

Forse le grandi forzature, le grandi imposizioni si hanno quando si cerca di fare soldi coi propri lavori letterari.
Quando guardo Larry David o Woody Allen, o le sitcom, rido perché sono commedie ben congeniate, grazie a grandissimi sforzi dellʼintelletto, proprio per far ridere. Ma mentre rido non mi è trasmessa la bonarietà alla Checov.
La bonarietà alla Checov è impagabile. E questo perché Checov non scriveva per guadagnare soldi.
Nei commedianti Larry David e Woody Allen ci sono ricchi ingegnosi che hanno scoperto il trucco di come si mette insieme commedia che funziona. Ma quello che di loro traspare è lʼintelletto. Tutto cerebralità. Lo sforzo cerebrale che hanno fatto per creare qualcosa che funzionasse e che pertanto potesse essere venduto.
Leggendo Checov cʼè un passaggio di livello. Cʼè un uomo che non ha bisogno di venderti nulla, ma che scrive per il proprio puro piacere.

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