Bellezza temporale, ovvero contro la struttura

Gli altri compositori, come Schubert o Beethoven, sono particolarmente bravi in alcune forme musicali. Mozart è lʼunico che è bravo in tutto. La sua concezione della musica lo porta a rendere interessante qualsiasi nota. Gli altri non sono così. Una sonata di Schubert o Beethoven può essere noiosissima a tratti, anzi può avere punti davvero brutti. Musicali, certo. Ma brutti dal punto di vista estetico. Perché? Perché erano schiavi di una struttura, di unʼidea musicale. Il rigore che applicavano alle loro opere era lo stesso di Dante che impone la stessa forma a tutti i versi. Ma la bellezza dove sta? La bellezza non sta in queste cose. Mozart è lʼartista puro perché qualsiasi cosa gli dai in mano lui la usa per produrre bellezza. Poteva essere un pezzo di fango. Agli altri compositori invece importa essere musicisti, importa fare musica. Importa esibire le loro idee musicali. Di idee musicali ce ne sono a bizzeffe. Basta combinare le note tra loro. Ma tali combinazioni sono belle? A Mozart non importava la musica, a Mozart importava la bellezza. Gli è capitato in sorte di padroneggiare come mezzo dʼespressione la musica, per cui ha usato quella tutta la vita. Ma Mozart per tutta la vita non ha fatto altro che usare la musica per creare bellezza. Cosa che altri compositori non hanno fatto. Hanno composto. Hanno messo assieme note in tutte le combinazioni possibili e immaginabili. Hanno creato grandi strutture.
Ma talvolta obbedire a una struttura non è significato di bellezza. Mozart è lʼunico che creava bellezza mettendo le cose una dopo lʼaltra. Quando usi una forma dʼarte che si dispiega nel tempo, non puoi imporre una struttura. Devi, piuttosto, usare la risposta di Haydn alla domanda: “Perché dopo questo, avete messo questo?”. “Perché ci stava bene”. Altro che struttura. Se imponi una struttura dallʼalto rovini tutto. La struttura puoi imporla nelle opere che si colgono interamente nel medesimo istante, come la pittura. Lì si che conta la struttura. Simmetrie e cose varie. Ma queste cose non contano in musica. Il piacere musicale è momentaneo e consecutivo. A ogni singolo pezzo bisogna vedere qual è il pezzo migliore da mettergli dopo.
Anche un romanzo va scritto così. Consecutivamente. Non bisogna pensare troppo in termini di scene, e poi muoverle a piacimento. Bisogna vedere cosa sta bene allʼinizio. Ad esempio, qual è la frase migliore per iniziare? Qual è il capitolo migliore per iniziare? Una volta che uno ha finito di leggere la prima frase, o il primo capitolo, cosa deve trovare? Cosa ci sta bene dopo?

Gerarchia tra forme artistiche

A me del musical non me ne può fregare di meno. Senza offesa. Non è il genere musical che mi piace. The producers mi piace perché è The producers, non perché è un musical. Il teatro mi piace. La recitazione. Vedere gli attori recitare. Poi mi piace anche vederli ballare e cantare. Nel senso, prendiamo attori come Nathan Lane, Matthew Broderick o Uma Thurman. Già sono attori bravi. In più te li vedi a cantare e ballare, e a farlo benissimo. Eccezionale! Una cosa così la guardo stra volentieri. Però se devo scegliere, non è il musical in sé come genere che mi piace. Ritengo che il teatro senza canto né ballo sia un genere più alto del musical. Lʼessenza del teatro è lʼemozione poetica, come dice T. S. Eliot, ossia ciò che si genera dal conflitto tra personaggi. I personaggi, come le persone nella realtà, sono inevitabilmente diversi. Hanno obiettivi diversi nella vita, vogliono cose diverse, si comportano in modi diversi e mettono in atto modi diversi per ottenere i loro obiettivi. Da ciò nascono inevitabilmente conflitti. I conflitti sono lʼessenza della drammaturgia. I conflitti sono il dramma. In unʼopera teatrale lʼessenza è il conflitto. Personaggi, ciascuno con la propria volontà, che vogliono cose diverse e che si incontrano. Nellʼincontro tra uno che va verso destra e uno che va verso sinistra cʼè per forza uno scontro. A meno che uno dei due non è disposto a cedere il passo e a far passare lʼaltro. Ma questa non è altro che una possibile risoluzione del conflitto, non è il conflitto stesso. Il conflitto si è già verificato quando i due si sono incontrati. Ogni conflitto è un movimento in avanti dellʼazione drammaturgica. Uno vuole compiere unʼazione, ma è impedito perché incontra il movimento di un altro il quale, anchʼesso, vuole compiere unʼazione. Questa è lʼessenza del dramma. Azioni e parole. Lʼaggiunta della musica e del ballo non è altro che manierismo, così come, io penso, lʼaggiunta del modo di parlare stra poetico in Shakespeare. Sono tutti abbellimenti, estetismi. Ma ciò che conta è il dramma, il dramma è lʼossatura. Personaggi, volontà, conflitti. Questa è la base dellʼesperienza umana e questo è sufficiente per creare un dramma interessante. Chiaramente sono sbalordito quando vedo attori già bravi, dal punto di vista dellʼespressione delle emozioni e dellʼinterpretazione di un personaggio, come Nathan Lane, Matthew Broderick e Uma Thurman mettersi anche a cantare e a ballare. Ma guardo queste cose come guardo qualcosa di straordinario, come guardo un fatto eccezionale, come guardo un video viral su internet. Ciò che cerco nella drammaturgia, però, non è questa eccezionalità, bensì il famoso ‘buco della serraturaʼ, la possibilità di contemplare la vita. La vita così comʼè è sufficientemente interessante. Non cʼè bisogno del fatto straordinario. Dio contempla ogni giorno, anzi ogni secondo, ogni istante la vita così comʼè e salta di gioia in questa semplice, elementare contemplazione. Dio ha creato la vita, Dio stesso è la vita ed è contento che sia comʼè. La vita è perfetta comʼè. Dio lʼha creata tale e non può volerci aggiungere nulla. Se volesse lo farebbe. Ma il fatto è che ha già completato lʼopera al principio, e lʼha completata per lʼeternità. Quindi la vita è già perfetta così comʼè. Dio gode nel contemplarla. Perché non dovremmo godere anche noi nel contemplare la semplice vita? Cosa cʼè di meglio che essere Dio? E se non si è Dio, cosa cʼè di meglio che essere come Dio? E come si fa a essere il più possibile come Dio se non si hanno gli stessi sentimenti di Dio? Probabilmente, se davvero si volesse essere come Dio, non bisognerebbe nemmeno creare opere drammaturgiche, le quali sono imitazioni della vita. Dio si diletta della contemplazione della vita in sé, e così dovremmo fare noi. Non dovremmo stare a creare imitazioni. Ma diciamo che se ammettiamo come gioco la creazione di qualche piccola imitazione, almeno non dovremmo caricarla di estetismi e abbellimenti. Le cose inutili diminuiscono la bellezza di unʼopera. La bellezza equivale allʼutilità. Più cose inutili aggiungiamo, più diminuiamo la bellezza di unʼopera. Perciò preferisco il teatro nudo. Non è detto che non può esserci una canzone, ma solo nel caso in cui la canzone è funzionale allo svolgimento della narrazione. Ciò non significa che i personaggi devono cantare come se parlassero, e cantare al posto di parlare. Questo è un abbellimento inutile. Lo stesso vale per il ballo. Un personaggio può fare un ballo a un certo punto. Non è detto che un momento di ballo non possa essere funzionale allo svolgimento della storia. Ma creare un mondo in cui i personaggi ballano sempre al posto di muoversi normalmente, come se ciò fosse la normalità, è un abbellimento inutile. Ciò che conta, ripeto, in unʼopera drammaturgica è il conflitto tra i personaggi. Ecco le ragioni del perché non sono un tipo da musical, e del perché non mi piace il genere musical in sé. Ma se guardo The producers è perché mi piace la storia e mi piacciono gli attori. Ciò significa che mi piace vedere gli attori che riescono a dare vita ai personaggi inventati dallo scrittore, mi piace vederli interagire tra loro ed esprimere le emozioni necessarie alla scena con creatività, cioè trovarle ed esprimerle. Questo è tutto ciò che chiedo dalla messa in scena di unʼopera drammaturgica. Potrei anche lasciar perdere la messa in scena e leggermi lʼopera sulla carta, usando la mia immaginazione per creare la messa in scena nella mia mente. Per dire che già una messa in scena essenziale può essere considerata unʼinutilità, un abbellimento, qualcosa in più. Unʼopera scritta vive nellʼimmaginazione dello scrittore e può essere trasferita e cominciare a vivere – sebbene in modo leggermente diverso – nellʼimmaginazione di un altra persona attraverso la lettura. Una messa in scena, se vogliamo, è un ostacolo a questo trasferimento. Una messa in scena è già una versione della storia, che impedisce, limita chi fruisce la storia nel crearsi la propria versione. La vera fruizione sarebbe leggere lʼopera sulla carta, come è scritta, e crearsi la propria versione nella mente. Già la messa in scena diminuisce, limita la possibilità di un lettore di crearsi la propria versione pura nella mente. Quindi, figuriamoci, se questo è ciò che cerco, ossia la forma più semplice e pura di contemplazione della vita attraverso la più semplice forma di imitazione, quanto può interessarmi il musical, che ha ancora vari livelli di abellimento aggiuntivi? Per creare la perfezione e la bellezza bisogna togliere, non aggiungere. La gioia di vedere gente che balla e canta, o che è vestita in modo appariscente in scenari strani per me è molto minore rispetto alla gioia di contemplare la vita semplicemente, comʼè. E se non posso fare questo, cioè come lo fa Dio, almeno lʼimitazione che contemplo sia il più possibile vicina e simile allʼoriginale. Credo si sia capito che non è il musical che mi interessa, ma la drammaturgia. E se guardo The producers, è perché mi piace la storia e mi piace come la interpretano Nathan Lane, Matthew Broderick e Uma Thurman piuttosto che gli attori che hanno lʼhanno interpretata nella prima versione filmata. Non è che ho voglia di guardarmi un musical e allora scelgo The producers piuttosto che unʼaltro titolo pur di guardarmi un musical perché voglio vedere gente che canta e balla. È proprio che mi piace quella storia e mi piacciono quegli attori. Così come mi piace Will Ferrel nella parte dello scrittore nazista.

2nd Book of Kings (chs. 1-3), “Thou shalt not have no other gods before me”

I like the expression: “Isn’t there a God in Israel, that you go and consult Baal-Zebub, god of Ekron?”. I like how this phrase is formed. And I like how it is repeated three times.
Phrases in the Bible have the quality of being bones. They always wear the most essential forms phrases of the human language can wear. There are no fineries, no baroque, no ornament, no strange turns or formulations. Always the bones of what can be expressed through the human language.
And yet, this is no generative grammar. Elijahʼs phrase is very poetic, in that it uses a very creative form. Itʼs still a bare bones form, but it is also a poetic form.
A very good way to use the language, that is the material made of words that God gave us in order to express ourselves.

Elijahʼs raising to the sky without dying is a biblical precedent to Maryʼs Assumption. Though, a problem surely is that theologians call Maryʼs Assumption unique, in that Mary is unique. There are other unique people in the Bible. St. John the Baptist is the greatest of the prophets, and yet he is another Elijah.
How do we deal with such problems? Iʼd say that it can be said that as Jesusʼ advent is new and unique, this makes Mary and all that happened to her unique, too. This doesnʼt deny that other unique people of the Bible might have gone through another form of Assumption, different and lower than Maryʼs, ok, but not less real.

Elijah and Elisha dividing the waters and walking on dry land are a clear reprisal of what Moses did. This makes it more than just a deed, it makes it a theme, and advises to look for hidden, universal meaning behind it.

I think that this passage is a bit of comedy in the Bible:
And they said unto him, “Behold now, there are with thy servants fifty strong men. Let them go, we pray thee, and seek thy master, lest perhaps the Spirit of the Lord hath taken him up and cast him upon some mountain or into some valley.” And he said, “Ye shall not send.” And when they urged him till he was ashamed, he said, “Send.” They sent therefore fifty men, and they sought three days but found him not. And when they came again to him (for he tarried at Jericho), he said unto them, “Did I not say unto you, ‘Go not’?” (2, 16-18)
 How else could one explain it?

It is pretty painful to see how a man who is something in the eyes of God can be harsh with a man who is nothing in the eyes of God. That, I think, is how Jesus treated demons, and that is also how I feel I am treated sometimes by righeout men:
And Elisha said, “As the Lord of hosts liveth, before whom I stand, surely, were it not that I regard the presence of Jehoshaphat the king of Judah, I would not look toward thee, nor see thee. (3, 14)
The next passage is very controversial. Human sacrifice, child sacrifice, your own son sacrifice. All this sounds very bad, but the passage seems to underline that there is at least one god, to whom this king has sacrificed, who takes this sacrifice as legit and takes it into great consideration, as it gives the sacrificer the power to push away an entire army that was winning:
Then he took his eldest son who should have reigned in his stead, and offered him as a burnt offering upon the wall. And there was great indignation against Israel. And they departed from him, and returned to their own land. (3, 27)

Creazione del personaggio

Leggendo un articolo su Aleteia a proposito dell’abilità di Jane Austen nel creare personaggi, mi è tornato in mente che in me l’idea dell’importanza della creazione dei personaggi, anzi della fondamentalità che nella creazione di una storia il lavoro preliminare sia fatto sui personaggi, si è formata grazie a Friends. È grazie a Friends che ho capito che se crei buoni personaggi, e per buoni intendo realistici, sono loro stessi a costruire la storia.
Basta costruirli e metterli uno accanto all’altro. Loro fanno il resto.

Funny

Fun dwells into the happiness of realising there is no guilt: the person couldn’t help but make that mistake.

L'antagonista cattivo cerca il tesoro per sé, il protagonista buono cerca il tesoro per gli altri

The Goonies.

Inciting incident.
I ragazzi trovano la mappa che porta al tesoro di One-eyed-Willie.
Su consiglio di uno di loro, decidono di andare a cercarla per salvare il loro quartiere che sta per chiudere.

Leggendolo ho pensato: “Questa è un’idea che rende interessante il film, alla quale io non avrei mai pensato”.

La logica, anche in generale per storie di questo genere, vuole che, se trovi la mappa del tesoro, automaticamente vai a cercare il tesoro.

Invece in questo caso i ragazzi hanno un motivo, una ragione, e per di più una buona ragione, una ragione umanitaria e positiva.
Andare a cercare il tesoro non per sé, ma per qualcun altro.

È una cosa che secondo me rende la storia sin dall’inizio particolare, la differenzia dalle altre di questo tipo e la rende interessante, la rende ciò che è, cioè il gran film che è The Goonies. Un film con una grande e positiva vibe.

Ora che ci penso, forse ho capito come può essere venuta in mente agli autori l’idea di dare questo motivo ai Goonies per andare in cerca del tesoro. Per differenziarli dai loro avversari, cioè la banda di fratelli capeggiata dalla madre.
Nel caso della banda, loro sì che sono il classico personaggio che va in cerca del tesoro di One-eyed-Willie per se stesso, per diventare ricco, per il semplice fatto che quando trovi una mappa del tesoro, vai in cerca del tesoro.
Probabilmente, nel momento della creazione del film, gli autori hanno pensato che occorreva dare una forte impronta di differenziazione al gruppo dei Goonies, cioè ai protagonisti, rispetto agli antagonisti.
I due gruppi non potevano, quindi, cercare il tesoro per la stessa ragione.

Impressionismo e avanguardie



Il quadro più bello della mostra.



Quadri della Cassat. Talento, amore per l’Impressionismo, ma americanità (volto).


Pissarro. I committenti di molti impressionisti erano americani!

Sisley. Gli togli le mega cornici e sono i quadri che trovi alle bancarelle domenicali. 

Renoir ha la delicatezza (armonia dei colori) di Monet.

Manet: il genio puro che se ne frega della bellezza classica e mette in scena il gesto estetico, quella cosa... c’è una sola cosa, geniale, nei suoi quadri (ad es. forma della vela con linea che continua).

Pissarro trascurabile, solo quando ha cavalcato il vento degli Impressionisti ha fatto opere vendibili agli amanti del genere, della tecnica e della novità.

Quello del ponte è uno dei peggiori di Monet. L’espediente del riflesso... pfuà!

Io e Cezanne non andiamo molto d’accordo... Il quadro con gli spazi senza pittura... Il ritratto di madame Cezanne... Non è roba per me.

Manet. Ritratto di Isabelle Lemonnier. Impressione generale buona, volto con scollatura bellissimo, mani orribili, tanto che sembrano fatte apposta così.

Impressionismo. I ritratti decisamente no, lasciano a desiderare. Il campo dell’Impressionismo è il paesaggio.

Renoir, Ragazza con gorgiera: sì. Eccezionale il colore melograno. Da museo, però, non da casa.


Renoir, Donna che fa il merletto, fantastico. Qualsiasi cosa faccia, Renoir ha il tocco.

Natura morta con margherite, il miglior Van Gogh. Finalmente un quadro in cui non si vede la pazzia.


Gauguin is cute. Non c’è grandezza. Fa del vangoghismo al massimo per stupire.

Utrillo, Montmartre, bello. Ma la cornice non c'entra niente.

Rodin dovrebbe piacermi ma il culturista non mi dice niente. Se non un’abilità nel maneggiare la materia. Ma esteticamente? Fatta a 60 anni.

Cezanne, Le Quartier du Four mi piace. Stranamente.

Dufy, Finestra sulla Promenade des Anglais fa venire in mente il film: Il gatto (To catch a thief) con Cary Grant. È un quadro che non vorrei mai troppo vicino a me, figuriamoci in casa.


Bonnard, Omaggio a Maillol. Lovely, peccato per la statua.


Laurencine, Ninfa e cerva. I loooove this. Beautiful. Peccato il tema pagano. Il rosa e il verde: brava.


Matisse, vale la stessa cosa di Gauguin. No grandezza.

Kandinski: no words. Le semplici forme geometriche e i semplici colori sono il più puro piacere per la vista. È come una sinfonia, più lo guardi più ti dà.


Grisoni, Lampada. I don’t dislike it. But...

In una sala piena di urtanti e superbi Picasso, ah, il nostro caro Renoir!

Il bacio di Branchi è assai bello. Bravo!

Uomo col violino è un Picasso che mi piace, che posso tollerare.

Kandinski, Composizione VII, buono da appendere in casa.

Shadow

[May] a full reward be given you by the Lord, the God of Israel, under whose wings you have come to take refuge (Ruth 2:12)


A tall or big person casts a shadow.

What kind of shadow must then st. John the Baptist cast, if: "Verily I say unto you, Among them that are born of women there hath not arisen a greater than John the Baptist"? (Matth. 11, 11)

Beware if you are one of those who are of the greats of the world!

Have you got many virtues?
Can you accomplish a lot of things?
Did you accomplish a lot of things?
Are you strong?
Are you intelligent?
Are you courageus?
Are you righteous?

Don’t you know that God is close to the small, the poor, the weak?
Rejoice in your weaknesses, says st. Paul, because it’s when you are weak that you are strong.
Where does this strength come from? Obviously from God.

Does the strong need God to give him strength?
Does the rich need God to give him food?

Because the small are more advanced, in the kingdom of God, than the great.

And if you are great, what do you use your greatness for?
Do you give it all to God, like st. John the Baptist? Yes, he put his powers in the hands of God. Thatʼs the only way someone great like him can enter the kingdom of the Skies.

Maybe you were made great. It’s not your fault. You were given all those talents.
You have to use them. Jesus sais so.
You had the chance to develop them, too. Well, good for you.

But be careful.
Shadows shed cold. And what you want is warm your peers. Not freeze them.

What does Jesus do? Isnʼt he like the sun? Doesnʼt he light and warm people?

What are you going to do with your greatness? Are you going to use it to cast a shadow over the smaller ones, so that they freeze and die?

Or are you doing what God does?

Are you using your greatness to cover others, to protect them, like a chicken mother with its chicks? Are you going to use your wings to protect the small?

Or are you going to use your abilities to keep the small down and never let them move?

Can the small find shelter in your shadow, or would they be frozen to death?

What do you use your greatness for? To prevail over others and gain an always more advanced position in society, or to support the small giving away pieces of your greatness if necessary?

God gave you that greatness, that talent, like a deposit. Itʼs not for you to enjoy it and have fun with it. Itʼs something you are borrowing.
When the small – Godʼs small – are in need, how does God provide for them?

Always through a miracle? Not always.
Sometimes he just puts someone great and big and strong and rich to the smallʼs side. Thatʼs how he uses that deposit that he lent in the first place.

If you are great, you are always called to giving.
Those who received more, will be asked more.

La Medaglia Miracolosa

La Medaglia Miracolosa ha origine nelle apparizioni mariane della Cappella di Rue du Bac a Parigi.

Sabato 27 novembre 1830 la Vergine Immacolata appare a Santa Caterina Labouré, delle Figlie della Carità, e le affida la missione di far coniare una medaglia della quale mostra il modello.

“Fai coniare una medaglia in base a questo modello”, dice la Vergine. “Coloro che la indosseranno con fede riceveranno grandi grazie, soprattutto quelli che la porteranno al collo”.

La Medaglia ha subito una diffusione prodigiosa. Numerose grazie di conversione, protezione e guarigione sono ottenute.

Di fronte a questi fatti straordinari, l’Arcivescovo di Parigi, monsignor Quelen, ordina un’inchiesta ufficiale sulle origini e sugli effetti della Medaglia di Rue du Bac. Il risultato è il seguente: “La rapidità straordinaria con cui questa medaglia si è diffusa, il numero prodigioso di medaglie coniate e distribuite, gli eccezionali benefici e le grazie singolari che la fiducia dei fedeli ha ottenuto sembrano davvero i segni attraverso cui il Cielo ha voluto confermare la realtà delle apparizioni, la verità del racconto della veggente e la diffusione della medaglia”.

Anche a Roma, nel 1846, in seguito alla repentina conversione dell’ebreo Alfonso Ratisbonne, papa Gregorio XVI conferma con la sua autorità le conclusioni dell’Arcivescovo di Parigi.

Se, dunque, amate la Vergine e avete fiducia nella sua potente intercessione portate sempre su di voi la Medaglia per godere della protezione della Vergine Immacolata e dite ogni giorno l’invocazione impressa sulla Medaglia: “O Maria, concepita senza peccato, pregate per noi, che ricorriamo a voi”.