L’episodio di Anania e Saffira

Un uomo di nome Anania con la moglie Saffira vendette un suo podere e, tenuta per sé una parte dell'importo d'accordo con la moglie, consegnò l’altra parte deponendola ai piedi degli apostoli. Ma Pietro gli disse: «Anania, perché mai satana si è così impossessato del tuo cuore che tu hai mentito allo Spirito Santo e ti sei trattenuto parte del prezzo del terreno? Prima di venderlo, non era forse tua proprietà e, anche venduto, il ricavato non era sempre a tua disposizione? Perché hai pensato in cuor tuo a quest’azione? Tu non hai mentito agli uomini, ma a Dio». All’udire queste parole, Anania cadde a terra e spirò. E un timore grande prese tutti quelli che ascoltavano. Si alzarono allora i più giovani e, avvoltolo in un lenzuolo, lo portarono fuori e lo seppellirono. Avvenne poi che, circa tre ore più tardi, entrò anche sua moglie, ignara dell’accaduto. Pietro le chiese: «Dimmi: avete venduto il campo a tal prezzo?». Ed essa: «Sì, a tanto». Allora Pietro le disse: «Perché vi siete accordati per tentare lo Spirito del Signore? Ecco qui alla porta i passi di coloro che hanno seppellito tuo marito e porteranno via anche te». D’improvviso cadde ai piedi di Pietro e spirò. Quando i giovani entrarono, la trovarono morta e, portatala fuori, la seppellirono accanto a suo marito. E un grande timore si diffuse in tutta la Chiesa e in quanti venivano a sapere queste cose. (At 5, 1-11)

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Direi che il peccato della coppia è aver “mentito allo Spirito Santo”’ e “tentato lo Spirito del Signore”. Potevano conservare i propri beni e far parte ugualmente della Chiesa facendosi battezzare. Nessuno gli avrebbe detto niente. Ma dire: “Do una parte, e l’altra, di nascosto, me la tengo” è un affronto alla verità e a tutti coloro che in quel tempo mettevano realmente ai piedi degli apostoli i loro beni. È così che hanno vissuto Gesù e gli apostoli negli anni in cui hanno vissuto insieme. Perlopiù vivevano di elemosina, ma per quanto riguarda il poco che avevano, Giuda teneva la cassa, che serviva anche per fare le elemosine.

Personalmente sono d’accordo col mettere le risorse in comune. La Chiesa dovrebbe essere così anche oggi, ed è ciò che cerca di fare, spesso un po’ troppo malamente. La vita consacrata è così. Il voto di povertà afferma che non si ha nulla di proprio, ma tutto ciò che si ha, o si guadagna, va alla comunità.

C’è anche il sarcastico dialogo del film The mission tra il cardinale che va in visita e un missionario.

– And how was it distributed?
– It is shared among them equally. This is a community.
– Yes, there is a French radical group that teaches that doctrine.
– Your Eminence, it was the doctrine of the early Christians

All’inizio della Chiesa, quando questa era ancora piccola e grandi quantità di Spirito Santo albergavano in ciascuno, soprattutto negli apostoli, Pietro in testa (oggi, essendo più estesa, ciascuno ha meno Spirito Santo, diciamo quanto basta per tirare avanti, non per compiere miracoli), fare uno sgarro alla Chiesa nascente è evidentemente stato considerato da Dio un grave peccato, punito con la morte. Pietro qui è solo un tramite. In quei primi tempi, come si legge anche altrove negli Atti, agli apostoli erano accompagnati ovunque da segni e prodigi, che Dio operava per confermare il loro annuncio.

Certo, la morte è una punizione grave. Ma va letta soprattutto alla luce delle frasi seguenti: “E un timore grande prese tutti quelli che ascoltavano”, “E un grande timore si diffuse in tutta lal Chiesa e in quanti venivano a sapere queste cose”. Dio ha grande passione per la propria gloria. Vuol’essere conosciuto e vuole che si conosca la sua potenza, perché vuole condurre il più grande possibile numero di uomini a sé in modo che si salvino. Considera questo passo del cap. 36 del profeta Geremia: “Così dice il Signore Dio: Io agisco non per riguardo a voi, gente d'Israele, ma per amore del mio nome santo”.

Anche Israele, nella storia è stato solo un tramite. Dio ha usato un piccolo popolo per iniziare a manifestarsi, ma il suo obiettivo sono tutte le genti. Mi autocito, in un mio post che s’intitola Precedenze cerco di argomentare che la scelta del popolo di Israele non è tanto una predilezione quanto una precedenza.
Dio non nega le leggi fisiche che lui stesso ha creato. Se vuole distribuire qualcosa, lo mette nelle mani di qualcuno e si aspetta che quel qualcuno faccia il lavoro logistico della distribuzione. L’ideale di Dio è naturalmente la distruibuzione equa, ponderata (a ciascuno ciò di cui ha bisogno), delle risorse.

San Paolo e le donne

Come in tutte le comunità dei fedeli, le donne nelle assemblee tacciano perché non è loro permesso parlare; stiano invece sottomesse, come dice anche la legge. Se vogliono imparare qualche cosa, interroghino a casa i loro mariti, perché è sconveniente per una donna parlare in assemblea. (1Cor 14, 34-35)

Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa, lui che è il salvatore del suo corpo. E come la Chiesa sta sottomessa a Cristo, così anche le mogli siano soggette ai loro mariti in tutto. E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei... (Ef 5, 22-25)

Quanto poi alle cose di cui mi avete scritto, è cosa buona per l’uomo non toccare donna; tuttavia, per il pericolo dell'incontinenza, ciascuno abbia la propria moglie e ogni donna il proprio marito. Il marito compia il suo dovere verso la moglie; ugualmente anche la moglie verso il marito. La moglie non è arbitra del proprio corpo, ma lo è il marito; allo stesso modo anche il marito non è arbitro del proprio corpo, ma lo è la moglie. Non astenetevi tra voi se non di comune accordo e temporaneamente, per dedicarvi alla preghiera, e poi ritornate a stare insieme, perché satana non vi tenti nei momenti di passione. Questo però vi dico per concessione, non per comando. Vorrei che tutti fossero come me; ma ciascuno ha il proprio dono da Dio, chi in un modo, chi in un altro. Ai non sposati e alle vedove dico: è cosa buona per loro rimanere come sono io; ma se non sanno vivere in continenza, si sposino; è meglio sposarsi che ardere. Agli sposati poi ordino, non io, ma il Signore: la moglie non si separi dal marito – e qualora si separi, rimanga senza sposarsi o si riconcili con il marito – e il marito non ripudi la moglie. (1Cor 7, 1-11)

La donna impari in silenzio, con tutta sottomissione. Non concedo a nessuna donna di insegnare, né di dettare legge all’uomo; piuttosto se ne stia in atteggiamento tranquillo. Perché prima è stato formato Adamo e poi Eva; e non fu Adamo ad essere ingannato, ma fu la donna che, ingannata, si rese colpevole di trasgressione. Essa potrà essere salvata partorendo figli, a condizione di perseverare nella fede, nella carità e nella santificazione, con modestia. (1Tim 2, 11-15)

Voglio però che sappiate che di ogni uomo il capo è Cristo, e capo della donna è l’uomo, e capo di Cristo è Dio. Ogni uomo che prega o profetizza con il capo coperto, manca di riguardo al proprio capo. Ma ogni donna che prega o profetizza senza velo sul capo, manca di riguardo al proprio capo, poiché è lo stesso che se fosse rasata. Se dunque una donna non vuol mettersi il velo, si tagli anche i capelli! Ma se è vergogna per una donna tagliarsi i capelli o radersi, allora si copra. L’uomo non deve coprirsi il capo, poiché egli è immagine e gloria di Dio; la donna invece è gloria dell’uomo. E infatti non l’uomo deriva dalla donna, ma la donna dall’uomo; né l'uomo fu creato per la donna, ma la donna per l’uomo. Per questo la donna deve portare sul capo un segno della sua dipendenza a motivo degli angeli. (1Cor 11, 3-10)

Voi, mogli, state sottomesse ai mariti, come si conviene nel Signore. (Col 3, 18)

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Non mi ero ancora accostato alla questione. La prima cosa che mi viene da dire è che la Sacra Scrittura è Parola di Dio, quindi dico subito che prendo queste parole per buone in quanto divina rivelazione.
San Paolo è un fondatore di comunità e dunque un legislatore. Ciò che Mosè è per l’Antico Testamento, San Paolo è per il nuovo. Le due figure sono assimilabili anche per la vita lunga e avventurosa. Dio li ha fatti passare attraverso numerose prove. La loro chiamata è inoltre frutto di una rivelazione. A Mosè Dio ha parlato dal roveto ardente, a San Paolo Gesù si è rivelato sulla strada di Damasco. Mosè era esperto nella filosofia e teologia, seppur politeistica, dell’antico Egitto; San Paolo lo era in quella dei greci, e sappiamo quanto simili siano queste culture, con miti e dèi sovrapponibili, ecc.

L’accostamento di San Paolo a Mosè non lo faccio a caso. Gli scritti di San Paolo, che aveva la responsabilità di regolare comunità appena fondate, anche a distanza poiché era sempre in viaggio (da qui le lettere), sono il tentativo di aggiornare la legge mosaica e di adattarla, conservandone solo una parte, a coloro che credevano in Gesù e al suo messaggio. Gesù dice: “Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli” (Mt 5, 17-19).

San Giacomo il maggiore, apostolo e primo vescovo di Gerusalemme, come si legge negli Atti degli Apostoli, dopo il primo concilio tenuto tra gli apostoli, dice che hanno deliberato di non imporre la legge mosaica ai pagani convertiti: “Per questo io ritengo che non si debba importunare quelli che si convertono a Dio tra i pagani, ma solo si ordini loro di astenersi dalle sozzure degli idoli, dalla impudicizia, dagli animali soffocati e dal sangue. Mosè infatti, fin dai tempi antichi, ha chi lo predica in ogni città, poiché viene letto ogni sabato nelle sinagoghe” (At 15, 19-21).

Per quanto riguarda il primato dell’uomo sulla donna, lo chiamerei una priorità creaturale. Come si legge nella prima lettera a Timoteo, Adamo è stato creato prima di Eva. Faccio come gli accademici e cito me stesso. Ho scritto un post intitolato: “Le ragioni della cecità” in cui parlo dell’importanza dell’ordine creaturale, ossia della gerarchia delle cose create. Prima c’è Dio (in Fedro si legge che tutte le cose devono avere un principio, ma il principio non ha principio, altrimenti non sarebbe il principio, perciò il principio non ha inizio, e non ha nemmeno fine altrimenti tutte le cose che sono cesserebbero). Poi, come si legge in Repubblica, ci sono le cose “generate e non create” (per citare il Credo cattolico), ossia le cose invisibili, le idee, delle quali ne esiste una per ogni specie e sono coglibili dall’intelletto; e poi le cose visibili, in cui si incarnano le invisibili, che sono molteplici e percepibili dai sensi. E così via. In ‘Repubblica’ tra la fine del libro VI e l’inizio del VII (mito della caverna) è delineata una divisione in quattro, a scendere, delle cose create. Una versione semplificata è il Cantico di Daniele (Dn 3, 57-88), che ho messo nel post.

Va tenuto inoltre conto che Dio è un uomo, non una donna. Il Figlio, la seconda persona della Trinità, è unigenito, ossia generato senza accoppiamento, ma da un impulso del Padre che ha fatto tutto da solo.

Volendo, si può dire che la più perfetta di tutte le creature, in quanto creatura più vicina a Cristo è una donna, Maria. Maria è più grande del sole, della luna e di qualsiasi altra creatura, persino dell’universo preso nel suo insieme (questa è la dignità data all’uomo nell’antropologia cristiana). Ma Maria resta pur sempre creatura. Un padre della Chiesa la chiamava “complementum sanctissimae Trinitatis”, non a caso dopo la Resurrezione e Ascensione al cielo di Gesù e dopo la sua stessa Assunzione, è stata da Dio stesso incoronata Regina del cielo e della terra, di tutti gli angeli e di tutti i santi (“Quando risusciteranno dai morti, infatti, non prenderanno moglie né marito, ma saranno come angeli nei cieli”, Mc 12, 25). La gloria e la dignità di Maria secondo me sono già un argomento sufficiente a confutare chi taccia il Cristianesimo di essere misogino.

Ad ogni modo, tornando a San Paolo, penso che si basi semplicemente sull’ordine creaturale. In tal modo la donna assume un ruolo secondario e minore. È stata creata per seconda, Dio ha voluto così. Se una donna ha fede in ciò che dice la Bibbia, prenderà per buono anche ciò che ne consegue, cioè le regole pratiche stabilite da San Paolo, come coprirsi il capo per pregare come segno di minorità, e le altre cose, l’obbedienza al marito, ecc.

Il mistero del rapporto tra Cristo e Chiesa da un lato e tra marito e moglie dall’altro invece è un bellissimo tema da esplorare, tenendo presente che mariologi di spicco dicono che Maria è la Chiesa a livello mistico, e non solo madre della Chiesa. Non è la Chiesa, oggi, a generare Gesù? Per comprendere queste cose è utile ragionare sugli scritti paolini che parlano della Chiesa come corpo di Cristo, dove Cristo è il capo.

Ecco, direi che non ho altro da aggiungere; questo è più o meno tutto ciò che ho da dire sull’argomento. Su questa pagina Wikipedia c’è una serie di figure femminili, citate nelle lettere paoline, che avevano ruoli preminenti nelle comunità cristiane, come congreganti, diaconesse, ecc. trovi una serie di figure femminili, citate nelle lettere paoline, che avevano ruoli preminenti nelle comunità cristiane, come congreganti, diaconesse, ecc. Ci sono anche i riferimenti a vari articoli accademici che approfondiscono l’argomento.

Non mi lamento

Ultimamente non sto tanto male, per cui ringrazio. Chi ringrazio? Indovinato. A parte gli scherzi, non c’è nessun altro da ringraziare se non lui, poiché è lui la fonte di ogni bene. Come ha iniziato la mia intelligenza a credere in Dio? Con la natura. L’osservazione della regolarità della natura porta a pensare a un’intelligenza alla base. Quando ancora penso agli inizi, penso alla felce. Sì, proprio la felce. La foglia di felce, anche se va bene qualsiasi foglia o le mani. La simmetria, il fatto che il numero è sempre lo stesso, tolte le eccezioni che possono pur esserci. Le leggi che governano la natura... la scienza a me non ha portato lontano da Dio, ma a credere in Dio. Le regolarità dell’universo mi portano a pensare che non può non esserci qualcosa di regolare che le ha create. Cos’è questa regolarità se non ordine che delimita il caos? Stare nei parchi, osservare le foglie, considerare le regolarità della natura è ciò che mi ha portato a Dio. È anche ciò che direi a qualcuno che mi chiedesse le ragioni ultime della mia fede. È partito tutto da lì, l’osservazione della natura, del cosmo, kosmos che in greco significa ordine. Poi c’è stato tanto, tanto altro; tutto ciò che ha contribuito a consolidare la fede e la convinzione che c’è un ente creatore intelligente, in quanto se ordinato è intelligente. Se produce ordine, non può che essere ordinato, con una forma. Il suo essere, poi, che dà ordine a tutto il resto lo fa essere superiore a tutto il resto. Dalla natura, da lì tutto è iniziato. L’universo è governato da leggi.

È stato Socrate, dopo, a insegnarmi come trascendere la natura e dedicarmi agli enti in sé, ossia prima dell’incarnazione, della partecipazione alla materia. Gli enti in sé sono invisibili ma intelligibili, ossia non percepibili dai sensi ma coglibili con l’intelletto. Il momento in cui l’intelletto coglie cos’è un ente è il momento in cui sa cos’è.

Il lavoro mi ha dato un po’ di tregua, non mi preoccupa più in modo esagerato. Devo pur sempre prendere tre farmaci: un antipsicotico (Abilify), un leggero antidepressivo (Duloxetina) e un sonnifero (Felison). Dormo sempre tanto, dalle 9 alle 11 ore. Tutto in funzione del lavoro. La colazione consta di otto fette di pane tostato con marmellata, senza burro, più una busta di affettati; è vero che a pranzo non mangio, ciò però significa anche che arrivo a sera famelico, perciò mangio troppo e ciò prima di andare a dormire (ancora una busta di affettati). Tutto in funzione del lavoro. Non ho una vita. Lavoro e dormo. Non riuscirei a privarmi di tutte queste precauzioni pensate per condurmi a prestazioni lavorative sufficienti. Dico sufficienti, anzi appena sufficienti, non certo ottimali. Perché a 43 anni non posso certo permettermi di essere al 100% tutti i giorni e lavorare come i colleghi 30enni. Certo, ci può essere il giorno della prestazione. Performance day! Quante volte capiterà, una al mese? Sì, diciamo, più o meno, giu di lì. Forse sono giunto al punto in cui potrei smettere di prendere il sonnifero.

Il primo degli altri due farmaci me lo diedero dopo il primo ricovero durato un mese. L’Abilify, cioè l’antipsicotico, è un farmaco da matti. Le psicosi infatti sono le patologie che più facilmente associamo alla malattia mentale. Per capirci, sono quelle di chi vede gli elefanti che volano, di chi crede di essere Napoleone, ecc. Ho una percezione della realtà, una visione della realtà, per così dire, distorta. Tendo a leggere i segni, ecc. C’è un post su questo – cito me stesso come gli accademici. La prima volta, dopo avermi diagnosticato un “disturbo ossessivo-compulsivo con effetti paranoidali”, mi prescrissero l’Abilify. Cosa fa l’Abilify? Diminuisce il numero di pensieri, diminuendo così anche quelli disfunzionali. I pensieri disfunzionali sono quelli che portano ad azioni controproducenti. Meno ne abbiamo, meglio è.

La seconda volta che fui ricoverato fu un anno e mezzo dopo la prima. Di notte tornarono persecuzioni di sensi di colpa. Non solo avevo abbandonato la vita religiosa; mentre ero religioso, ero stato causa di abbandono di vari confratelli: avevo causato la perdita di vari sacerdoti alla Chiesa, colpa gravissima. Ero convinto di essere condannato per l’eternità e che per me non ci fosse più possibilità di perdono. Partii in treno e feci due giorni a Napoli dormendo all’aperto, una notte alle porte della città e una notte in un bosco, sotto una pioggia fine. Ero convinto che a causa delle mie colpe dovevo fare una brutta fine, che i camorristi, che controllano l’attività dei senzatetto, mi avrebbero trovato e avrebbero fatto di me ciò che volevano, tipo spezzarmi le gambe per mettermi definitivamente a fare l’elemosina come fanno, coi loro connazionali storpi, i rom. C’è chi dice che li storpiano loro. Dopo due giorni passati a camminare mi stufai e tornai a casa. Ecco le azioni controproducenti determinate dai pensieri disfunzionali. Parlo del 2018, l’altro ieri! Fino a così poco tempo fa, si sono spinte le mie azioni da matto. Sono proprio matto da legare. In seguito a questo episodio ebbi il secondo ricovero.

Lo psichiatra, credente come me, mi mise di fronte alle mie convinzioni. “Credi davvero non ci sia per te possibilità di perdono?”. Ci pensai un attimo e mi resi conto che la mia risposta non era quella che mi aveva portato a Napoli. Credo fermamente nel perdono anche delle più grandi colpe, purché l’uomo sia pentito e si avvalga del sacramento della Confessione. Credo che Gesù abbia conquistato il perdono per tutti, a patto che si riconoscano le proprie colpe e lo si chieda. Lo psichiatra mi guardò come a dire: “E allora io, con tutti gli errori che ho fatto e faccio con le persone che mi affidano, in quanto non sono perfetto, sono entrato nella psichiatria nella convinzione che avrei aiutato le persone, mi ritrovo a fare il pusher e ad avere sempre poche, se non nessuna, prospettive di guarigione...”. Pensai: “Anche di fronte a lui non posso rinnegare la mia fede, la nostra fede, che è una fede nella misericordia infinita di Dio”. Mi svegliai, mi resi conto che una redenzione, magari tardiva, ci sarebbe stata se avessi invocato il perdono e avessi dedicato la vita al lavoro, al sacrificio e all’espiazione unita a quella conquistatami dal sacrificio di Nostro Signore.

Fui rimandato a casa, questa volta con l’aggiunta di un sonnifero, che doveva  aiutarmi a superare le tensioni che ogni notte mi agitavano al pensiero del lavoro. Al tempo lavoravo in città, in mezzo al traffico e alla gente che guardava ogni gesto che facevo, giudicando le mie capacità. Fui passato al CPS (Centro Psico-Sociale), il cui psichiatra, qualche mese dopo, dato che gli avevo detto che avevo trovato uno scarafaggio in casa, mi prescrisse il leggero antidepressivo (Duloxetina) perché mi desse un po’ di brio, per fare le pulizie. Vivevo in un monolocale al primo piano di una vecchia cascina ristrutturata in un quartiere di Brescia che può considerarsi campagna, le Fornaci, normale ci fosse un insetto. Solo che per come la misi giù allo psichiatra, dicendo che ero un po’ pigro e facevo poco le pulizie (una volta a settimana, il lavoro non mi permetteva di più), la prese come una forma di depressione. Questo, fanno gli psichiatri del CPS. Trovi uno scarafaggio: antidepressivo.

Così oggi prendo tre farmaci: un antipsicotico (Abilify), un sonnifero (Felison) e un leggero antidepressivo (Duloxetina). Ormai sono dipendente. Li prenderò per tutta la vita. La mia patologia non è guaribile, è solo, in gergo, compensabile. L’Abilify (antipsicotico) serve a contenere la patologia. Della Duloxetina (leggero antidepressivo) e del Felison (sonnifero) forse potrei fare a meno. Come dicevo, ultimamente non sto tanto male, il lavoro non mi dà più tanti problemi.

Mi va bene così, tutto sommato. Non me la passo male. Consegno a Carpenedolo, Montichiari e Castenedolo. Le cose più difficili sono i centri storici e azzeccare gli orari delle attività. Ma non faccio né città né lago, dove d’estate bisogna combattere con code di macchine create dai turisti. Tedeschi, olandesi, inglesi, americani e canadesi affollano il lago di Garda, ci tengono a far vedere che non sono italiani e perciò guidano a 40 all’ora. Insomma, Dio ha ascoltato le mie preghiere, mi ha dato zone facili che ora conosco bene. Il lavoro non è più fonte di tensione estrema, soprattutto non è più fonte di insonnia. Ho ancora poca vita, pulisco ancora la casa una volta a settimana ma, essendo al terzo piano in città, non ho scarafaggi. Con l’aiuto di mia madre, che ha versato un cospicuo anticipo, ho comprato casa.

Invecchio e devo andare dal dentista a curare otto carie. Le domeniche in cui non lavoro sono a pranzo da una famiglia amica. Spesso do un passaggio dopo il lavoro a un collega palermitano il quale per sdebitarsi (guai a fare un favore a un palermitano, non lo accetterà, l’orgoglio è troppo grande, deve per forza ricambiare) mi invita a cena. Poi c’è il gruppo di preghiera, l’Ordine Secolare dei Carmelitani Scalzi che si riunisce una domenica al mese. Programma: Lodi mattutine, conferenza (quest’anno abbiamo fatto Storia di un’anima di Santa Teresina), tre quarti d’ora di preghiera o meditazione personale con Adorazione, messa, pranzo, condivisione, Vespri. Ogni tanto riesco anche a scrivere. Faccio post di cui programmo la pubblicazione la domenica mattina. Vorrei scrivere un romanzo. C’è Mozart che allieta le sere e altre parti della vita. Quasi tutte le mattine prego le Lodi e mi inginocchio per chiedere una buona giornata lavorativa e grazie per tutti coloro che sono stati affidati alla mia preghiera, in particolare per coloro che pregano regolarmente per me.

Scrivo questo post perché mi sembra di avere una vita troppo priva di problemi e invece di intensificare la preghiera – i ringraziamenti – vado diminuendola. Come quelli che pregano solo quando hanno problemi... invece, il carisma carmelitano o teresiano (da Santa Teresa d’Avila) insegna la preghiera come dialogo amoroso con Gesù. Questo, nella mia pigrizia, non sono mai riuscito a praticarlo con costanza. La costanza... la perseveranza... come mi fanno male queste parole... doti che non sono mai riuscito ad avere... il pensiero di fare una cosa tutti i giorni mi uccide. Costanza, perseveranza, quando verrete a me? Nemmeno le cose che amo di piùe a cui devo di più, come la preghiera, riesco a fare giorno dopo giorno.

Il colpo della strega

“Prendi la mamma, lei sì che ha vissuto la casa di riposo. Ricordi? Non mi dispiacerebbe passare la vecchiaia in casa di riposo, diceva, c’è chi si prende cura di te, sei sempre in compagnia... cosa vuoi di più?”. “Non sono tua madre, preferisco morire tra le mie cose”. “Papà, non è sempre possibile. Purtroppo non sei autosufficiente, sei invalido all’80%, non puoi permetterti di viver solo. Se accettassi una persona tra le tue cose – con ciò intendo la badante – sarebbe un altro discorso... A casa mia, come sai, col mio lavoro, non posso tenerti”. “Non voglio rumeni in casa mia”. “Questo è abbastanza retrogrado da parte tua. Prendiamone una italiana, o un italiano, ne abbiamo parlato, ce ne sono”. “Ma perché non posso stare con te? Non disturbo!”. “Papà, la mia casa è il mio studio! Mi disturbi eccome! Hai problemi di deambulazione, avresti bisogno di qualcuno che ti stesse dietro ogni due per tre”. “Non è colpa mia se ho avuto l’ictus!”. “Non sto dicendo che è colpa tua”, Ermanno fa girare gli occhi. “Solo, la situazione è quella che è”, riprende. “Intanto, mi hai ficcato in casa di riposo senza dir niente. Sono due giorni che non dormo! C’è una che continua a gridare: Aiuto! Aiuto! Poi: Aaaaaaah!”. “Davvero? Di notte?”. “Sì! Ma è una che non deve avere tutte le rotelle a posto...”. “Evidentemente soffre... La corsia delle donne è lontana, ti prenderò tappi per le orecchie. Intanto, porta pazienza”. “Non voglio morire qui!”. “Cosa cambia? Ricorda la mamma... si è spenta bene, serenamente...”. “Lontano dalle sue cose, in un luogo estraneo, circondata da estranei”. “Invece, non è vero! Sai bene che andava d’accordo con tutti e aveva fatto amicizia con due signore con cui giocava sempre a carte”. “Non vorrai mica che passi il tempo a giocare a carte! Sono un uomo di cultura”. “Appunto per questo dico: che differenza fa morire qui o lì, non dovrebbe essere uguale?”. “Sono troppo legato alle mie cose, ai libri, agli oggetti. È tutta la mia vita. La mia cultura e il mio lavoro sono sempre stati basati su ciò che ho costruito attorno a me”. “Non si direbbe che sei un uomo di cultura da ciò che hai detto sui rumeni”. “Quella è un’altra cosa. Non posso sopportarli. In Italia hanno mandato solo ciarpame. Mica sono venuti dottori o giuristi o astrofisici, solo ciarpame. Buoni a prendersela col personale del Pronto Soccorso. Immagina una rumena tra le mie cose, metterebbe le mani dappertutto e spadroneggerebbe da mane a sera!”. “Papà, con l’età sei divenuto insofferente. Ti ho sempre fatto più umanista. Non posso trovare un luminare di astrofisica che ti faccia da badante. Anche se troviamo un’italiana, sarà pur sempre una persona di bassa estrazione. Non farebbe la badante!”.

“Permesso! Buongiorno, signori, scusate, devo tirare la tenda per lavare il suo vicino”. Entra una OSS alta, magra con seni che quasi la fanno sbilanciare. Dal top con scollatura a “v” ai pantaloni agli zoccoli di gomma è in rosa. Ha chiesto permesso, ma non ha neanche finito che la tenda è tirata e si sente la conversazione con l’assistito. “Buongiorno, Arturo, come va oggi? Dormito bene? Facciamo il bidet?”.

“Poverino”, dice Pascasio, “è totalmente paralizzato, muove solo la testa. Andiamo a fare un giro!”. “Papà, devo andare... ho gli appuntamenti”. “Tu e i tuoi appuntamenti. Vieni un attimo alla sala tv, lasciamo lavorare l’infermiera”.

Si affaccia una grassa infermiera paonazza. “Tutto bene? Bisogno di una mano?”. “No, grazie! Il bagno l’abbiamo fatto ieri con Jonathan, devo fargli solo il bidet”. “Okay, vado da Morandi allora”. “Va’, va’ pure, sono a posto”.

“Papà, è ora che vada”, riprende Ermanno.

“Aaaaaaah!”, un gemito strozzato da dietro la tenda. “Tutto bene?”, chiede Ermanno. “Mannaggia! La schiena!”, la voce è rotta.

Spunta l’infermiera piegata a 45 gradi con le mani sui lombi. “Colpo della strega!”, dice Ermanno. “Eh, sì”, sembra le manchi il fiato. “Aspetti, chiamo qualcuno”. Ermanno esce e individua, in corsia, un’infermiera in bianco. “Una sua collega ha avuto il colpo della strega mentre stava lavando un paziente. Può venire, per favore?”. Sulle prime cerca di evitarlo, poi: “Sì, vediamo”, risponde. In camera trovano l’infermiera stesa a terra, schiena adiacente al pavimento, gambe sollevate e polpacci sul pianale di una sedia. 

“Aaaaaaah!”, geme. “Stilla, stai bene?”, dice l’infermiera bianca. “Ma sì! Mi è venuto il colpo della strega! Si può?”. “Eh, ragazza mia, capita! Prendo un cuscino”. Ermanno, dall’alto, si rivolge all’infermiera rosa. “Vedo che si è messa subito a terra, evidentemente sapeva cosa fare...”. “Sì”, risponde, la voce rotta, “è la procedura. Più la superficie su cui si poggia è dura, meglio è”. L’infermiera bianca rientra col cuscino. Ermanno fa due passi indietro. L’infermiera si china e infila il cuscino. “Come ti senti?”. “Meglio, grazie”, la voce rotta, “Puoi portarmi un Brufen?”. “Fa ancora male?”. “Sì, un po’!”. L’infermiera bianca si alza e, mentre va, dice a Ermanno: “Sono cose che capitano!”.

“Mmmh, sembrerebbe un fattore psicosomatico...”. Ermanno è tornato a strapiombo sull’infermiera rosa. “Se non ho sentito male, lei si chiama Stilla”. “Sì”, la voce strozzata, “Stilla. Non si preoccupi, sono cose che capitano nel nostro lavoro. Siamo costretti a sollevare pesi. Menomale che per i casi più complicati c’è il sollevatore”. “Capisco. Mi chiamo Ermanno Giunti, piacere”. “Piacere, Stilla Bruno”. “Di professione faccio lo psicologo. Questo è mio padre, Pascasio Giunti. Forse lo conosce già, è un ex professore di università”. Pascasio: “Diritto costituzionale!”. “Sì, ci siamo conosciuti in questi giorni, mi occupo di questo reparto. Però c’entro poco con l’università”. “Avrà dovuto studiare per diventare infermiera”. “Certo. Ma il corso di OSS dura solo due anni. Non sono un’infermiera specializzata”. “Posso chiederle da dove viene?”. “Sono di un paese della Val Camonica, sicuramente non l’ha mai sentito, si chiama Cevo, C-e-v-o”. “In effetti, non l’ho mai sentito”. “Ha mai sentito Ponte di Legno?”. “Sì! Ponte di Legno è famosa”. “Ecco, Cevo è dalle parti di Ponte di Legno”. “Senta, signora Stilla, non voglio rischiare di offenderla, né cercare di procacciarmi una fonte di guadagno. Del resto, come probabilmente sa, di questi tempi il lavoro agli psicologi non manca. Temo che il suo colpo della strega sia frutto di qualcosa di irrisolto a livello personale. Sono pronto a offrirle dieci sedute gratuite, così, per mettere due chiacchere sul tavolo”.

Entra l’infermiera bianca con una bottiglietta d’acqua in mano. “Ecco il Brufen, ce la fai a prenderlo da sdraiata?”. “Sì, cara, dammelo pure, non mi serve l’acqua”.

Dopo aver ingoiato la pastiglia, Stilla dice: “La ringrazio per la proposta, signor Giunti...”. “Mi dia pure del tu”, dice Ermanno. “Va bene. Ti ringrazio per la proposta… Ermanno, ma non credo di aver bisogno dello psicologo. È una questione di sollevamento pesi”. “Dieci sedute gratuite...”, Ermanno cantilena le parole mettendo una nota alta sotto le sillabe: “u-i” e: “te”. “Va bene”, la voce ancora strozzata, “ci penserò”. Pascasio: “Ti consiglio di accettare. È bravo. Dopotutto è figlio di tanto padre!”. “Ecco il mio biglietto da visita. Chiamami, Stilla!”.

***

Quella mattina, Ermanno va alla chiesa di Santa Maria delle Grazie. Entra in confessionale. “Buongiorno”. “Buongiorno. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Il Signore sia nel tuo cuore e sulle tue labbra perché tu possa confessare bene i tuoi peccati”. “Grazie. Inizierei informandola che sono nuovo alla religione. La prima volta che mi sono confessato è stato un anno e mezzo fa, a un ritiro in monastero. Sono figlio unico di genitori atei. L’ultima volta che mi sono confessato, un mese fa. Sono psicologo, ultimamente ho parecchi clienti, ho paura di aver preso sottogamba qualche problema. Cerco sempre di accettare più clienti che posso perché sono sensibile alle sofferenze. Temo però di non riuscire a star dietro a tutti. Me ne accorgo perché non vedo risultati, guarigioni. Le persone gongolano nella terapia senza ottenere cambiamenti. Io stesso, non riesco a migliorarmi. Infatti, l’altro peccato che volevo confessare è che ho commesso atti impuri... qualche volta”.
“È sposato?”. “No... vivo solo”. “È difficile cambiare le abitudini, ma con l’aiuto della grazia non impossibile. Non so quanto spesso lei prega, ma consiglio di cercare aiuto nella preghiera. Forse sarebbe il caso di ragionare sui carichi di lavoro e ridurre i pazienti. Mette se stesso alla prova nel tentativo di aiutare più persone che può, ma ha limiti, come tutti, evidentemente sta sperimentando i limiti. Le consiglio di ragionare su queste cose con un direttore spirituale. Per quanto riguarda la sessualità, sa meglio di me che l’uomo è fatto per riprodursi. Dico sempre che il sesto comandamento è, appunto, solo il sesto. Non è il primo né il secondo né il terzo né il quarto né il quinto. Mettiamo le cose nella giusta prospettiva. Tra l’altro nell’Antico Testamento il sesto comandamento dice: ‘Non commetterai adulterio’, non: ‘Non commetterai atti impuri’. Il problema dell’impurità è stato messo in evidenza da San Paolo. Se vogliamo, si può collegare il sesto comandamento alle parole di Gesù: ‘Chi guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore’. Ma, come forse sa, tutto il capitolo cinque di Matteo propone uno stile di vita difficile da attuare se non si è nell’ottica dell’amore. Il principio delle beatitudini è, aspetti, glielo leggo direttamente”. Prende una Bibbia, cerca la pagina e legge: “‘Poiché io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli’”. Ripone il libro. “Le proposte di Gesù possono sembrare parola dura, come dicono alcuni discepoli... ma se uno intende cosa vuol dire che il peso di Gesù è leggero e il suo giogo soave... insomma... fare tutto per amore rende anche il sacrificio qualcosa di realizzabile”. “Ho capito”. “Lei è un uomo di cultura... non ha interessi o passioni verso cui dirigere l’attenzione in caso di tentazione?”. “La mia passione è sempre stata il mio lavoro. Ho sempre amato la letteratura. Ho sempre letto, da quando ricordo, la casa era piena di libri”. “Ecco, cerchi innanzitutto di evitare le occasioni. Passioni e hobby sono un ottimo modo per contenere il pericolo di tentazioni. Inoltre, non si isoli, coltivi relazioni e amicizie. L’affettività riduce il bisogno di cercare consolazioni altrove. Il corpo è tempio di Dio, questo va ricordato. Ma non prenda tali peccati troppo seriamente, la sessualità è parte del nostro essere, Dio ci ha fatti così. Non voglio che perda la pace e si tormenti. Allo stesso tempo, cerchi consolazione in attività sane e corrette, come appunto la lettura, il lavoro, le relazioni”. “Va bene”. “Dio, Padre di misericordia, che ha riconciliato a sé il mondo nella morte e risurrezione del suo Figlio e ha effuso lo Spirito Santo per la remissione dei peccati, ti conceda, mediante il ministero della Chiesa, il perdono e la pace. E io ti assolvo dai tuoi peccati nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”. Ermanno fa il segno di croce. “Amen. Grazie”. “Buona giornata”.

Ermanno prende parte alla messa; prima di tornare in studio, si ferma a pregare. Seduto su un banco vicino al tabernacolo, dice, mentalmente: “Ciao Gesù. Voglio innanzitutto ringraziarti per avermi concesso di prender parte all’Eucaristia, oggi. Ti prego, concedimi di unirmi a te mediante la comunione col tuo corpo. Perdona, ti prego, i miei peccati. Credo nel sacramento della Confessione, credo che i miei peccati sono stati perdonati dall’assoluzione del sacerdote. Benedici il sacerdote, ti prego, è stato gentile. Stammi accanto in questa giornata. Benedici il mio lavoro, i miei pazienti, fa’ che io sappia cosa dire e il momento giusto; ispirami. Manda in me lo Spirito Santo, affinché sia in grado di fare il massimo bene alle persone che ho in cura. Benedici in particolare la signora Mondelli, Emiliano e Pietrafredda. Ti chiedo di dare ai miei pazienti completa guarigione di corpo, anima e spirito. In particolare, ti rivolgo una preghiera per la nuova paziente, Stilla Bruno, che oggi verrà al primo colloquio. Benedici i nostri rapporti reciproci. Fa’ che possa esserle d’aiuto. Non so se la mia intuizione è giusta, Signore, a proposito del colpo della strega. Le ho offerto dieci sedute gratuite, un gesto che spero ti sia gradito come specchio della tua carità. Se sono un professionista serio, lo scopo è aiutare persone, non pensare al guadagno. Giusto, Signore? Sono andato un po’ al largo, questa volta, non avevo mai fatto una cosa simile. Purtroppo, temo che la mia intuizione sia giusta e che la signora Stilla abbia un problema. Siimi propizio, ti prego, Gesù, affianca il mio lavoro, proteggimi, salvami, guidami. Salva la signora Stilla dal male che ha, fa’ che riusciamo, parlandone, a farlo venire alla luce. Assistici, ti prego! Non abbandonare i tuoi figli. Sei creatore e controllore dell’universo. Ti prego, ascolta ed esaudisci le mie preghiere. Non lasciarle inascoltate. Per favore, Gesù, aiutami!”.

***

“Ermanno, devo confessare una cosa. Da quando ci siamo conosciuti muoio dalla voglia di dirlo. Non so se è come dici tu, se il colpo della strega è un fattore psicosomatico, però... Il fatto è questo. Un mese fa ho tradito mio marito. Da allora ho un tormento dentro che mi uccide. Ecco, l’ho detto. Non so cosa pensi di me... mi sento uno schifo. Morivo dalla voglia di dirlo, non sapevo a chi. Ho un’amica... Vicenta, è ecuadoriana, siamo legate, ma neanche a lei sento di dirlo. Ho fatto una cosa orribile. Forse non è un caso che ci siamo incontrati. Credi al fato? Da quando ci siamo conosciuti non ho fatto altro che pensare alla proposta. Sono una persona orribile, vero?”.
“Fa parte della mia professione la sospensione del giudizio. Non importa cosa possa pensare del tuo comportamento a livello morale, nel momento in cui indosso i panni dello psicoterapeuta sono obbligato a sospendere il giudizio, a non giudicare le azioni del paziente. Tieni presente che c’è anche una sorta di segreto confessionale. Per legge il terapeuta non può rivelare informazioni apprese durante l’attività professionale, anche nel caso in cui fosse chiamato a testimoniare davanti a un giudice. Solo il consenso del paziente può sciogliere dal dovere di tenere il segreto”.
“Quindi, anche se mi giudichi una persona orribile, non me lo dici. In pratica funziona così, no?”. “Be’... più o meno... diciamo pure che è così”.
“Ecco, sono una persona orribile! Il fatto, a dir la verità, è che non l’ho neanche tradito fino in fondo... È stata una storia malata. C’è questo vecchio che curo per arrotondare. Si chiama Valeriano. Gli sistemo la casa, gli tengo compagnia, lo lavo... Ci vado quando non ho il turno in casa di riposo. Il problema è che mi fa avances. Ultimamente ha cominciato a darmi qualche palpata, spesso gli viene l’erezione mentre lo lavo... Ho sempre fatto finta di niente, sono cose che possono capitare. Finché si è in casa di riposo ci si può avvalere dell’aiuto dei colleghi e redarguire chi fa il furbo, ma da soli in casa... ho sempre lasciato correre. Sono una persona orribile, vero? Ho capito, ho capito, non giudichi. Mio marito non sa niente. Mio marito... la verità è che dovrei parlare di mio marito”.
Ermanno si sistema sulla sedia.
“Mi spiace cambiare discorso bruscamente. Mio marito, se proprio devo dir la verità, è il problema. È da un anno che si è allontanato. Ho paura che mi tradisca. Gliene ho parlato, ma ha negato. È odontoiatra. Da circa un anno esce quasi sempre, va in un bar con gli amici e torna ubriaco. Non facciamo più sesso. Un giorno, col signor Valeriano, mentre lo lavavo nelle parti basse ha avuto l’erezione. Ha iniziato a toccarmi il sedere. L’ho lasciato fare. C’è da dire... ecco... ha un pene davvero grosso. Mi son detta: Ma sì, accontentiamolo. E così, insomma, è successo. Non sai come mi sono sentita dopo. Uno schifo, un vero schifo. Torno a casa e trovo Achille, così si chiama mio marito, che dorme sul divano totalmente ubriaco. Mi è partito l’embolo. L’ho svegliato e gli ho messo di fronte il suo comportamento dell’ultimo anno. Gli ho detto che non siamo più una coppia, che non mi tocca nemmeno con un dito, che non è mai in casa...”. Stilla inizia a piangere. “Sai come è finita? Ha detto che non si sente realizzato perché non può avere figli!”.
Ermanno lascia che Stilla sfoghi il pianto.
“Perdonami se chiedo”, dice sporgendosi. “È da un po’ che desidero farlo. Figli, non ne avete?”.
“No... Qui devo fare una digressione, Ermanno”, dice Stilla asciugandosi le lacrime. “In tutti questi discorsi, non ho detto la cosa più importante”.
Ermanno inghiotte.
“Prego”.
“Dunque… originariamente il mio nome non è Stilla, ma Stillo. Stillo Bruno. Sono nato maschio. Non sono una donna vera. O meglio, sono una donna vera, mi sono sempre sentita così. A 24 anni ho fatto l’operazione per cambiare sesso. Sono venuta a Brescia per avere una vita indipendente. A 30 anni ho trovato Achille, al quale ho detto la verità sin dall’inizio, ci siamo innamorati e ci siamo sposati. Adesso, dopo sette anni di matrimonio, viene fuori che non si sente realizzato se non può avere figli!”.
Ermanno è paralizzato.
“Non ci metterei la mano sul fuoco”, riprende dopo un minuto di silenzio, “temo ci sia una connessione tra i problemi coniugali e il colpo della strega. Sei stata brava, Stilla, in una seduta sei già arrivata alla radice del problema. L’inespresso senso di colpa per aver tradito tuo marito ha causato il fattore psicosomatico. Il corpo non ha resistito al dolore dell’anima e ha creduto bene manifestarlo. Sono convinto tu abbia acquisito una notevole maturità negli anni dell’adolescenza e giovinezza. La presa di consapevolezza del proprio orientamento sessuale e la decisione di cambiare sesso dimostrano un’eccezionale forza di carattere”.
“Sono stata fortunata, la famiglia ha compreso e mi ha aiutato. Sono debitrice soprattutto a mio fratello maggiore, che ha fatto da mediatore coi miei. È una persona eccezionale, è stato soldato, ha fatto una missione in Afghanistan nel 2001, ora è autista di pullman. Non mi ha abbandonato nemmeno quando ho deciso di fare l’operazione”.
“La prima cosa da fare, direi, è pensare al proprio benessere psicofisico. Il tuo malessere deriva dal senso di colpa che provi nei confronti di tuo marito. Sei sempre stata una persona aperta e schietta, soprattutto con te stessa, anche in un ambiente che può avere aspetti di idee retrograde, come può essere un paese di montagna. Sei sempre vissuta nella verità e nella luce. Ora, tacere al marito e persino alla migliore amica ciò che la tua coscienza considera una malefatta, in persone come te crea una sorta di cortocircuito. Da qui il colpo della strega. Come rimediare? Non penso la soluzione sia andare in fisioterapia. Non è il sollevamento pesi il problema. Piuttosto, cercherei di perseguire ciò che hai perseguito nella vita, la verità. Parla con tuo marito e confessagli la colpa, così dobbiamo chiamarla perché così la interpreta la tua coscienza. Apriti anche con la tua amica, racconta cos’è successo. Nelle prossime sedute potremo parlare di come sta andando, come reagisce tuo marito”.
“Sì, credo anch’io che dire la verità sia la cosa giusta. Temo, però, che il matrimonio sia giunto alla fine”.
Una lacrima scende dall’occhio di Stilla.
“Potrebbe essere… tieni presente che tuo marito è stato aperto con te. Forse è stato solo merito dell’alcool, ma in un modo o nell’altro almeno è riuscito ad aprirsi. Glielo devi”.

***

“Salve, Stilla!”. “Salve Ermanno! Come stai? Mi hai beccato proprio mentre stavo per uscire”. “Ah! Bene, è pronto?”. “Sì, lavato e pettinato”. “Come procede la vita da single, non so più niente della tua vita interiore da quando hai terminato le dieci sedute”. “Bene! Pensavo di avere più problemi con la solitudine, ma è meglio di quanto pensassi. Il lavoro e le amicizie fanno parecchio”. “Vedrai, col tempo riuscirai a trovare una persona che ti ama”. “Non so… nelle mie condizioni, incontrare un bravo ragazzo non è semplice”. “Alla chiesa di San Francesco, in ottobre, inizia una serie di incontri per single, con catechesi simili a corsi prematrimoniali. Non è detto che tu non possa incontrare qualcuno interessante proprio lì”. “Non so se è il mio ambiente ideale, Ermanno. Come sai, il mio rapporto con la fede è complesso, nonostante tu mi abbia regalato la Bibbia. Sto facendo passi da lumaca”. “L’importante, se ci tieni, è coltivare il rapporto con Gesù nella preghiera. È ciò che hanno insegnato anche a me sin dall’inizio. Lui penserà al resto”. “Vedremo!”. “Per il momento ti faccio i miei auguri e ti saluto”. “Sì, vado, anche perché fuori c’è Vicenta che mi aspetta. È venuta a prendermi”. “Ciao, Stilla”. “Ciao, Ermanno”.

“Papà, sei pronto? Il taxi è qui fuori”. Ermanno mette il braccio sotto il braccio di Pascasio. “Prendimi il berretto”. “Dov’è?”. “Sulla credenza”. “Aspetta qui, non cadere!”. Ermanno entra in camera del padre, prende il berretto e dà uno sguardo a una foto di Pascasio da giovane assieme alla madre. “Vi perdono!”, dice sottovoce. “Allora, brava Stilla, vero?”. “È la migliore! E che seno! Finalmente sei riuscito a trovare una vera donna italiana”.