Ritiro in monastero

Che bello quando da qualche parte si fa già una cosa bene. Non c’è bisogno di innovatori, i quali, per portare gli altri a fare una cosa meglio di come è fatta al presente, si scontrano con abitudini inveterate e indurite.

Abitudine... ha ragione Aristotele a dire che la ripetizione (lat. habitus, gr. héxis) di un’azione cattiva è vizio, di un’azione buona virtù. Sradicare un vizio significa iniziare a non compiere più l’azione cattiva o meglio compiere l’azione contraria. Portare, poi, avanti il comportamento, ripeterlo.

Quanto poco sono virtuoso! Quand’ero frate, siccome eravamo una nuova fondazione eravamo tutti giovani e, a parte la fondatrice, nessuno era particolarmente virtuoso. Cercavamo di imitare lei, che per otto anni era stata monaca a Careggi, ma pochi ce la facevano. Più che monaci o frati eravamo preti col saio blu. La differenza col classico prete era che vivevamo in piccole comunità di due o tre membri, ma già un tempo si faceva, con le collegiate o oggi i preti focolarini.

Questi monaci sono seri! Digiunano e dormono poco, si alzano alle 5,00 per la prima preghiera. A pranzo e cena si sta in silenzio mentre un lettore dal pulpito legge dalla Scrittura o altro. 

Potrei davvero fare questa vita? Forse sì, se si considera che le abitudini che ho ruotano attorno al lavoro succhia-energie di corriere... Con mansioni più leggere potrei anche essere in grado di rispettare certi orari...

Al ritiro ho incontrato una ragazza delle parti di mia madre. Parla come le mie zie... è di poco più giovane di me, infermiera. Me l’ha fatta incontrare Dio, sottintendendo: “Sposati” o è il demonio che cerca di sviarmi? Quando avrò imparato a distinguere queste cose sarò santo. 

La procedura

Ho un collega lentissimo. Dice: “Lavoro in procedura, con professionalità e qualità”. Il problema è che non chiude mai una rotta e ogni giorno ha bisogno come minimo di un aiuto. Inoltre riporta sempre indietro almeno una decina di pacchi. Prima di lavorare in Amazon ha lavorato un anno in DHL. Dice che in DHL era difficile perché il palmare era in inglese e lui non capisce l’inglese. C’erano i ritiri (tipo quando fai un reso Amazon arriva DHL, quando arriva), pagamenti in contanti e col POS (tipo quando si paga in contrassegno o si spedisce qualcosa). La mattina ci si metteva un’ora a caricare perché bisognava andare a cercare i pacchi in una grande cesta a cui attingevano tutti e distribuirli sul furgone in base all’ordine di consegna. L’ordine di consegna bisognava crearlo in base alla conoscenza pregressa della zona. Non c’era l’applicazione, come in Amazon, che ti fa seguire un itinerario creato da un algoritmo.

Dico sempre che il mio lavoro è il lavoro per tutti. È il lavoro for dummies. L’applicazione di consegna (Amazon Flex), fa sia da gestore della consegna sia da navigatore. La mattina ci metto cinque minuti a caricare. I ragazzi del magazzino mettono, in prossimità di dove ti fermi col furgone sullo Yard (posto prestabilito), un carrello con una decina di borse, dette bag, piene di pacchi più una decina di pacchi oversize, detti comunemente over – i pacchi grossi che non ci stanno nelle bag: microonde, aspirapolveri, friggitrici ad aria, televisori, monitor, computer e quant’altro taggato di dimensioni “L” o “XL”. Tutto è numerato e in ordine. Si prende per primo l’ultimo che si consegnerà e lo si posiziona in fondo al furgone, ci vogliono tre minuti. Prima si mettono le bag e poi gli over. Aprendo il portellone laterale si ha accesso alla prima bag, aprendo il furgone da dietro si ha accesso agli over. Durante il picco – dopo gli sconti di 10 e 11 ottobre – ho avuto un massimo di 230 pacchi, con 10 bag caricate e 25 over. Il furgone era pieno come un uovo. Questa settimana sono tornato a caricare 180 pacchi, sette o otto bag e una decina di over. La gente, anche robetta piccola, continua a comprare. Dove li trova i soldi? Poi dicono che c’è la crisi. Durante il picco è stata una cosa inaudita. Forniture di beni di prima necessità, grossi oggetti tecnologici sono andati via come il pane.

Una volta caricato, sull’applicazione si preme: “Inizia spostamento” e il navigatore porta alla prima consegna. Arrivati, si preme: “Ho parcheggiato” e si consegna, selezionando una delle opzioni: al cliente, a un’altra persona (scrivere nome), a un vicino, al giardino, alla porta d’ingresso, alla terrazza, al garage, al portico, ecc. “Scorri per completare”, “Inizia spostamento” e via alla consegna successiva. In questo modo ciascuno può fare ogni giorno una zona diversa. Le rotte sono pensate per durare otto ore. Se si segue il giro costruito dall’algoritmo e non si incontrano particolari inconvenienti (traffico, lavori, incidenti, clienti assenti che costringono a ripassare, ecc.) che fanno impiegare più di tre minuti a consegna, in otto ore si finisce. Se si pesta sul pedale e si è un po’ atletici, risparmiando anche solo dieci secondi a consegna, si può finire anche in sette o sei ore. Cosa fa chi finisce in sette o sei ore? Va ad aiutare chi non ha ancora finito. Si chiamano: “Salvataggi”.

Il collega di cui dico, che lavorava in DHL, riceve uno o due salvataggi al giorno. È rimasto legato al modo di lavorare di DHL. In DHL si fanno 100 consegne al giorno, compresi i ritiri. Con l’applicazione Amazon Flex se ne possono fare fino a 170. Io ne faccio dalle 110 alle 150 in base al giorno e alla zona. Il collega lento non ha mai più di 110 consegne eppure non riesce a finire. Lavora in procedura. Fa due o tre chiamate se il cliente non è presente (chi gliel’ha insegnato? Io ne faccio una). Soprattutto non lascia pacchi in giardino se non c’è l’opzione preimpostata dal cliente. Secondo me non ha capito come si lavora in Amazon. 

Questo mese ho preso tre concession (tante). Le concession sono quando al cliente arriva la notifica che il pacco è stato consegnato ma poi non riceve materialmente il pacco.

La prima: la cliente è in casa, risponde al citofono e dice: “Lascialo lì, che vengo a prenderlo”. Lo lascio lì, appoggiato al cancellino. La casa è su una strada statale, di fronte c’è un benzinaio. Evidentemente la signora non è uscita subito e qualcuno ha rubato il pacco. La seconda: era un sabato, il cliente non c’era, ho calato il pacco in giardino (il giardino è tutto chiuso con cancellate in metallo) e il cliente ha ugualmente affermato di non averlo trovato; altra concession immeritata. Terza: concession meritata. A Medole, condominietto di otto unità in piazza, due pacchi per due clienti diversi; uno (rumeno) c’è, risponde, apre e dice di lasciare il pacco in fondo alle scale; l’altra cliente non c’è. Lascio entrambi i pacchi in fondo alle scale, pensando: “È un minicondominio in un paese, si conoscono tutti, non si ruberanno le cose a vicenda...”.

In sei anni che faccio questo lavoro (festeggio il 3 novembre) ho preso circa 50 concession. Meno di dieci l’anno. Non gliene frega niente a nessuno. Paghi tu il pacco perduto solo se costa più di 50 euro, se no è la ditta a pagare. Certo, se prendi più di tre concession o giù di lì a settimana per un periodo abbastanza lungo, la ditta potrebbe aprire una contestazione disciplinare (lettera di richiamo). Ma non è mai successo. Il collega lento, che lavora sempre in procedura, con qualità e professionalità, ha preso 5 concession in sei anni. Se ne vanta sempre. Dice che solo lui consegna bene. Intanto gli altri devono sempre fare lavoro in più per aiutarlo a finire.

Chi fa meglio? L’unico cavaliere della procedura che è contro tutti o gli altri che lavorano secondo ciò che Amazon realmente vuole e vanno in più a salvarlo? 

Caterina, la veggente di Rue du bac

L’Immacolata a Lourdes, nella sua apparizione, non dice: “Io sono stata concepita immacolatamente”, ma: “Io sono l’Immacolata Concezione”. Con ciò Ella determina non solo il fatto dell’Immacolata Concezione, ma anche il modo con il quale questo privilegio Le appartiene. Perciò, non è qualcosa di accidentale, ma fa parte della sua stessa natura. (Lettera di San Massimiliano Kolbe ai confratelli di Nagasaki, 28 febbraio 1933)

San Vincenzo de’ Paoli è morto il 27 settembre 1660. Nel 1767 la sua festa è stata inclusa nel Calendario Romano il 19 luglio per non interferire con quella dei santi fratelli medici Cosma e Damiano. Nella revisione del Calendario Romano del 1969 si è considerato che lo spostamento ne facesse festa di seconda classe, perciò è stata di nuovo spostata al 27 settembre e per fargli spazio quella di Cosma e Damiano è ora il 26.

Le Figlie della Carità, fondate da San Vincenzo de’ Paoli, sono le suore conosciute come suore cappellone per le ampie falde del copricapo inamidato che contraddistingueva il loro abito. Il loro carisma è il servizio agli ammalati. Fino alla prima metà del ‘900 non era difficile incontrarle nei più importanti ospedali. Oggi, dove presenti, non si distinguono più perché portano un classico velo blu.

Zoe Catherine Labouré, nata in Borgogna nel 1806, entra nelle Figlie della Carità nel 1830. Il 21 aprile fa l’ingresso in noviziato presso la casa madre di Parigi, 140, Rue du Bac

Nell’aprile 1830 le reliquie di San Vincenzo de’ Paoli sono traslate da Rue de Sèvres, quartier generale dei cosiddetti Lazzaristi – la congregazione di preti fondati da San Vincenzo – alla Chiesa a lui dedicata in Parigi. I festeggiamenti per la traslazione, fatta mediante processione, comprendono una novena di preparazione; per tre sere consecutive Caterina, tornando dalla chiesa di San Vincenzo a Rue du Bac, ha visione del cuore di San Vincenzo sopra un reliquiario contenente il braccio del santo.

Durante il noviziato Caterina ha altre visioni. Il resoconto non è completo, è difficile trovare dettagli. Caterina s’interfaccia col confessore e con le superiore. Solo dopo la morte è stata rivelata l’origine della Medaglia Miracolosa.
In giugno avrebbe visto Gesù Eucaristico e Cristo Re.

Nella notte tra il 18 e il 19 luglio, festa di San Vincenzo de’ Paoli, un angelo la sveglia e la conduce in cappella – le suore dormivano assieme in uno stanzone. Alcuni dicono che aveva aspetto di bambino e che era l’Angelo Custode di Caterina. In cappella Maria appare a Caterina e in un colloquio di due ore spiega che avrà altre visioni, che in Francia ci saranno cambiamenti, che deve essere forte e riferire tutto senza paura.

La visione più importante e documentata è del 27 novembre. Nella prima fase Maria appare su un globo avvolto da un serpente mentre offre a Dio un globo d’oro; dalle sue mani piovono fasci di luce.

Nella seconda fase non c’è più il globo d’oro e le mani di Maria si abbassano, attorno appare la scritta: “Ô Marie conçue sans péché, priez pour nous qui avons recours à vous”. Questa è la faccia anteriore. Poi il retro, senza più Maria, al centro la lettera “M” sormontata dalla Croce e sotto le immagini del Sacro Cuore di Gesù (circondato da una corona di spine) e il Cuore Immacolato di Maria (trafitto da una spada); attorno, dodici stelle.

Maria dice a Caterina di far coniare e diffondere una medaglia con queste due facce. “Chiunque la indosserà con fede”, dice, “riceverà grandi grazie”. Nel 1832 sono coniati i primi 1.500 esemplari. La medaglia è presto detta a furor di popolo: “miracolosa” per le grazie che ottiene, conversioni, guarigioni...

Dopo i voti perpetui Caterina riveste vari uffici nelle case delle Figlie della Carità sparse in Francia; con discrezione si dedica tutta la vita – 46 anni – alla cura di ammalati e anziani.

La giaculatoria: “O Maria, concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a voi”, pronunciata dalla bocca stessa di Maria, conferma una teoria teologica avanzata da alcuni padri della Chiesa nei primi secoli del Cristianesimo, poi oggetto di dibattito e difesa dai francescani, in particolare dal Beato Giovanni Duns Scoto: Maria è stata preservata dal peccato originale sin dal primo istante del suo concepimento in vista dei meriti di Gesù. Papa Pio IX prende sul serio le apparizioni di Rue du Bac e nel 1854 proclama, con la bolla: “Ineffabilis Deus”, il dogma dell’Immacolata Concezione. Nel 1858, a Lourdes, Maria fa visita a Bernadette Soubirous in 18 apparizioni. Alla sedicesima, il 25 marzo – festa dell’Annunciazione – risponde alle richieste di Bernadette nelle precedenti apparizioni e rivela il suo nome: “Que soy era Immaculada Conceptiou”, basco per: “Io sono l’Immacolata Concezione”. Quale migliore conferma alla proclamazione del dogma di un’altra apparizione in cui Maria parla del proprio concepimento?

***

Mentre San Massimiliano Kolbe è in seminario, a Roma, in Italia imperversa la massoneria con atteggiamento ostile alla Chiesa: in San Pietro sfilano manifestazioni con striscioni inneggianti a satana e ingiuriosi verso il Papa. Massimiliano si sente interpellato: “Possibile che i nostri nemici debbano tanto adoperarsi e avere la prevalenza e noi restare senza adoperarci con l’azione? Non abbiamo forse armi più potenti, come la protezione dell’Immacolata?”. 

La sera del 16 ottobre 1917, in una stanza del Collegio Internazionale dei Frati Minori Conventuali, in via San Teodoro, 42, Massimiliano Kolbe, con altri sei confratelli, fonda la Milizia dell’Immacolata (M.I.). Il programma originale:

LO SCOPO
Procurare che tutti gli uomini si convertano a Dio, siano essi peccatori o non cattolici o non credenti, in particolare i massoni; e che tutti diventino santi, sotto il patrocinio e per la mediazione della Vergine Immacolata.

LE CONDIZIONI
Consacrarsi totalmente alla Vergine Immacolata, ponendosi liberamente come strumento docile e generoso nelle sue mani. Portare la Medaglia Miracolosa. Iscrivere il proprio nome presso una sede canonicamente eretta.

I MEZZI DI APOSTOLATO
Pregare, far penitenza, offrire a Dio le fatiche e le sofferenze quotidiane della vita; rivolgersi, possibilmente ogni giorno, all’Immacolata con questa giaculatoria: “O Maria concepita senza peccato, prega per noi che a te ricorriamo, e per tutti coloro che a te non ricorrono, in special modo per i massoni”; usare ogni mezzo valido e legittimo per la conversione e santificazione degli uomini, secondo le possibilità, nei diversi stati e condizioni di vita, nelle occasioni che si presentano, il che viene affidato allo zelo e alla prudenza di ognuno. Mezzi particolarmente raccomandati sono: la diffusione della Medaglia Miracolosa e l’apostolato esercitato attraverso l’esempio, la parola e la stampa del Movimento. Elemento essenziale della M.I. è la consacrazione illimitata all’Immacolata. (Scritti Kolbe, 21).


La Medaglia Miracolosa sulla mia pettorina del lavoro

 

L’imperatore

Sono stato conquistato dal Concerto per pianoforte e orchestra n. 5 di Beethoven, chiamato l’Imperatore. Mi sono accostato perché su Youtube c’è una versione con Mizuko Uchida al piano del 2022. All’inizio non mi colpiva, escludendo ovviamente il motivo iniziale, che rapisce subito; il resto ha fatto fatica a prendermi. È cresciuto in me... ora non c’è una nota che non mi piaccia. In questo, Beethoven è diverso da Mozart. Mozart ha un’esuberanza di idee musicali, ma molte, si può dire, trascurabili. Beethoven mi sembra più preciso, più chiaro. Ha meno cose da dire, perciò quelle poche le elabora e le lima, le prepara fino a farle divenire diamanti duri che risplendono. Non voglio entrare nel solito differenzialismo basato sulla maturità di Mozart. Beethoven è debitore di Mozart. Specialmente agli inizi ne è stato imitatore. D’atronde, da qualche parte le influenze devono pur arrivare. Beethoven, però, meno ispirato (quantità), le idee le mette in evidenza. Mozart ne ha talmente tante che spesso non sa dar loro giusto rilievo. Magari è questo il metro della maturità. Anche le sinfonie tarde di Mozart, dalla 35 alla 41, sono più definite, più chiare, le idee meno sprecate. Beethoven spreme al massimo ogni idea. Nessuna la lascia cadere senza prima averla munta fino alla fine.

Direi che l’Imperatore ha quattro motivi principali. Il primo e il secondo appaiono subito, ma il secondo è sviluppato solo più tardi nel primo movimento. Il secondo motivo è la sublimità, l’apice, il punto massimo di quest’opera di Beethoven. La Uchida riesce a renderlo come nessun altro. Ho provato ad ascoltare altre interpretazioni: certi maschioni pestano sui tasti come se non ci fosse un domani. La Uchida è l’unica che sa dare la giusta impostazione a questo motivo, presentato inizialmente ad archi, ripetuto poi tre volte a pianoforte solo, quelle note alte suonate delicatamente, quel passaggio di tonalità (credo), che dà un’idea di cosa significhi beatitudine in musica.
I secondi due motivi occupano il primo la prima e il secondo la seconda parte del secondo e ultimo movimento. L’Imperatore è composto di soli due movimenti. L’inizio del secondo movimento è conciliante, bello, ha agio e vastità, con una melodia di valore. Il finale orchestrato del secondo movimento, preparato a lungo dal pianoforte solista, resta in testa giorni. Quelle due note ravvicinate... al pianoforte sono solo due note ravvicinate, l’orchestrazione invece, tuonando sulla seconda, le rende grandiose.

Sto ascoltando quest’opera a raffica, non riesco a stancarmi. Mozart, per il momento, è accantonato. Va tenuto conto anche del poco tempo che ho. Se devo ascoltare qualcosa di Mozart, vado sul Concerto per pianoforte e orchestra n. 18, il mio preferito, o sul n. 9, che pure apprezzo. Per un po’, pur adorando la Sinfonia n. 9 di Beethoven e ascoltandola spesso, avevo messo da parte Beethoven perché avevo letto che era massone e che l’Inno alla gioia scritto da Schiller, che per me è un inno a Dio, è nato come araldo della massoneria. La verità è che anche Mozart ha aderito alla massoneria a un certo punto della vita. Chi, come me, ha vissuto a stretto contatto con l’ambiente di Chiesa ha imparato a chiudersi a riccio tutte le volte che sente le parole: “massone” o “massoneria”. Avevo proprio smesso di ascoltare la Sinfonia n. 9 di Beethoven. Ho chiesto consiglio al mio amico frate, che è esperto di storia, mi ha mandato una risposta via email spiegando che agli inizi la massoneria non era sinonimo di anti-clericalità e satanismo, era solo un’associazione che puntava ad alti ideali. I suoi membri però adoravano dèi pagani, il sole, il demiurgo e via dicendo. Quando San Massimiliano Kolbe è in seminario, nel 1917, i massoni vanno in piazza San Pietro manifestando in onore di satana e predicendo la fine della Chiesa. Ciò porta San Massimiliano a fondare la Milizia dell’Immacolata, di cui faccio parte. Ma questa è un’altra storia.

Le misericordie del Signore

Ho letto le schede su Santa Teresina. In effetti mi serviva un ripasso sulla grazia di Natale. L’ho sempre considerata una guarigione dai difetti, dalle patologie psicologiche. L’ho sempre raccontata per dire che tempi e momenti sono di Dio. Possiamo pregare per la guarigione, ma è lui che decide quando guarire e liberare. Per me la grazia di Natale ha sempre parlato di questo. Innanzitutto parla dell’importanza della preghiera, rivolta a Dio o a intercessori, quali possono essere ad esempio i fratellini e sorelline di Santa Teresina morti prematuramente; poi parla del fatto che la preghiera è esaudita. Dio, effettivamente, ascolta la preghiera ed esaudisce. L’aspetto più importante della grazia di Natale di Santa Teresina, però, è che parla del fatto che tempi e momenti sono del Padre, come dice Gesù. Questa idea è divisa in due. Primo, nell’attesa non bisogna smettere di pregare perché Dio mette alla prova la fede e la voglia di pregare. Secondo, Dio esaudisce spesso in modo eclatante, usando feste liturgiche e facendo vedere e capire chiaramente che ha agito, che ha esaudito e che ha scelto proprio quel momento perché si manifestasse chiaramente la sua opera. Tale eclatanza serve a rendere la guarigione, l’esaudimento, palese e visibile, in modo che sia raccontabile e trasmissibile, come di fatto fa Santa Teresina nel narrare ciò che è avvenuto, fino a metterlo per iscritto perché sia conosciuto dalle generazioni future (cf. Sal 48, 14). Per Dio la testimonianza è importantissima. Il racconto che facciamo delle sue grazie (“canterò le misericordie del Signore”) è uno dei motivi per cui le fa. Dio tiene alla propria gloria. Ci tiene perché vuole che tutti lo conoscano e in tal modo si salvino. A questo proposito, è utile che io stesso racconti alcune delle misericordie che mi ha usato Dio. Faccio il corriere Amazon quasi sei anni ormai. Tre anni e mezzo ho fatto consegne in città, Brescia. Ho consegnato ovunque, avendo modo di conoscere ogni angolo della città. Allo stesso tempo, occasionalmente mi hanno mandato, di tanto in tanto, a consegnare in varie zone della provincia. Da febbraio a settembre 2021 sono stato mandato a Castelgoffredo. Da settembre a Natale 2021 sono stato mandato di nuovo in città, e da Natale in poi ho avuto zone extracittadine, a seconda del giorno, Carpenedolo, Castenedolo, Montichiari, Borgosatollo, Calcinato, Lonato del Garda, Bedizzole, Nuvolera, Nuvolento, Prevalle, Calvisano, Visano, Isorella, Remedello, Gambara, Leno, Ghedi e Montirone. Su tutti questi paesi, a giro, si basa ormai più o meno la mia vita quotidiana, senza sapere la mattina dove andrò. Ciò di cui voglio parlare è che quando consegnavo in città e quando ho ripreso a consegnare in città ho sempre pregato perché, o mi fosse cambiato lavoro (in concomitanza mandavo in giro curriculum) o mi fosse permesso di non far più il lavoro in città ma in provincia. Ho pregato e mi sono sgolato, anche piangendo, ho rotto, come si dice, le orecchie a Gesù, perché la vita del corriere in città era insopportabile, inoltre so che ci sono state persone pie, a conoscenza del mio sconforto, che hanno preso a cuore la mia causa e hanno pregato per me. Ora, non so come esattamente queste persone hanno pregato, magari hanno solo detto: “Signore, esaudisci le sue preghiere”, o proprio: “Signore, concedigli di cambiare lavoro”. Sta di fatto che il miracolo è avvenuto. La città è stata pian piano affidata ad altre due ditte, di quelle che hanno l’appalto con Amazon al Centro di Smistamento di Castegnato e alla mia è rimasta tutta la parte della provincia che va dalla città al lago di Garda, al lago d’Idro e alla pianura (Gambara). La testimonianza è che la grazia di Dio è avvenuta. Si è realizzata. Ha ascoltato le preghiere, mie o di coloro che hanno pregato per me. Le persone che fanno oggi la città sono più adatte di me a farla. Sono più giovani o con meno paure e ansie, più veloci ad apprendere e in generale più veloci nel lavoro. Infatti, da quando ci sono loro il numero di consegne date al singolo, in città, è aumentato. Si vede che ero troppo lento. Non potrò mai finire di ringraziare Dio. Proprio l’altro giorno parlavo coi due ragazzi che fanno ora la città. Uno è bresciano, l’altro indiano ma nato a Brescia. Altri che fanno la città sono pakistani o Sikh, indossano perennemente il turbante. La gente ormai pensa che solo certe etnie debbano fare il corriere. Parecchi italiani che lo fanno sono la dimostrazione che non è vero. Però, da un lato, sono in sovrappeso, lento e pieno di paure, ansie e problemi psicologici. Certi clienti mi guardano come per dire: “Cosa ci fa questo a fare il corriere?”. Se me lo chiedessero risponderei: “Be’? Sono un ex-frate, ho lasciato la vita religiosa a 36 anni e mezzo e questo è l’unico lavoro che ho trovato. Lo faccio, facendo quello che posso, da quasi sei anni”. In questi sei anni ci son stati alti e bassi, ho preso multe per eccesso di velocità e divieto di sosta (tutte regolarmente pagate), ho fatto danni al furgone (graffi e ammaccature), ho rovinato arredi urbani, ho persino fatto un incidente, non rispettando uno stop. Insomma, ne ho fatte di tutti i colori. Ma in generale sono conosciuto per chiudere le mie rotte in autonomia e sempre dentro gli orari. Ora mi sto vantando ed è meglio che non lo faccia, perché ogni volta che lo faccio arrivano le batoste, nel senso che Dio mi umilia per essermi esaltato. “Se devo vantarmi, che mi vanti nel Signore”, dice San Paolo. Posso vantarmi infatti di avere un Dio che mi aiuta, che lavora per me, che rende in discesa le mie giornate, che toglie i pericoli dalla mia strada e le pietre d’inciampo dove poggia il mio piede. Anch’io potrei cantare le misericordie del Signore, come dice Santa Teresina. Anche a me sono stati fatti doni, anch’io ho ricevuto grazie. Il mio ringraziamento dev’essere incessante. Uno dei segni chiari della presenza di Dio nella mia vita, sotto la forma dell’Immacolata, Maria, è che sono mandato a fare consegne a Montichiari o Carpenedolo, dove, prima di iniziare a consegnare, la mattina, passo davanti al luogo detto: “Le Fontanelle”, dove Maria è apparsa a Pierina Gilli nel 1966. Quando sono in difficoltà o ho paura di essere in ritardo o sono stanco arrivo a far consegne in un luogo dove c’è una statua della Madonna di Lourdes (mani giunte) o dell’Immacolata di Rue du Bac (mani aperte) o della Madonna di Medjugorje (una mano sul cuore e una rivolta verso l’esterno). Spesso la statua è posta a protezione di un quartiere, altre volte è un dipinto di Madonna con bambino in un’edicola, altre volte è una statua in un giardino domestico. Ciò mi fa capire che sono osservato, seguito, protetto e funziona da consolazione. In quei momenti faccio sempre una breve preghiera mentale o anche un semplice: “Gesù...!”. Se vedo la statua o l’edicola di un santo, come quella di Sant’Eurosia, davanti alla quale passavo quando consegnavo a Peschiera del Garda, dico: “San..., prega per noi!”. Dio è ovunque, Maria è ovunque e i santi sono ovunque. Ho sempre motivo di rallegrarmi e considerare la presenza di Dio, nonostante la mia patologia mentale porti a negativizzare e vedere tutto nero. Purtroppo ho un disturbo ossessivo-compulsivo con aspetti paranoidali, roba seria.