Impatti

Mi ha fatto conoscere Paolo Nori l’amica di un’amica. Direi che era il 2005. Mi mise in mano Bassotuba non c’è. Oggi, col senno di poi, direi così. Non è tanto che ci sono libri che prendono e libri che non prendono. È che ci sono età della vita in cui si è disposti a farsi prendere dai libri e età in cui no. Adesso, ad esempio, sono in un’età della vita in cui no. Non importa che libro sia. Ce ne sono ancora due o tre di Thomas Bernhard che non ho letto. Thomas Bernhard (conosciuto, tra l’altro, grazie a Paolo Nori) è uno scrittore che mi prende, è inevitabile. Però oggi non ho più l’età in cui divoro un libro. Prendo porzioni calcolate. Non mi faccio divorare da un libro. Ho un meccanismo di difesa. Da Paolo Nori e da Thomas Bernhard, ad esempio, mi sono fatto prendere e divorare. Sono autori che hanno avuto un impatto devastante sulla mia vita. Uso la parola: “devastante” per dire qualcosa non necessariamente di distruttivo, ma quasi e ad ogni modo tremendo, significativo. Non credo sarei dove sono, a fare la vita che faccio, con in testa i pensieri che ho, se non fosse per Paolo Nori e Thomas Bernhard. Sono entrambi atei, o meglio, Paolo Nori nasce come filo-anarchico, non crede in Dio e odia la Chiesa, mentre Thomas Bernhard, anti-cattolico, come dice lui stesso non si è mai interessato a Dio. C’è stato un periodo, appena tornato alla vita laicale dopo essere stato frate, in cui mi sono proposto di non aprire mai più un loro libro. “Un cattolico non può leggere i libri di Paolo Nori e Thomas Bernhard”. Dicevo così perché mi rendevo conto dell’influenza occulta e meno occulta che hanno sempre avuto sul mio pensiero. Oggi, dopo che la mia fede ha subito scossoni di ogni tipo (capita a tutti i cristiani), mi sento maturo sul lato della fede e non ho più paura di essere messo alla prova. Posso ascoltare qualsiasi argomento contro l’esistenza di Dio, magari non ho risposte adeguate ma, siccome scelgo di credere, la fede non è scossa. Anche San Giovanni della Croce, in Salita al monte Carmelo, dice che i perfetti devono attraversare la prova della nudità della fede, quando mancano i cosiddetti gusti spirituali, che sono la certezza che Dio esiste, i doni mistici come le lacrime, i sentimenti di amore verso Dio e il prossimo, ecc. C’è una prima purificazione, attiva, che riguarda gli attaccamenti sensuali del corpo, e una seconda purificazione, attraverso cui si deve passare se si vuole accedere alle vette più alte dello spirito, che riguarda lo spirito stesso; questa è passiva (la fa Dio stesso) ed è chiamata: “notte oscura”. Il santo ha composto il poema Notte oscura dell’anima mentre era in carcere dove l’avevano sbattutto i suoi confratelli perché voleva riformare l’Ordine. L’ha registrata a memoria perché non aveva niente per scrivere. Era incarcerato in una specie di cantina con pochissimo spazio per muoversi. In seguito, anni dopo la liberazione, ha commentato il suo stesso poema. L’ha commentato due volte, prima ha generato il libro Salita al monte Carmelo, poi Notte oscura dell’anima. Entrambi parlano degli stadi che si devono attraversare, in termini di vita ascetica e preghiera, per giungere alla perfezione spirituale. Sono anni che non leggo più un libro di Paolo Nori, l’ultimo che ho letto, I russi sono matti, l’ho letto un paio d’anni fa, dopo che mi sono proposto di leggere le ultime cose di Paolo Nori. Mi è piaciuto ma, come non sposerei un’atea, così ci metto un po’ prima di accostarmi a un suo libro. Ho letto tutti i primi libri di Paolo Nori, fino a quelli usciti nel 2006 circa. So che ce ne sono altri, ma ho smesso di leggere persino il suo blog quando la Russia ha invaso l’Ucraina. Ho anche buttato Guerra e pace, di cui avevo letto un terzo (ero arrivato ad Austerlitz). E sì che consideravo Tolstoj lo scrittore santo, data la conversione. Mentre Dostoevskij l’ho sempre chiamato lo scrittore psicologo, anche se cosa vuoi sapere cosa passa per la mente di uno? Sono tutte supposizioni. Gli unici russi che apro ancora sono il mitico Čhecov, poi Puškin e Gogol’. I giganti mi provocano un po’ di prurito. Dostoevskij, in particolare, era, ultimamente, un po’ troppo sfruttato dal russofilo Nori per le sue lezioni alle università, una cosa che mi ha portato a un senso di disgusto. Quando mi è stato messo in mano Bassotuba non c’è mio padre era in casa di riposo, avevano iniziato a mettergli un pannolone, cosa che abbatteva sia lui sia me, che ero, dalla figura del padre grande e forte, passato alla figura del vecchio debole e malato. Sarebbe morto pochi mesi dopo. In quei mesi passavo il tempo divorando i libri di Paolo Nori e, come conseguenza dell’immedesimazione nel protagonista, uno scrittore alle prime armi, ero trascinato nella mania della scrittura e decidevo in cuor mio che sarei stato scrittore, anche se poi non ho avuto il coraggio. Leggevo anche Thomas Bernhard e come risultato diventavo cinico, amaro, contrario alla gioventù e misantropo. Menomale che Dio mi ha salvato. All’inizio non me ne rendevo conto, ma ripensandoci oggi, quando sono diventato frate ero davvero sulla strada per diventare una persona odiosa. L’amore della madre fondatrice e dei confratelli mi hanno salvato. Da loro e da tutte le persone, consacrate, ordinate e laiche che ho incontrato da allora ho imparato tutto sull’amore di Dio e sull’amore degli uomini e, anche se resto un persona piuttosto solitaria e, sotto sotto, un pessimo elemento, sono pur sempre in costante cammino verso un me migliore. Una su tutte, ho imparato la preghiera, che vuol dire che anche se si vive soli si può fare del bene agli altri. Non a caso una santa che mi ha cambiato la vita con la sua autobiografia, Storia di un’anima, Santa Teresina, pur essendo morta di malattia a 24 anni e pur avendo vissuto dai 15 anni alla morte in clausura, è stata proclamata, oltre che Dottore della Chiesa, Patrona delle missioni, in quanto si era data il compito di pregare per alcuni missionari in particolare e per tutti i missionari, mostrando come si possa fare qualcosa per il mondo pur vivendo in solitudine. Oggi non mi privo più di Thomas Bernhard, che ritengo il più grande scrittore del Novecento. Dico scrittore, non filosofo o pensatore, c’è differenza. Ciò che Paolo Nori e Thomas Benhard mi sembra abbiano trovato è una scrittura, un modo di scrivere. Soprattutto una sintassi. Qualcosa che ha a che fare più col significante che col significato. Un modo di disporre le parole che trasforma il testo in scorrevole. Da qui la grande forza persuasiva dei due scrittori, la loro capacità di portarti dalla loro parte. Ho sempre pensato che se riesci a tenere incollato qualcuno a una pagina o a uno schermo, qualsiasi sia il trucco ritmico, cioè di velocità, di cambiamento continuo, o di luci e colori, che sei riuscito a inventare, a quel punto puoi sparare a questo qualcuno qualsiasi idea. L’idea entrerà in lui automaticamente senza che nemmeno se n’accorga. È per questo, credo, che Čhecov nei consigli di scrittura ad aspiranti scrittori dice di non rifinire troppo, ma a un certo punto di osare consegnando il testo così com’è. Osare, essere audaci. Non voler per forza essere piaciuti a ogni costo. Chi scrive perfettamente, come fa Gadda, o Borges, non è un uomo falso? Ci credo che la scrittura sembra perfetta, l’hai revisionata millemila volte! Ma rispecchia ciò che sei, i pensieri come ti sono venuti fuori la prima volta dalla mente? Non credo, non nasconderti dietro la scrittura, la scrittura dovrebbe mostrare più di ogni altra cosa ciò che sei. Čhecov è amabile, ma perché trovo che sia amabile Čhecov. Paolo Nori e Thomas Bernhard trovo siano persone al confine col disgustoso, se non comuni mortali pieni di difetti come tutti, ma che si sono creduti grandi perché hanno inventato qualcosa. Cosa hanno inventato? Una scrittura, un modo di scrivere. Ma forse è tutta invidia.

11 commenti:

  1. Condivido la riflessione finale, anche se credo che però la revisione del testo vada sempre fatta e in modo "professionale", sia pure senza stravolgere il senso della storia che si vuole raccontare.
    I miei autori "devastanti" sono stati Kundera e Houellebecq, e anch'io non riesco più a leggere nulla delle loro opere oltre a quelle che ho già divorato.

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    1. Grazie per la condivisione. Lessi solo: "Estensione del dominio della lotta", mi cambiò gli occhi.
      Idealmente credo che la revisione debba essere lavoro di lima, che non dovrebbe, come dici anche tu, stravolgere la composizione, il parto originale.

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  2. Caro Filippo, non conosco i libri di cui parli. A me piace leggera ma preferisco libri più leggeri. I libri che leggo io, sicuramente non hanno la profondità dei tuoi, non si prestano a riflessioni profonde ma mi piacciono le avventure che raccontano. Ciao - buona domenica-

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    1. A suo tempo sono stato un avido lettore e leggevo di tutto, negli anni il gusto, come il tempo, si è affinato. Per dire, oggi invece che buttarmi preferisco farmi consigliare. Penso però che se avessi tempo tornerei a leggere di tutto. Ciao!

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  3. per fortuna che qui da nojos, in thaja, ci son così tanti argomenti attuali da trattare che si può tranquillamente non dare più tanto spazio alla fantasia, all'immaginazione

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    1. Nori è al 90% autobiografico, così come Bernhard, con nomi di fantasia. Certo hanno preso dalla vita che hanno conosciuto. Gli argomenti che interessano cambiano da persona a persona. Non sono mai stato quello dell'immaginazione pura, tranne nel caso di pochissimi autori, ma nemmeno quello della passione politica. A me piace la filosofia prima, che Aristotele chiama teologia.

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  4. Ho avuto autori devastanti, Manganelli su tutti, ma ancora oggi posso essere divorato da un libro, e qualcosa di scritto bene (ma anche girato, dipinto, scolpito..) è vero che può incatenarti anche oltre il messaggio intrinseco. La bellezza incanta, anche al miliardesimo tramonto.

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    1. Manganelli è uno che ho voglia di conoscere da tanto tempo. Il poco che ho visto mi ha ammaliato. Verrà anche il suo momento. Condivido in pieno ciò che dici sul potere della bellezza di colpire sempre.

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  6. Stessa cosa per me, non riesco più a leggere con la stessa disinvoltura di un tempo, mi annoio subito...
    Ci sono un paio di libri che fanno parte del mio passato (uno dei 2 è di Hermann Hesse) che volevi ricomprarmi per il piacere di rigustarmeli, proprio mentre ero a un passo dalla libreria ci ho ripensato e mi è venuto in mente di cercare l'audio book online... Sono riuscito a trovarlo di entrambi 🙂(sono libri piuttosto famosi in effetti....), solo che poi mi è passata pure la voglia di stare ad ascoltare😩
    (tutti questi media moderni iper-veloci ci hanno proprio abituati male, oggi capacità di narrare vuol dire intrattenere davanti uno schermo....😞)

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    1. È il gusto che si affina, caro Alex, e affinandosi si restringe. In più quando si è giovani si ha lo stomaco capace di digerire di tutto, ci si forma il gusto proprio leggendo cose sia buone sia cattive. Ma poi la digestione diventa più macchinosa, lo stomaco è più delicato e non sopporta tutto. Credo che semplicemente, nel tuo caso, la tua anima abbia come sempre bisogno di cibo, solo che fa più fatica a trovarlo rispetto a prima. Affidati ai consigli, alle recensioni, al caso, e vedrai che troverai qualcosa che ti prende anche in questo momento della vita. L’alternativa, se proprio nulla va giù, è mettersi a produrre. Forse la tua sete di narrativa può essere soddisfatta solo da te stesso.

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