I parti dell’anima

Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore (Lc 2,19)


Se si legge Simposio di Platone si ricava la nozione di parti dell’anima. Parti nel senso di nascite, non partizioni. Avrei anche Simposio a portata di mano, ma non voglio andare sempre a citazioni. Voglio provare a fare un discorso a memoria e riportare a parole mie ciò che vi si dice. Per chi volesse controllare, ciò che sto per dire si trova nel discorso di Socrate, che è il sesto di sette. I sette discorsi di Simposio sono elogi di Eros e sono, in ordine, di Fedro, Pausania, Erissimaco, Aristofane, Agatone, Socrate e Alcibiade. Sono importanti tutti, in ciascuno si dice almeno una cosa importante. I convitati si accordano all’inizio di trascorrere il convivio, invece di bere vino, facendo elogi di Eros. Il più importante dei discorsi, dal punto di vista filosofico, è quello di Socrate. Non tanto perché è di Socrate, ma perché è di una certa Diotima di Mantinea, con la quale Socrate un giorno ebbe una conversazione su Eros; il discorso che Socrate fa su Eros non è altro che la registrazione mnemonica della conversazione con Diotima. Diotima era un’esperta di Eros. La sua figura è importante anche perché mette in evidenza la considerazione che aveva Platone per la donna. In Platone gli eroi, per così dire, sono i giovani di nobile natura, proprietari di una sapienza che neanche sanno di avere, se non ci fosse Socrate a estrargliela con la tecnica maieutica. Se l’uomo ha un ruolo fecondatore, la donna ha il ruolo di raccogliere ciò che è stato prodotto e custodirlo, gestendolo ed elaborandolo. La memoria è una dote femminile. Socrate, in tutto Platone, con la tecnica maieutica, che ricalca, per quanto riguarda l’anima, ciò che la tecnica ostetrica fa per il corpo, ha un ruolo femminile. Aiuta i giovani a partorire la sapienza che hanno dentro. Dal dialogo Menesseno, ad esempio, emerge un’altra figura di donna sapiente e insegnante, Aspasia, la quale mi pare insegnasse grammatica ed era solita prendere a botte gli studenti somari. Se si prende l’edizione Bompiani, curata da Giovanni Reale, nell’Introduzione si può leggere un’interessante interpretazione di Reale sulla suddivisione in sette discorsi di Simposio. Per Reale, che, come tutti, considera Platone fecondo scrittore e pensatore, il filosofo avrebbe ingegnosamente architettato l’opera ricalcando il genere tragedia; le tragedie erano composte di tre parti più una, la cosiddetta operetta satirica. In Simposio si tratta di tre coppie di discorsi più l’insapettato discorso di Alcibiade che fa la parte del satirico. Per genere satirico si intende un genere basso, di stile e contenuto. È mia convinzione, dopo aver studiato a lungo Platone, che Platone non è affatto l’autore dei cosiddetti dialoghi socratici, come li chiamava Orazio, così come sono stati riportati. La verità è che i dialoghi socratici sono realmente avvenuti, sono stati registrati mnemonicamente e pian piano, un pezzo per volta, messi per iscritto. Si può verificare, da un lato, la procedura di memorizzazione e trascrizione leggendo l’inizio del dialogo Menone, dove è descritta nei particolari; per quanto riguarda le capacità di memorizzazione, è da tener conto che gli amici del passato erano molto più abili di noi in quanto a tecniche mnemoniche; c’era inoltre chi era più dotato di altri, come Ippia; basta leggere, ora non ricordo se Ippia maggiore o Ippia minore per contemplare un altro personaggio di tipo socratico, cioè mnemonico, che però era anche un po’ pirla, nel senso che, dato che aveva una gran memoria, si credeva anche un gran sapiente. C’è invece differenza tra la proprietà di sapienza, maschile, produttiva, generatrice, e la proprietà di memoria, femminile, accoglitrice, elaboratrice mediante operazioni logiche fredde. I discorsi che Socrate intrattiene con Ippia servono a dimostrare a quest’ultimo che non è un sapiente, ma solo uno mnemonico. Lui si credeva sapiente in quanto mnemonico, ma Socrate, che aveva partecipato ai misteri pitagorici, orfici e altro, ne sapeva di più, e conosceva meglio se stesso rispetto a Ippia. Ippia, siccome batteva tutti nelle gare di memoria, si credeva sapiente; il fatto è che nei ragionamenti aveva fatto un sacco di errori, e Socrate glielo dimostra col suo tipico procedere a domande. Platone non è stato altro che uno dei giovani che si sono intrattenuti con Socrate, uno dei registratori dei dialoghi conservati mnemonicamente, il raccoglitore degli stessi e il fondatore dell’Accademia, dove insegnava mediante i dialoghi. Ma i dialoghi sono occasionali. Questa è la cosa più importante da tenere a mente. Cosa significa occasionali? Significa che sono avvenuti una sola volta in un preciso momento storico e tra persone precise. Non manca un intervento, cioè una partecipazione o ispirazione divina. Vedere Teeteto per una disamina fatta da Socrate sulla tecnica maieutica; e Fedro per il discorso sulla scrittura come farmaco della memoria, che serve cioè a richiamare alla memoria, ma che di fatto rovina le capacità mnemoniche, perché non si fa più conto sulla capacità di ricordare e sulle tecniche mnemoniche. In Simposio, nel discorso di Socrate, che riporta la conversazione con Diotima, c’è il concetto di parti dell’anima. Si parla del Bene e si dice che tutti lo cercano perché ogni volta che vi ci si accosta si hanno parti dell’anima. Il Bene aiuta a partorire. Dove si trova il Bene, o il suo alter-ego, il Bello? Nelle cose buone e nelle cose belle. È per questo che gli uomini cercano costantemente le cose buone e le cose belle, perché a contatto col Bene e col Bello – che, si può dire, sono la stessa cosa – hanno generazioni nell’anima. Tali generazioni sono il venire alla luce di ciò che prima era nascosto, e non essendo ancora venuto alla luce causava doglie, sofferenze. “Tu hai le doglie”, dice Socrate a Teeteto, e procede col trattamento maieutico. Il Bene e il Bello hanno potenza maieutica in sé. Accostandosi a essi si genera. A questo punto, come spiega Socrate in Teeteto, spetta all’ostetrico dell’anima discernere se ciò che è stato generato è fantasma o cosa vera, se l’anima ha prodotto una falsità o una verità. Se ha prodotto falsità, la si elimina mediante confutazione; se ha prodotto verità, la si conserva mnemonicamente per poterla usare altre volte. “Come frecce in mano a un eroe sono i figli della giovinezza” (Sal 127, 4). Da ricordare anche, come prova dell’affinità di linguaggio tra la Bibbia e Platone, il capitolo ottavo della Lettera ai Romani, “Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto” (Rm 8, 22-23). A questo punto, per confortare la tesi della occasionalità dei dialoghi socratici e della presenza in essi di ispirazioni divine, notate tra l’altro da Socrate in più occasioni mediante il ringraziare e il riferirsi alla divinità, ricorderei le parole di San Giustino Martire, cristiano dei primi secoli, che ha avuto un percorso di vita simile a quello di Sant’Agostino. Passato attraverso la filosofia, avendo testato varie dottrine, è arrivato al Cristianesimo e ha trovato che in esso c’è la verità. Una delle sentenze più note di San Giustino Martire, rintracciabile in qualsiasi momento nei suoi scritti, è qualcosa del genere: “Ciò che l’Antico Testamento è stato per il popolo giudaico in merito all’attesa del Messia, cioè del Figlio di Dio; così la filosofia greca, in merito alla stessa attesa, è stata per i popoli gentili”. Forse è di poco momento ricordare che in Sofista Socrate chiama due stranieri provenienti da Elea “dèi”? O che in Politico si parla di “regno di Dio”? Chi conosce Platone, e il suo discepolo Aristotele, è pronto per la Bibbia. Troverà un sacco di termini e concetti comuni. Nella Bibbia si trovano risposte a ciò che nei dialoghi socratici è domanda. Ho fatto di nuovo un resoconto della mia venuta alla fede. Nel mio piccolo, ai miei tempi sono stato un pensatore. Adesso che l’intelletto non è più forte come una volta, e che i risultati sono scadenti, lascio perdere. Ma non dovrei lasciar perdere. L’intelletto, come diceva la santa suora che ha fondato la comunità nella quale sono stato frate, è proprietà di Dio. È lui che decide come e quando farlo lavorare. Se vuole che produci anche in vecchiaia, te lo farà fare. “Il giusto fiorirà come palma, / crescerà come cedro del Libano; / piantati nella casa del Signore, / fioriranno negli atri del nostro Dio. / Nella vecchiaia daranno ancora frutti, / saranno vegeti e rigogliosi, / per annunziare quanto è retto il Signore: / mia roccia, in lui non c’è ingiustizia” (Sal 92, 13-16).

16 commenti:

  1. Ho finito di leggerti ma non ricordo più l'incipit. Che tipo di memoria ho? Me sa che Dio ha già ripreteso indietro l'intelletto (ammesso me l'avesse mai prestato..)

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    1. Dovrebbe essere che intelletto, memoria e volontà, le tre potenze dell’anima, vanno insieme, per cui se si indebolisce uno si indeboliscono anche gli altri. Io ad esempio avendo curato poco la volontà con la mia pigrizia, mi sono giocato anche memoria e intelletto.

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  2. che belle le favole filoso_fiche che ancora appassionano la maggior parte di quelli che poi son costretti a buttasse in politica per poter meglio gratificare materialmente la loro condizione di vita a parte sporadiche eccezioni, perché la filo_sofia ancora dà lavoro negli atenei, pochi eletti, fra i quali mi piaceva il fusaro che poi non ebbi più il piacere di seguire, troppo monotono, poco realista

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    1. Chi si accosta a Platone non può più abbandonare la filosofia. Socrate ne parla come la più alta attività a cui possa dedicarsi l’uomo. Perciò ho lasciato l’università, da vero idiota, perché poi per trovare lavoro ho fatto una faticaccia, ma non ho mai smesso di studiare. Le attività dell’anima sono più preziose di quelle del corpo.

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  3. Dici che l'intelletto oggi non è più come una volta, ma mi pare che ti destreggi ancora bene in una materia così cerebrale come la filosofia.
    Sarà che io sono proprio negato per la filosofia, non riuscirei a mettere in fila neppure due righe del post che hai scritto.

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    1. Forse non ti accorgi che sto raschiando il fondo del barile. Questo è tutto ciò che resta di riflessioni fatte in gioventù. Oggi, complice il poco tempo, riesco a stendo a produrre qualcosa di nuovo.

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  4. Anonimo22/1/23

    Molto bello questo collegamento tra i dialoghi socratici che pongono domande e le risposte nella Bibbia,la racchiuderei in un unica parola :conoscenza.
    Socrate filosofo del V secolo a.C, periodo in cui avvenne l'importantissimo passaggio dalla tradizione orale a quella scritta ma   lui però, decise di non lasciare nulla di scritto.
    Socrate stesso ne argomentava le motivazioni  con due riflessioni affermando che“I libri inevitabilmente devono avere una fine. Questa necessità, tuttavia, è come se ponesse un termine alla ricerca. Ma ciò è negazione del senso della filosofia, che come abbiamo sottolineato è confronto, dialogo e ricerca costante. La ricerca deve  durare tutta la vita, e anche oltre”.

    Il secondo motivo risiedeva nell’accortezza che sempre riservava ai giovani. Preoccupato per loro pensava: “Se a un ragazzo che risiede fuori Atene giungesse un testo che arriva ad una conclusione, che successivamente potrei rivedere perché il dialogo mi ha mostrato che mi sbagliavo, chi lo avvertirebbe, vista la distanza e soprattutto, non essendo io presente, chi chiarirebbe al giovane i dubbi suscitati da quello che io stesso ho scritto?”.
    Filippo ti pongo una domanda visto che sei stato uno studioso a tal riguardo, è possibile che Socrate sia un personaggio inventato da Platone e il fatto che di lui non esistano scritti sia effettivamente una conferma?


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    1. Grazie per l’accorto commento e le precisazioni sui limiti di libri e scrittura.
      La risposta alla domanda che fai è nel post. Per me Socrate è realmente esistito e i dialoghi pure, occasionali, cioè avvenuti una sola volta e tra quelle persone precise. Poi tra Socrate stesso e i suoi amici c’è stato un lavoro di memorizzazione e in seguito di messa per iscritto di ciò che era avvenuto. Si può leggere la descrizione di questo processo proprio all’inizio del dialogo “Menone”. Ciao!

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    2. Anonimo27/1/23

      Devo ammettere che hanno un senso spirituale questi tuoi post e li trovo molto interessanti,come se riempissero un qualcosa su cui sento di aver toccato,pur non avendo approfondito bene bene,Platone e Socrate...questo collegamento con la Bibbia poi,molto bello

      Ed è vero che la risposta a quella mia domanda e nel post stesso, così quanto è vero che con Ippia non ho in comune nemmeno il dono mnemonico:)...dono che invece tu possiedi attraverso la dimostrazione di andare proprio a memoria senza consultare il libro che hai e da cui non attingi per sfidare la tua mnemonica ,da cui anche il dono della sapienza.Ci vedo un collegamento tra te e questo scritto tra Socrate e Ippia ,ma non solo perché proviene da te stesso, quanto ad impersonarne la parte stessa,tra sapienza e mnemonica.Non so se sono stata capace di farmi capire..


      Poi che dire anche di questo che riguarda l'anima: "In Simposio, nel discorso di Socrate, che riporta la conversazione con Diotima, c’è il concetto di parti dell’anima. Si parla del Bene e si dice che tutti lo cercano perché ogni volta che vi ci si accosta si hanno parti dell’anima. Il Bene aiuta a partorire. Dove si trova il Bene, o il suo alter-ego, il Bello? Nelle cose buone e nelle cose belle. È per questo che gli uomini cercano costantemente le cose buone e le cose belle, perché a contatto col Bene e col Bello – che, si può dire, sono la stessa cosa – hanno generazioni nell’anima."

      Il sapere latente da tempo immemorabile nell'anima umana per Platone è la "reminescenza ",quale verità immutabile della ragione, per Agostino (cui citi nel post,scusami) è l' "illuminazione" cioè Dio... legge stessa della ragione .

      Io abbraccerei entrambe le visioni:)

      Buona serata Filippo

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    3. Guarda, se davvero avessi una memoria allenata sarei in grado di ricordare i singoli passi parola per parola, invece vado proprio con ciò che mi è rimasto, come una specie di alambicco che distilla e alla fine resta poca roba, sebbene concentrata. Purtroppo neanch’io sono uno mnemonico. Però mi è stato spiegato da uno psicologo che la memoria è emotiva e selettiva; in pratica ricordiamo ciò che ci piace, ciò che ci interessa, ciò che tocca in noi qualcosa. Questi argomenti, non so perché, hanno sempre catturato la mia attenzione. Sono stati e sono tutt’ora il mio pane. Il problema è che sono difficili e bisogna avere tempo a disposizione. Per dire, ogni volta che studio Platone devo mettermi al tavolo con carta e penna e prendere appunti, è l’unico modo in cui riesco a fare meditazioni che restano. Ed è da tanto tempo che non lo faccio...

      Il senso spirituale di cui parli per me è il puro e semplice ricercare la sapienza come modo per avvicinarsi a Dio. La parola sapienza e la figura del sapiente hanno esercitato su di me un gran fascino sin da quando ero giovane. È stato bello scoprire che i veri sapienti sono divini e amici di Dio. Fortunatamente a un certo punto l’ho capito, ho capito cos’era che saziava la mia fame e mi sono messo al lavoro. Dico fortunatamente perché i testi di cui parliamo hanno letteralmente cambiato la mia vita in termini di comportamenti buoni e cattivi.

      Credo di avere una natura produttiva più che mnemonica. Certo, quel poco di memoria l’ho anch’io. Ma conosco persone che sono proprio spugne e ricordano tutto, parola per parola, ciò che vivono o leggono. Però devono ricevere da altri e non generano in sé la sapienza. Per quanto riguarda me, mi pare di essere sempre stato piuttosto intuitivo, con una facilità a capire le cose, a coglierne il senso, che però ha il lato negativo che poi, siccome sono arrivato al traguardo, me le fa abbandonare subito. Non sono uno di quelli che coltivano un argomento a lungo, applicandovisi tutta la vita. Prendiamo Giovanni Reale, la sua conoscenza di Platone dev’essere minuziosa, avendo dedicato ogni sua giorno a esso.

      Come al solito vedo che mi citi Agostino, tuo faro... Certo, Dio è la verità stessa. Quindi quando vediamo qualcosa, quando capiamo qualcosa, quando ci avviciniamo alla verità, è lo Spirito Santo che agisce in noi e che si fa presente in noi. O meglio, lo Spirito Santo è già presente in noi, ma è come il fuoco che cova sotto la cenere. Nei momenti di ‘illuminazione’ viene fuori e ci riempie. Dio è inoltre ‘la’ ragione, il Logos, e noi siamo fatti a sua immagine; ciò significa che la nostra ragione è a somiglianza della sua, anche se la sua è perfetta e la nostra imperfetta.

      Ti ringrazio come sempre per le tue letture approfondite di ciò che scrivo. È gratificante!

      Un saluto.

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  5. Ho quell'edizione che citi, dovró rileggerla. Il Fedro e il Simposio sono due dialoghi straordinari!

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    1. Infatti. Poi con Giovanni Reale e suoi legami con la scuola di Tubinga nel Novecento si sono fatti passi avanti magistrali su Platone. In particolare per quanto riguarda la struttura teatrale dei dialoghi e le cosiddette teorie non scritte (che venivano comunicate solo a chi voleva o poteva partecipare a certe iniziazioni).

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  6. Se non ho capito male sei stato frate. Ti faccio i complimenti per la cultura che possiedi. Io ho studiato filosofia al liceo, e all'università ( scienze dell'educazione) ho fatto due esami di questa disciplina che adoro. In effetti è indubbio che il cristianesimo abbia richiami socratico-platonici. In fondo quando la religione cristiana è uscita fuori da Israele e si è diffusa nel mondo ha finito col sposarsi con le culture e le ideologie degli altri popoli. Anche il concetto dell'aldilà, del rifiuto del corpo a favore dell'anima, sono concetti platonici, ricordano molto L'Iperuranio, il mito della biga alata etc.. Diciamo che paradossalmente il Cristianesimo somiglia di più alla filosofia platonica ( ma anche aristotelica) che all'ebraismo.

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    1. Non sapevo avessi fatto Scienze dell’Educazione! Quello che posso dire è che gli esami universitari (ne ho fatto uno di Filosofia antica in seminario) non restituiscono la profondità e la ricchezza di ciò che Platone può dare se affrontato singolarmente. Io purtroppo abbandonai l’università a 23 anni (facevo Scienze della Comunicazione), cosa stupida e controproducente, ma da un lato mi sentivo stretto e negli anni successivi ho potuto dedicarmi a studi che meglio saziavano la mia anima. Platone è una fonte inesauribile, come la Bibbia. Più ci si sta sopra, più regala conoscenze e livelli di interpretazione. Certo, è spesso ostico, ciascuna argomentazione può essere cibo per giorni o mesi. Però davvero vale la pena, consiglio sempre di prenderlo in mano se possibile, specialmente se in giovane età, perché appunto ci sono fatiche di Ercole (quelle che servono a sconfiggere le Chimere) che non si possono fare sempre. Per quanto riguarda la cultura che possiedo, non è molto vasta. Perlappunto mi sono dedicato, dai 27 anni in poi, quasi solo a Platone e alla Bibbia.

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  7. Ho visto che anche San Tommaso d'Aquino, festeggiato giusto ieri, si attivò per trasferire il pensiero di Platone in chiave cristiana...🙂Platone doveva piacere davvero molto a tutti questi santi... 😄

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    1. San Tommaso è noto più che altro per aver sdoganato Aristotele, non solo facendolo conoscere, ma assumendone il metodo. Il platonico è Agostino. Comunque dici Aristotele dici Platone, in quanto uno era discepolo dell’altro.

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