Trascinarsi

La mia vita è disperata. Sono un uomo ormai prossimo alla fine.
So che lʼultima frase riecheggia un salmo, ma cʼè poco da scherzare. Mi è venuta in mente e basta. È una buona cosa quando si comincia a pensare con la Parola di Dio.
Ma non è di questo che voglio parlare, bensì dellʼuomo che sono.
Sono un uomo senza qualità. Pure questa, come frase, è il titolo di un libro. Non lo faccio apposta.
Non ho virtù. Le virtù si costruiscono mediante lʼabitudine, come dice Aristotele. Più fai una cosa, più la farai. Ho solo cattive abitudini.
Più mi guardo in giro, più mi rendo conto di essere al fondo della società. Sono un misero corriere. Consegno pacchi. E non sono nemmeno bravo, nel senso che non sono tra i più veloci, semmai tra i più lenti. Un tempo avevo come motivo di orgoglio dare un sorriso a ogni cliente. Oggi – oberato di straordinari – mi sveglio la mattina e voglio piangere. Passo le giornate nella tristezza, pensando: “Non ce la faccio più!”, “Voglio andare a casa!” e: “Quando finirà?”. Continuo a ripetere mentalmente: “Gesù aiutami”.
I luoghi in cui vado non mi piacciono. Se sono zone cittadine, sono piene di barboni e stranieri.
Sono razzista.
Se sono zone di campagna, gli automobilisti mi guardano male anche lì, perché sono costretto a parcheggiare alla cazzo.
Sono pigro. Quando avevo il contratto a tempo determinato correvo come un pazzo, su e giù dal furgone come uno stambecco infoiato. Da quando mi hanno fatto il contratto a tempo indeterminato ho iniziato a sentirmi imprigionato per la vita. Pensa che testa che ho. Pensa come funziona la mia testa. Ho iniziato a rilassarmi. Oggi non corro più, cammino. Scendo e salgo dal furgone lentamente, con un grugnito di fatica.
Dormo dieci ore per notte, ciononostante sono sempre stanco. La mia pancia è cresciuta a dismisura e ormai peso quasi 100 chili, alto 182 cm.

A Dio in preghiera ho chiesto di farmi morire col coronavirus. Ero traboccante di gioia quando ne ho sentito parlare. Ho detto: “Finalmente è arrivato il momento!”. Poi ho scoperto che prendeva solo i vecchi.

Sono Mr. Heckles di Friends. Sicuramente morirò solo. Non sono in grado di mantenere unʼamicizia. Ho appena tentato di intraprendere un rapporto sentimentale, e dopo poco non la sopportavo più. È vero che non lʼho mai amata, e ho provato a prenderla e tenerla solo perché pensavo che lʼaveva messa sulla mia strada Dio, però è anche vero che il mio grado di sopportazione è minimo. Vedo difetti in tutti. E chi scaglia la prima pietra... Condanniamo solo ciò di cui siamo colpevoli noi stessi. Più si è pieni di peccato, più si giudicano gli altri. Un vero solitario – come me – non è un uomo che cerca la solitudine per cercare Dio. Anzi, è un uomo talmente pieno di peccato che non ce la fa a smettere di giudicare il più piccolo dettaglio nel suo prossimo. Se uno cerca difetti, o peccati, ne troverà in chiunque. Il vero solitario è quellʼuomo che non può fare a meno di cercare e trovare difetti o peccati in chiunque.
Ho chiesto a Dio di farmi morire col coronavirus. Uno psicologo mi definirebbe suicidale, con un termine derivato da un termine inventato dagli anglosassoni, suicidal. Solo che io non mi suiciderei mai perché so che è un peccato troppo grande. Però è vero che voglio morire. O che non voglio vivere. Una delle mie canzoni preferite è The will to death di Frusciante. Per me dormire è un modo per non dover affrontare la giornata. Ecco una delle radici della mia smisurata pigrizia.
Dio parla e risponde. Pochi giorni dopo la mia richiesta, mi ha fatto ascoltare il racconto di un collega, grande bestemmiatore e corriere velocissimo.
Il collega anni fa è rimasto vittima di un incidente stradale, 23 fratture in tutto il corpo. Dice che mentre era in coma ha visto una luce bellissima, piena di pace e gioia. Ha fatto per andare verso la luce e ha ricevuto uno schiaffo (non ricordo da chi) e una voce gli ha detto: “Dove vai? Non sei ancora pronto per andare lassù. Non è il tuo posto, il tuo posto è sulla terra!”. Si è svegliato e gli faceva male la guancia. Se si fanno richieste a Dio, Dio risponde. Se si è attenti e capaci di ascoltare, si può sentire Dio che parla. Ho fatto una richiesta a Dio – di farmi morire col coronavirus – e lui mi ha risposto col racconto del collega.
Non sono ancora pronto. Ma per chi mi conosce non è difficile accorgersi che non sono uno da Paradiso. Forse non sono da inferno, ma ora come ora se morissi non andrei sicuramente più in là del purgatorio.
Faccio i mestieri in casa una volta ogni due settimane. A volte restano per giorni i piatti da lavare. Mi dà fastidio tutto. Sono davvero nei guai. Non mi meraviglierei se la mia vita finisse da barbone.
Parlo anche troppo di me stesso. Sono egocentrato. Mi analizzo a non finire e non faccio altro che trovare cose negative.
Non mi interessano gli altri, e nemmeno fisso lo sguardo su Dio, “Guardate a lui e sarete raggianti” (Sal 34, 6).
Non ho gioie nella vita. Da quando ho smesso di fare il frate è finito anche lo scopo per cui andavo avanti. Ero sempre triste anche quando ero frate – e non è difficile immaginarsi che razza di frate lazzarone fossi, anche se amavo la preghiera e lo studio – però almeno la vita aveva trovato un indirizzo. Per quelli come me, che non riescono a nessuna età a trovare cosa fare nella vita, servire Dio si profila come sbocco naturale. Diventa davvero un: “Ecco perché non avevo mai trovato la mia strada, perché la mia strada era servire Dio!”. Finito questo – per un colpo di testa da vero psicotico – per me la vita ormai non è altro che un misero tirare a campare. Non vedo lʼora che arrivi la fine.
Ho paura che la mia negatività si trasmetta agli altri. In gruppo, o in una relazione, ho sempre paura di essere quello che porta ed emette negatività. Mi sforzo, spesso prego per questo. “Dio, dammi uno poʼ di gioia da dare agli altri”. “Faʼ che io sia per gli altri qualcosa di buono”. Ma mi sa che la maggior parte delle volte sono colui che rattrista chi incontra.
Ho una passione, la scrittura. Uno direbbe: “Sicuramente scrivi tutti i giorni!”. Nemmeno questo faccio.
La verità è che sono una di quelle persone a cui non piace lavorare, questa è l'amara verità. Si potrebbe dire che soffro di depressione, ma ormai il mio grado di sapienza mi impedisce di pronunciarmi sulla validità di ciò che dicono gli psicologi. Non so se è giusto, non so se è sbagliato.
Spero che almeno in cielo mi accreditino questo non sapere come povertà di spirito.

2 commenti:

  1. Periodi difficili capitano a tutti. Posso dire che la mia vita non è stata in discesa, tutt'altro. Di depressione ho sofferto anch'io, l'accidia fa parte del mio essere. Però tiro a campare. Penso che bisognerebbe cambiare a volte, fare cose diverse per non restare imprigionati nella routine. Non sei il solo a sentirti così, ma se ti butti giù è peggio. Se decidi di essere il peggiore va a finire che lo diventi, quindi decidi di non essere poi così tremendo come credi. Togli un'ora al sonno per curare un po' il tuo aspetto, per raderti tutti i giorni, lavarti i capelli ogni due giorni. Abbi rispetto del tuo corpo e insieme al corpo anche lo spirito si sentirà migliore. Se proprio devi indulgere in qualche peccato, evita quelli autolesionistici e scegline altri che ti diano almeno un po' di piacere e buonumore, poi Dio ti perdonerà, anche perché sa bene che nessuno uomo può vivere nella tristezza.

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  2. A. G. non so come ringraziarti per i consigli. Li mediterò. Il mio trucco per ora è fare un passettino per volta e non impormi obbiettivi troppo grandi. Però è anche vero che ultimamente il lavoro mi ha sommerso. Da ciò, soprattutto, è nato questo post.

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