Il toro

Quando arrivai, Paolo, suo padre e Stefano stavano lavorando nellʼorto. Oscar, il toro, era legato in giardino. Lo facevano stare in loro compagnia mentre lavoravano. Mi raccontarono di come Alessandro si era fermato in Sardegna e non aveva proseguito il viaggio con loro perché, diceva, i suoi amici lo prendevano in giro a causa di Stefano.
In effetti Stefano era proprio un babbo, e poteva essere di imbarazzo. Ma a noi non importava, ed eravamo contenti di poter passare tempo insieme ai vecchi compagni di classe.
Quante volte ero stato in quella casa. La sera andai a letto presto perché ero stanco per il viaggio che avevo fatto per raggiungerli. Mentre Paolo, suo padre e Stefano erano ancora nel salone a guardare la televisione e a mangiare una delle torte fatte dal padre di Paolo, mi svegliai e mi affacciai alla finestra della mia camera. Che estate. Come ricordavo quei panorami. Salii sul davanzale per contemplarli meglio e per respirare appieno lʼaria notturna. A un certo punto persi lʼequilibrio e mi aggrappai allʼanta esteriore di legno, che per fortuna non era agganciata al muro. Lʼanta si aprì completamente e sbattè, poi tornò indietro. Così per un paio di volte. Durante quei due swing ebbi modo di contemplare tutta la valle come a testa in giù ancora una volta e veramente appieno. Come mi era famigliare, e quanti ricordi si risvegliavano in me nonostante tutto mi stesse passando davanti agli occhi a velocità da capogiro. Persi la presa e caddi in mezzo al giardino. Stavo ancora riprendendomi dallʼesperienza da ubriaco che avevo appena avuto, che mi resi conto che Oscar aveva sfondato il portellone della sua stalla con una cornata e ora mi stava puntando correndo a tutta furia. Arrivava verso di me ad altissima velocità. La mia paura fu enorme. Mi rialzai in fretta e iniziai a correre. Puntai verso lʼangolo della casa. Vi girai intorno. Oscar mi era dietro. Dopo un giro della casa col toro che mi inseguiva, trovai Paolo e suo padre fuori dalla finestra del salone che dava sul giardino. Avevano sentito tutto ed erano corsi in mio aiuto. “Arriva, arriva. Dentro, dentro”, lì sentii dire. Arrivai alla finestra e mi incalzarono di entrare. Stefano, da dentro, mi aiutò tirandomi per le braccia a scavalcare la finestra, che per fortuna era piuttosto bassa. Poi entrò il padre di Paolo e infine Paolo. Eravamo salvi. Per la notte, lasciammo Oscar fuori a gironzolare per il giardino. Mi misi a guardare la televisione con loro. Vidi che non avevano quasi toccato le torte di pinoli fatte dal padre di Paolo. Erano tutte per terra su un vassoio con solo qualche smangiucchiata. “Cosʼè, fate il lutto perché non cʼè Alessandro? Ci si può divertire lo stesso anche se non cʼè lui. E godiamocela!”, dissi. “Vedo che sei interessato alle torte”, disse il padre di Paolo. “Perché no? Se si può, io un assaggio lo farei”, dissi. “Prego, prego”, disse il padre di Paolo. “Sapete cosa vi dico? Io prendo anche un poʼ di quel Merlot che cʼè in frigo, che con le torte ai pinoli ci va benissimo”. Andai in cucina, aprii il frigo e presi la bottiglia di Merlot stando attento a non spostare le conserve del padre di Paolo che riempivano i due ripiani. Tornai di là e Stefano disse: “Quasi quasi ti seguo, va! Taglia una fetta pure a me”. Presero un bicchiere anche Paolo e suo padre, e la serata finì allegramente nonostante la mancanza di Alessandro. Quante ne avevamo fatte insieme! E come era bella la campagna, fuori, in piena estate!

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