Gi aspettatori

Il diavolo si insinua nei punti di rottura. Cos’è un punto di rottura? Un punto di rottura è dove l’uomo cerca di dare il meglio di sé e raggiungere la virtù, il massimo bene in ciò che sta facendo. Il diavolo non lo sopporta e viene a sabotare.

L’orchestra aveva interpretato perfettamente il primo movimento del Concerto per pianoforte n. 18 di Mozart, k. 456, durante l’interruzione il pubblico aveva fatto i suoi colpi di tosse, schiarimenti di gola, assestamenti sulle sedie il più sommessamente e in fretta possibile perché capiva di trovarsi di fronte a una delle interpretazioni più geniali degli ultimi tempi. Sempre, quando ci si trova di fronte a un accadimento di questo genere, nelle persone sale il senso di meraviglia accostato al rispetto, rispetto per ciò che sta succedendo, consapevolezza di trovarsi di fronte a qualcosa di magico, di superiore, voluto da una volontà altra, più grande e maggiore della semplice somma delle volontà.

Il secondo movimento, come sempre, era deludente. L’ascoltatore di Mozart ama il brio, i trilli, gli staccati, l’allegria. Il vero amatore di Mozart non è un vero ascoltatore di musica classica, non gli importa niente delle sue strutture, dei suoi hegeliani tesi-antitesi-sintesi, vuole solo sentire Mozart, il vivace Mozart e godere. Lo stesso Mozart pare piegarsi ai dettami delle strutture precodificate per ossequiare committenti e critici, ma il suo vero e primo impulso sarebbe quello di un’orgia musicale bacchica piena di frenesia sempre più veloce.

Andiamo adesso ad ascoltare i tempi lenti di Mozart. Non sembra uno sforzo? Il tentativo di lacrimare di un essere immensamente gioioso che si strizza gli occhi ipocriti per fingere melancolia? Il pubblico, grazie a un’eccellente interpretazione dell’orchestra e del solista, aveva come un’illuminazione, vedeva più chiaro del solito, la musica lo elevava a capire, a comprendere questi dettagli. Sapevano di trovarsi di fronte a un secondo movimento, seppur il bellissimo secondo movimento del concerto per pianoforte n. 18, k. 456 e fremevano nell’attesa del terzo.

Qui, il diavolo mise in disaccordo suonatori e pubblico. Perché dobbiamo sorbirci questo secondo movimento quando non vediamo l’ora di arrivare al terzo? Perché forzarci in questa farsa, l’ascolto del secondo movimento? Tutti erano attenti, consapevoli della fatica che costava l’ascolto del secondo movimento, una pausa di attesa forzata prima di tornare al brio e all’allegria, alla bellezza geniale del terzo movimento del k. 456.

Il pubblico, poi, è aspettatore. Va lì con la consapevolezza di ciò che sta per ascoltare, vuole sentirlo eseguito perfettamente e aspetta, aspetta che arrivi quel passaggio che ama tanto.

Il diavolo lavorava. Non voleva mettere il pubblico contro Mozart. Il genio ha questo di grande, mette d’accordo tutti. Da qui la sua immortalità. Un genio non può più generare discordie, quando tutti acconsentono che è genio. La discordia, allora, nacque tra pubblico e suonatori. “Perché ci infliggete il secondo movimento, la lentezza, le lacrime forzate, ipocrite, false?”. Iniziarono a sentirsi i movimenti nelle sedie e i colpi di tosse anche durante l’esecuzione. A qualche orchestrale iniziò a scendere una goccia di sudore sulla tempia; tutti capivano. La musica eseguita perfettamente (punto di rottura) aveva l’effetto di procurare chiara consapevolezza in ciascuno dei presenti, una sorta di lucidità, riservata per la fine dei tempi, per cui tutti coloro che riuscivano a intrecciare lo sguardo con altri capivano immediatamente, condividevano la consapevolezza, vedevano.

Il pubblico cresceva esausto del secondo movimento. Non ne poteva più, voleva che finisse; l’odio si sviluppava verso l’orchestra, meno verso la solista, che per la sua posizione di solista resta più difesa, più protetta rispetto all’orchestra. Gli orchestrali, i suonatori in questo caso divengono il capro espiatorio, almeno fino a quando non iniziano a difendersi montando loro stessi in rabbia verso il pubblico. Gli ascoltatori si rendono allora conto di essere loro l’ultima ruota del carro. “Everybody makes their own fun. It you don’t make it yourself, it ain’t fun, it’s entertainment” (David Mamet, State and Main). Solo gli esecutori sono veri ascoltatori di musica. Non importa quanto preparato può essere, sulla musica classica, un ascoltatore, chi sta veramente godendo la musica non è chi ascolta, è chi esegue. Il pubblico è l’ultima ruota del carro. Tutto ciò che ha in sua difesa sono i soldi che porta.

Il diavolo operava. Tali pensieri divenivano sempre più chiari nelle menti di tutti, a seconda della sveltezza di ciascuno di muovere i neuroni. Suonatori e pubblico cominciarono a guardarsi in cagnesco. Il secondo movimento sembrava interminabile. Anche i suonatori a questo punto crebbero esausti del secondo movimento e non lo sopportarono più. Qualcuno, nel suo cuore, osò metttere in questione Mozart: “Perché l’ha tirata tanto per le lunghe?”. Era come sbattere contro un muro. La colpa, come detto, ricadeva sull’orchestra (“Non è che stanno suonando male?”, ragionevole dubbio...), mentre la solista restava protetta. I suonatori perlomeno stavano facendo qualcosa, mentre al pubblico non restava che aspettare.

Finalmente il secondo movimento finì. Ai più parve di esser stati liberati. Finì in bellezza, coi soliti colpi di genio mozartiani. Non ci furono gran spostamenti di sedie o colpi di tosse o schiarimenti di voce, la gente era divenuta esausta. Finalmente partì il terzo movimento e fu uno scioglimento. Il diavolo fu cacciato. L’esecuzione era stata perfetta. La solista, in particolare, aveva ridato vita alla musica di Mozart. Una solista che definivano: “il sogno di ogni compositore” per la sua capacità di mettersi a servizio, studiando fino allo sfinimento e mettendo il più possibile da parte se stessa e le proprie idee compositive. L’allegro vivace portò gioia, trionfo, lo scroscio di applausi confermò che era stata una serata in cui le stelle erano allineate, un punto di rottura dove il diavolo aveva cercato, come sempre, di insinuarsi, per finire, come sempre, distrutto, fallito.

10 commenti:

  1. Una splendida narrazione soave come movimenti che si susseguono in piena armonia. Forse è vero, la musica non è di chi ascolta, o meglio c'è una musica diversa per ognuno che ascolta. Come nell'ultimo Peter Gabriel, del quale io stesso ascolto tracce difformi pur essendo la medesima ad affollarmi il cuore, e poi la successiva, mai sentita nonostante giorni di ascolto. Così credo funzioni la musica che ti prende. Ti incanta ogni volta in modalità differente, e manda in confusione qualsiasi diavolo monocorde. Buon Natale Filippo!!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sì è vero ci sono momenti magici in cui musica ascoltata decine di volte si svela come nuova. Siamo tutti in attesa di quei momenti. Buon Natale!

      Elimina
  2. La parte "debole" di un'opera è qualcosa che in effetti esiste anche in letteratura. Per dire, di "Moby Dick" io taglierei una ventina di capitoli, li trasformerei in un'appendice del romanzo da leggere solo se uno ne ha voglia. Gli altri capitoli invece sono picchi assoluti di perfezione narrativa.
    Con l'occasione ti auguro buone feste, speriamo che nei prossimi mesi arrivino cose belle.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Mi infastidisce quando le parti deboli ci sono a causa di una struttura predefinita alla quale l’artista vuole adeguarsi. A questo punto meglio inventare una struttura nuova, che si adatti al contenuto! Buone feste anche a te, ricambio l’augurio di cose belle trasformandolo in augurio di assenza di mali.

      Elimina
  3. bene, bene, ci siamo, finalmente ci siamo arrivati: il bobbolo è aspettatore, aspetta sempre qualche illuminato capace dal nulla di distribuire peni e pesci aggratiss per tutti.
    Auguri di buone feste Filip ed a risentirci il prossimo anno

    RispondiElimina
    Risposte
    1. In questo caso è pubblico pagante, quindi qualcosa apporta al tavolo. Se riuscissimo a vivere nel presente godendo di ciò che abbiamo, nel bene e nel male, saremmo felici. Buone feste anche a te!

      Elimina
  4. Però ne sai di cose!bravo Filippo!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Mozart è diventato il mio pane quotidiano.

      Elimina
  5. Quell’attesa la posso capire benissimo. Quella fretta, quella frenesia ci fa perdere di vista la bellezza, sprechiamo un’occasione di star bene e finiamo poi col soffrire. Tantissimi auguri di un sereno anno nuovo !!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. In un'arte che si dispiega nel tempo, come è anche la letteratura, è inevitabile che la fruizione sia fatta di attese. Un augurio per un felice anno nuovo e tanti momenti epifanici!

      Elimina