L’imitazione

Mi affascina il cielo, soprattutto quando è pieno di nubi. Ma è solo perché porta il ricordo del Creatore, e dico: “Quanto sei bravo, Signore, sei un maestro!”. Nessun pittore potrebbe creare certi panorami, anche perché quelli sono fatti con la materia prima, vera, mentre il pittore al massimo usa qualche olio, qualche acquerello... E non è vero che l’effetto sull’occhio è lo stesso, semmai è illusione ottica. Come dice Platone, già la realtà è copia dell’archetipo, ogni elemento ha un archetipo, ad esempio un pezzo di legno è tale perché in esso c’è il legno, o la legnità; una cosa bella è tale perché in esso c’è la bellezza o il bello. In ogni cosa visibile è presente la cosa invisibile che la rende tale. Le cose visibili sono ciò che sono grazie alla presenza di quelle invisibili che risiedono in esse. Per dirlo in linguaggio tecnico, la cosa visibile partecipa (μετέχω) della cosa invisibile che le dà anche il nome. Ad esempio una cosa bella è bella perché partecipa del bello in sé, un legno è tale perché partecipa del legno in sé e per sé. Ogni cosa creata partecipa di più archetipi o idee. Un uomo, ad esempio, partecipa dell’uomo o uomità o umanità, ma anche dell’unità, dell’uno, dell’altezza se è alto, o della bassezza in sé se è basso, poi partecipa della mortalità o del mortale in sé e per sé, ecc. Gli archetipi o idee che entrano nelle cose di quaggiù sono invisibili e precedono, esistono cioè prima, sono state generate, in ordine gerarchico, prima delle cose materiali con cui noi abbiamo a che fare e nelle quali ci muoviamo. Le idee sono invisibili ma intelligibili, non sono cioè percepibili dai sensi ma coglibili dall’intelletto. Le cose create, al contrario, sono percepibili dai sensi, visibili, udibili, toccabili, odorabili e gustabili. Cogliere un’idea con l’intelletto significa saper dire cos’è (τί ἐστί) . Il cos’è è la cosiddetta realtà ontologica di un ente, di un’idea. L’essere è la prima idea. Tutte le cose sono perché partecipano dell’essere. Ciò che non partecipa dell’essere non è. Per cogliere il cos’è di ciascuna cosa è necessario il lavoro dialettico. Per avere un esempio del lavoro dialettico occorre leggere il dialogo socratico Parmenide, dove tale lavoro è svolto sulle due idee di essere e di uno. “L’uno è” e “l’essere è uno” sono due affermazioni prese in considerazione e analizzate. Per cogliere il cos’è di ciascuna idea occorre esaminarla con la ragione in se stessa e in rapporto alle altre idee. Questo è il lavoro dialettico. A volte dire cosa una cosa non è aiuta a capire cosa è. Il dia della parola: “dialettica” significa lo spazio di separazione tra un’idea e l’altra. In Repubblica sono date definizioni di sapienza, giustizia, coraggio e temperanza, che dalla tradizione cristiana saranno poi chiamate: “quattro virtù cardinali”. Le definizioni di Repubblica sono frutto di un lavoro dialettico. Ma gli enti più importanti da analizzare sono i primi, essere, uno, molti, identico, diverso, simile, dissimile, ecc. Tutto questo per dire che ci sono realtà invisibili generate (non create, “create” è termine che si riferisce alle realtà visibili) prima di quelle visibili. Già quelle visibili, partecipando di quelle invisibili, ne sono copia, nel senso che le portano in sé ma non sono loro in sé e per sé. Già la realtà creata, dunque, è una copia. Quanto grande sarà la distanza della copia della copia dall’originale? Due gradi. Il lavoro di qualsiasi artista è lavoro di imitazione (cf. Repubblica), l’artista, pittore, poeta (in Platone la parola: “poeta” vale sia per gli scrittori in versi sia in prosa), scultore, musicista (che imita le eterne realtà matematiche) o che dir si voglia sta sempre facendo imitazione. L’imitazione degli artisti, seppur cerchino di imitare la realtà, è lontana due gradi dalle realtà vere rispetto alle realtà del mondo stesso, le quali almeno sono lontane da esse un grado, e partecipando di esse almeno partecipano dell’essere in sé (“in sé e per sé” significa ‘prima della partecipazione’), presente in ogni archetipo o idea. Godiamo il mondo così com’è, perché è creazione del sommo Creatore, e se proprio dobbiamo creare imitazioni, cerchiamo di avvicinarci il più possibile al vero e alla vita.

11 commenti:

  1. Ars est celare artem, diceva Ovidio (?).. nulla di più vero..

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    1. Qualcuno lo diceva... anch'io lo trovo un principio imprescindibile nel lavoro artistico.

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  2. anche a me affascina il cielo, ma non quando è incazzato, così come la dialettica che tanto frutta ai nostri caporioni, quando che invece io son rimasto ancora all'espressione "dammela" che quel cojon dell'Adamo sparava continuamente alla compagna tanto da farla fraintendere e da farle porger la mela, maledetti e NOI tutti oggi a tribolar

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    1. In teoria il cielo non s'incazza, solo che ogni tanto per così dire si gira dall'altra parte e lascia che 'quell'altro' si sbizzarisca su di noi.

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  3. Senza giungere a considerazioni così profonde (peraltro non alla portata del mio limitato cervello) posso però affermare con certezza che anch'io adoro guardare il cielo e le nubi. Mi fanno compagnia e mi aiutano a riconciliarmi con la vita.

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    1. Eppure il vero cielo non è ancora quello visibile, ma quello composto dalle cose invisibili... ecco perché anche nel primo verso della Bibbia, come nel Padre Nostro, si parla di “cieli”, al plurale, sono i cosiddetti “cieli dei cieli” (Dt 10, 14; 1Re 8, 27; 2Cr 2, 5; Nee 9, 6; Sal 148, 4). Comunque, in quanto vengono prima, sono più in alto, è per questo che anche Gesù quando pregava alzava gli occhi al cielo, vedi ad es. il cap. 17 del Vangelo di Giovanni.

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  4. > Le idee sono invisibili ma intelligibili, non sono cioè percepibili dai sensi ma coglibili dall’intelletto.
    E' il principio dell'astrazione, dell'arrivare ad una definizione astratta di una realtà che ne colga alcune caratteristiche salienti.
    Potremmo dire che gli artisti tentano di essere riproduttori della generazione a avvio del processo di generazione emotiva di qualche realtà.
    Buonasera, Filippo.

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    1. Sì in effetti una delle funzioni principali dell'artista dovrebbe essere la capacità di emozionare, spostare le emozioni dell'anima, la cosiddetta funzione catartica. Buona giornata.

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  5. Del "cielo dei cieli" parla anche S.Agostino che ne disquisisce in modo impeccabile nelle sue "Confessioni". Associo anch'io il Cielo alla magnificenza di Dio: ha una bellezza e una perfezione che appartengono solo a chi lo ha creato.

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    1. Il vero cielo è quello invisibile, è lì che risiede Dio, il quale fra l'altro risiede anche dentro di noi, quindi c'è un cielo dentro di noi...

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    2. Ammiro nel cielo la bellezza del creato e l'Infinito! Il cielo arrabbiato non è altro che la variabilità della natura, penso all'avvicendarsi delle stagioni, ed è anche quella bellezza e perfezione! Concordo che l' arte debba generare emozioni, è una creazione!

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