Il regno dei cieli è dei piccoli

Perché per i piccoli è più facile andare in Paradiso?
Perché a un piccolo basta niente per soffrire.

Per capire cosʼè un piccolo occorre sempre tornare alla definizione del grande per eccellenza da parte di Gesù. “In verità vi dico: «Tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista»” (Mt 11, 11).

Giovanni il Battista si è recato nel deserto quando era ancora giovane. Si nutriva di miele selvatico e cavallette. Vestiva pelle di cammello. Lo vedo come un campione di austerità. Come quegli uomini forti che resistono al freddo, o al caldo, o che sono semplicemente forti. Lo immagino alto, magrissimo per i digiuni.
Ma soprattutto Giovanni il Battista era uomo della Parola. Non solo avrà trascorso tutto il tempo pregando, ma, come dʼaltronde Gesù, conosceva la Torà, ossia la Bibbia di allora (lʼAntico Testamento, per capirci) a memoria.
Cosa fa uno che conosce la Bibbia a memoria? Non solo può citarti un passo in qualsiasi momento, ma si esprime per citazioni, si esprime usando le espressioni della Bibbia.

Capita a chiunque di star leggendo un romanzo e di assumere automaticamente il modo di parlare di quel romanzo. Magari a me adesso capita meno, perché sono avanzato in età e ho il mio modo di parlare. Ma ricordo quando ero ventenne. Leggevo Tolstoj o Dostoevskij e, soprattutto quando mi prendevano e stavo giorni a non far altro che leggere Tolstoj o Dostoevskij, poi finivo per parlare o scrivere con il loro linguaggio. Era il mio modo per fare esercizi di scrittura alla Queneau. Leggere tanto uno scrittore. Il suo linguaggio entrava nelle ossa automaticamente.

Ecco, tenendo presente questo, si pensi a uno che come unica lettura a disposizione ha la Bibbia.
Lʼho provato quando ho fatto il frate – infatti per cinque anni sono stato frate, anche se alla fine ho deciso di non fare i voti perpetui. Quando sei frate, ogni giorno leggi la Bibbia, perché usi i salmi per pregare la Preghiera delle ore, quella che si fa la mattina, a metà giornata e alla sera, per capirci. Inoltre, ogni giorno vai a messa, e in ogni messa cʼè una lettura dallʼAntico Testamento, una dai salmi e una dal Vangelo; di domenica ce nʼè una anche dalle lettere di S. Paolo. Questo per dire che chi fa il frate ha la Bibbia nelle orecchie tutti i giorni, per più ore al giorno. Dopo un poʼ ti viene automatico fare citazioni.
Non solo, alcuni iniziano pure a parlare con lo stesso stile della Bibbia. Questo è il massimo, perché significa parlare la Parola di Dio. Ma questo accade dopo molti anni e solo se alle spalle cʼè una vera santità di vita. Chi vive una vita santa può realmente essere ispirato dallo Spirito Santo quando parla.

Ma torniamo ai piccoli. Abbiamo definito a grandi linee cosʼè un grande. Un grande è anche uno pieno di virtù. È giusto, è saggio (e la saggezza, ossia il sapere di non sapere, è la base per la sapienza, quella vera, non quella falsa, che è un credere di sapere), è temperante (cioè non eccede nei piaceri), è coraggioso. Queste sono le quattro virtù base, ma poi ce ne sono molte altre. Un grande è intelligente, capace, resistente, perseverante, laborioso, ha grandi idee e tanti talenti; un grande è perfettamente padrone di sé e in quanto tale può anche comandare su altre persone.

Prendiamo ora un piccolo. Un piccolo non sa fare nulla, è pauroso, è ingiusto (prendiamo ad esempio uno che non è in grado di guadagnarsi il pane da solo, non sarà forse costretto a indebitarsi vivendo alle spalle di altri, e non è questo un poʼ come rubare, anche se gli altri lo aiutano volentieri e gli fanno la carità?), è intemperante (mangia troppo, fuma, ha vizi tipo il gioco, magari beve o si droga). Un piccolo non si domina, magari si arrabbia per nulla e tratta male i suoi pari. Dice parolacce, in generale parla male. Un piccolo non riesce a sollevare grandi pesi, fa fatica a svegliarsi la mattina, camminare gli pesa, muore di freddo dʼinverno e non sopporta il caldo dʼestate.
Insomma, la piccolezza è una forma di assenza di qualità.

Ciò su cui voglio attirare lʼattenzione è questo. Un piccolo soffre facilmente. Tutto per lui nella vita è difficoltà, dallʼalzarsi la mattina a giungere a fine giornata. Magari anche parlare con le persone. Pensiamo a chi ha problemi psicologici. Tutto, per costoro, è dramma. O non riescono ad amare i genitori, o sono asociali, o hanno pensieri di suicidio perché per loro la vita è invivibile...
Per un piccolo ci vuole niente a soffrire. Un piccolo non deve fare molto per guadagnarsi il Paradiso. Ha la sofferenza a portata di mano più di un grande. Un grande ci mette tanto a soffrire. Per un piccolo soffrire è uno scherzo. Prendiamo quelli che si ammalano nel corpo, quelli che hanno mille acciacchi, quelli che non hanno un corpo sano. Pure questi, che vita piena di croci dovranno mai vivere?
E siccome la croce è la strada maestra per il Paradiso – “Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano; accumulatevi invece tesori nel cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove ladri non scassinano e non rubano” (Mt 6, 19-20) – chi ha facilità a vivere la croce nella vita ha sicuramente una via preferenziale per raggiungere il cielo. È per questo che Dio ama tanto i piccoli. Certo, anche i piccoli devono dare il meglio di sé, cercare di non peccare, ecc. Ma possono star certi che dolore, umiliazione, angosciasconfitta coglieranno molto più velocemente loro che i grandi.

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