Amore per Manolo

“D’estate, con la famiglia, ci recavamo per un mese dai nonni a Scanno, in Abruzzo. Avevamo la nostra casa, quella dei nonni sarebbe stata troppo piccola. Mia sorella Greta e io facevamo parte di un gruppo di amici composto sia da abitanti di Scanno sia da romani che avevano la casa vacanze a Scanno. La sorella più piccola, Nora, aveva il proprio gruppo. Il viaggio in macchina da Milano era comico, bagagliaio e tetto pieni di valigie e noi dentro a cantare, con Puzzo, il gatto, che ogni tanto andava davanti e disturbava mio padre alla guida”.

Dal retro della classe si sente una risata. Pietro solleva la penna e si gira impercettibilmente, sa già chi è, conosce le voci. Emette uno sbuffo dal naso. “È la mia occasione”, pensa, “devo far vedere ciò che valgo”. Guarda verso la porta aperta. La professoressa, cicciottella con accento calabrese, è uscita lasciando la classe libera. La simulazione della terza prova è un racconto in tre capitoli. Pietro ha scelto l’autobiografico.

“Un pomeriggio, arrivati a Scanno e scaricata l’auto, Greta si allontanò subito. Sapevo dove andava. Andava verso il bosco. Tutti sapevano cosa c’era nel bosco. Era il ritrovo dei drogati. I bravi ragazzi stavano alla panchina della curva per Villalago. L’anno prima Greta si era innamorata di Manolo, un romano di San Basilio più vecchio di tre anni che fumava dalla mattina alla sera e chissà cos’altro”.

Non solo alle spalle di Pietro, ormai anche davanti, è casino. Il livello di rumore impedisce a Pietro di concentrarsi. Un aereo di carta gli atterra sul foglio. “Possibile che non prendano questa prova seriamente? Sono l’unico a cui interessa la scrittura?”. “Ssst!”, dice. “C’è chi non ha finito!”. Gli occhi vanno di nuovo alla porta, chissà che la professoressa non decida di tornare.

“‘Va’ a vedere dov’è tua sorella, tra un’ora si cena’, disse mio padre. Partii in direzione bosco senza dire perché ero così deciso. Oltrepassai i motorini e mi inoltrai. Trovai Greta mentre parlava con un ragazzo di 30 anni che sapevo essere muratore e spacciatore del luogo. Due ragazzi e due ragazze, tutti oltre la maggiore età, seduti sulle panche di un tavolo da picnic coperto di scritte e incisioni, fumavano uno spinello. ‘Oh!’, disse uno col casco infilato sul braccio. ‘Chi va là! Carabinieri’ e ridevano. ‘Non hai paura a venire nel bosco, pischello?’, disse una ragazza. Non dissi niente”.

Sul banco accanto a Pietro i gemelli D’Amato, Martinelli e Ferri iniziano a intavolare la briscola. “Ancora lì, sei?”, dice il gemello magro, da sempre in competizione con Pietro. Gli veniva tutto facile, specie le materie scientifiche. Agli altri, invece, la prova proprio non interessava. “Potete mettervi in fondo? Mi manca un po’”. “Mi spiace, il tavolo è prenotato da prima”. Pietro prende il foglio, si alza e va in prima fila, dove, accanto a Vincenza, la secchiona, c’è un banco vuoto. Pietro le dà un’occhiata e vede che pacificamente scrive. “Almeno qui posso lavorare”.

“Sentii un ragazzo dire, alle mie spalle: ‘Ti ha fatto una domanda. Rispondi!’. ‘Greta’, dissi, papà mi ha detto di venirti a prendere’. Uno strattone al collo della maglietta mi fece capire che i guai stavano per iniziare. ‘È andato via da poco’, disse lo spacciatore a Greta. ‘Che, non hai sentito? Non hai paura a venire nel bosco? Sai che potrebbe succederti qualcosa di brutto?’. Mi voltai pietrificato. ‘Ci vado sempre nel bosco, a funghi’. ‘Ci vai con papà, pischello?’, ‘Lascialo sta’’, disse una delle due ragazze. Vidi Nora arrivare dall’ingresso del bosco. ‘Ce sta la bambina, poi se mette a piagne, se mette a piagne pure lui e tutta la famiglia!’. Risate”.

A causa della divisione a metà del foglio, come chiesto dalla professoressa, Pietro è arrivato alla fine. “Vincenza, hai un foglio? Li ho finiti, ne avevo solo uno, pensavo bastasse”. Vincenza poggia la penna, apre lo zaino ed estrae un sacchetto di plastica, dal quale estrae ciò che sembra una risma di carta avvolta in carta lucida. La svolge, è una focaccia, “Finito”, dice e dà un morso. “Vuoi un pezzo?”. Entra la professoressa. “Ragazzi, mancano dieci minuti”. Pietro decide di scrivere sulla metà lasciata libera dell’ultima facciata. “Sarò scrittore”, pensa, “inutile che provano a fermarmi”.

“Lo spacciatore estrae il telefono. ‘Aò, Manolo, torna qua, ce sta una che te cerca. ‘Greta’. ‘Una certa Greta’. Andai verso Nora e le misi il braccio attorno al collo. ‘Andatevene a casa’, disse lo spacciatore, ‘qua non è posto per voi. Manolo ha detto che vi aspetta alla curva per Villalago. Ci allontanammo mentre alle nostre spalle il ragazzo del casco: ‘Famiglia di cacasotto! Non lasciate ricordini sul sentiero!’, disse.

***

Quell’estate Greta ha girato tutto il tempo con una tuta di velluto rosa col cappuccio e ha perso la verginità, prima di Pietro che, nonostante abbia riempito di petali di rosa una via, non è riuscito a ottenere favori dalla sua amata.
Il primo anno di Lettere Moderne, Pietro si è iscritto al corso di Scrittura Narrativa in cui l’insegnante, una script doctor di nome Chicca Profumo, ha avuto l’unico pregio di far vedere un po’ di film e far leggere il manuale di Syd Field.
Nora, diplomata allo Scientifico, si è fatta Carabiniere.

17 commenti:

  1. Se a Scanno non regali almeno una Presentosa, non te la darà mai nessuna.. ;)

    RispondiElimina
  2. Essenziale ma ben scritto. Torpignattara che tracima sino a Scanno.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. In effetti, pensandoci, forse il tracimare non è molto realistico.

      Elimina
  3. una volta la droga era assente dalle fantasie e dagli usi dei mortidifame ed è bene che i miei ricordi di Scanno si mantengano diversi, tanto che per noi che andavamo in colonia a castelfusano quelli che andavano a scanno sembravan tutti fortunati figli di benestanti

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sì, forse non ho centrato il segno, sono i benestanti che andavano a Scanno.

      Elimina
  4. Un'altra riuscita prova narrativa, che, come sempre, io penso meriti uno sviluppo.

    RispondiElimina
  5. Bravo Filippo, non è venuto niente male questo racconto breve !!! Ciao

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie, si può sempre fare meglio. Ciao!

      Elimina
  6. Veramente stupendo quest' scritto, nello scritto.

    RispondiElimina
  7. Bravo Filippo. Una storia interessante con incroci di personaggi forse troppo distanti nei momenti di lettura in separazione ma alla fine si amalgamano bene. La chiusura è sorprendente e forse troppo veloce. Comunque molto bello con sorprese finali.
    Spero non ti dispiaccia che abbia dato una mia analisi, potrei aver errato però. É solo una mia personale opinione da profana. Abbraccio e grazie.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Hai fatto benissimo. Ti ringrazio per il feedback, mi aiuta a migliorare. Ciao!

      Elimina
  8. Ho avuto la fortuna (e la buona educazione e, maggiormente importante, l'esempio in famiglia) di dirottare verso attivita' "sane e positive" ogni ricerca di emozioni forti, adrenaliniche.
    Purtroppo molte persone non hanno seguito questo corso.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Aggiungo una cosa: quando partecipai a rave urbani o a vari goa, osservavo le fattanze e non capivo cosa potesse esserci di interessante, di stimolante, in esse. La maggior parte delle persone non poteva neppure godersi quei contesti "poco convenzionali" (a partire dalla danza, io ero li' per quello) perche' non mentalmente presenti.
      Come edonista osservavo tutto cio' con, orrore forse e' esagerato, ma con un misto tra meraviglia, sconcerto, delusione.

      Elimina
    2. È un modo in cui la mente viene formattata, hai ragione a dire che sei stato fortunato.

      Elimina