Ad azione, reazione

Quando studiavo all’università incappai in un articolo accademico, che non faceva parte dei miei studi, che parlava più o meno di saturazione cognitiva, cioè della possibilità della mente di arrivare a un punto di pienezza. Abbiamo limiti in questo senso o possiamo imparare illimitatamente?

Mi pongo oggi il quesito perché, come quando studiavo, ho l’impressione che niente possa entrare più nel mio cervello. Anche ai tempi dello studio c’è stato un periodo in cui mi sentivo saturo. Non ce la facevo più a studiare. Forse è stata anche questa sensazione a farmi abbandonare gli studi – anche se le ragioni reali, concrete, sono state poi altre (struttura e sovrastruttura).

In realtà oggi penso che quella di saturazione, se sovviene, sia appunto una sensazione, non un vero limite del cervello. L’uomo può imparare all’infinito, anche perché il vero imparare, dalla percezione che ho, è un togliere, un pulire, non un accumulare. Quando apprendiamo qualcosa ci liberiamo da opinioni false. Non acquisiamo necessariamente opinioni vere, ma già abbiamo fatto un bel lavoro se ci siamo liberati da quelle false, il risultato è sapere di non sapere, già tanto.

La sensazione che sovviene quando ci si sente non più in grado di acquisire conoscenze secondo me equivale allo stato di Teeteto quando Socrate gli dice, nel dialogo omonimo: “Tu hai le doglie”. A un periodo di studio intenso, cioè di introiezione, dovrebbe corrispondere uno di estroiezione ossia di produzione. In ambito universitario, ciò corrisponde all’esame. L’esame basato su esposizione e domande e risposte è meglio del quiz a risposta multipla. Se l’esame è orale, ancora meglio. Uno deve essere in grado di dar forma a ciò che ha introiettato e partorire qualcosa di nuovo, la conoscenza da lui acquisita e vista dalla sua prospettiva. A livello macro ciò si ripropone nella tesi, che è specchio, sul lato produttivo, dell’introiettamento avvenuto durante il lato passivo, acquisitivo, degli anni di studio.

Ho studiato e appreso parecchio dopo aver abbandonato gli studi, forse più di quando ero iscritto all’università. Arrivato all’esame di Diritto della Comunicazione, non ce l’ho fatta. La Giurisprudenza non è la mia materia, il linguaggio è astruso e non ho memoria per tenere a mente leggi, articoli e commi. Mi interessanto le dinamiche dominanti (v. A beautiful mind), le cause e i perché dei fatti primari. Ad esempio, in Diritto, sarei semmai interessato a chiedere: “Perché esistono le leggi?”.

Abbandonando l’università ho potuto continuare gli studi nutrendomi di ciò che la mia anima mi portava a introiettare, andavo a tatto, a sentimento, a naso. Avevo i miei ritmi. Lo studio non era più forzato né con scadenze. Se una cosa non mi piaceva, non la studiavo. Prendevo appunti praticamente per ogni frase che leggevo. Era il mio modo di partorire immediatamente ciò che la lettura provocava. Ad azione, reazione. Anche oggi sono fatto così. Se leggo una pagina o anche solo un paragrafo, già qualcosa è smosso dentro; devo produrre qualcosa, una meditazione, un post, una pagina di diario.

Forse è anche l’età. A vent’anni si digerisce tutto, poi la digestione diventa lenta e macchinosa e non tutti i cibi sono assimilabili.

Il mio metodo per leggere un libro è sempre lo stesso: leggerlo tutto velocemente la prima volta, per avere la visione completa, poi studiarlo pezzo per pezzo. Oggi non ho tempo di leggere un intero libro velocemente, perciò parto subito con lo studio pezzo per pezzo. Studio per me significa commento, produzione, parto di qualcosa di personale.

32 commenti:

  1. Anch'io avevo problemi simili con giurisprudenza quando la studiavo tanti anni fa e infatti mollai dopo un paio di esami (oltre al fatto di non sentirmi proprio "parte" di quel mondo)... il test scritto di Patrologia di alcuni giorni fa conteneva per la maggior parte domande a cui rispondere apertamente, tuttavia sono anch'io convinto che il meglio lo potrei fare proprio negli orali, anche se temo sempre di poter dimenticare un qualche "aggancio" che ho in testa e perdere così il filo del discorso... il mio metodo è un po' così, a catena, memorizzo tanti concetti diversi e poi cerco di trovare il modo di tirarli fuori in sede d'esame al momento giusto... Secondo me l'ideale sarebbe se il prof lasciasse allo studente la possibilità di tenere una traccia scritta davanti per non perderti, un mio collega che faceva il seminario in Francia mi ha detto che là funziona così, qui comunque ci sarà qualcosa di simile in un paio di esami che devo fare, in uno il prof ha detto di presentare un capitolo a scelta del libro di testo (il che già restringe un po' il campo), nell' altro esame invece si partirà da un testo che abbiamo dovuto mandargli dove spiegavamo le differenze fra "Dei filius" e "Dei Verbum"...

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    1. L’orale spaventa, non tutti sono bravi parlatori, ma è secondo me il modo migliore, complice l’improvvisazione, per restituire ciò che si è appreso. Il secondo modo migliore sono domande a risposta aperta.
      Se uno memorizza le cose, in teoria poi dovrebbero venir fuori automaticamente alla sollecitazione di una domanda.
      Tenere una traccia scritta... uhm... lo vedo buono per un’omelia ma non per l’interrogazione. Lì bisognerebbe essere nudi con la propria sapienza davanti agli interrogatori.
      Presentare un capitolo a scelta mi sembra ottimo, una gran facilitazione dove uno si può organizzare come vuole.
      La differenza tra ‘Dei filius’ e ‘Dei verbum’ ho dovuto cercarla, Vaticano I e Vaticano II. Della ‘Dei verbum’ ho letto vari stralci negli anni. Nella congregazione in cui stavo, negli anni di postulandato e noviziato, facevamo tanta formazione, e i testi del CVII venivano sempre fuori.

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  2. Quando si parla di apprendimento relativo agli studi superiori o universitari subentra il discorso degli esami, della sensazione di dover apprendere tutto "per forza", la pressione ambientale insomma. Cosa diversa quando si può studiare una cosa per piacere personale, senza dover sostenere interrogazioni o esami.
    Credo che sia vera la "saturazione", io la sto sperimentando, ma con esiti diversi: nel senso che riesco ancora a apprendere cose nuove, ma ogni cosa che "entra" nella testa "butta fuori" qualche nozione precedente relativa a argomenti che mi interessano meno. Credo che alla mia età il cervello sia una cisterna piena dove si può comunque aggiungere altro liquido purché una quantità equivalente venga fatta fuoriuscire dal tubo di scarico.

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    1. Tu quoque, dunque, sperimenti una sorta di saturazione e l’attribuisci all’età, seppur con la modalità che dici, di togliere qualcosa per poter aggiungere qualcosa. Cosa dici allora di tanti insegnanti che per professione devono continuare a imparare? Non saprei, forse la memoria s’indebolisce e c’è bisogno di più sforzi o espedienti per trattenere le nozioni, ma costoro sono la prova che non esiste saturazione.
      Non sto parlando naturalmente di quelle cose... sai che gli psicologi dicono che quando, apprendendo qualcosa, è unita una forte emozione, sia positiva sia negativa, l’apprendimento è duraturo? A me è successo così con l’apprendimento che mi sono procacciato in autonomia: erano tutte cose che risuonavano nella vita, perciò sono rimaste ancora oggi. Tutto il contrario quando la nozione è fredda e impersonale.

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  3. Figurati, io in giurisprudenza mi sono laureata! So cosa vuol dire mandare a memoria interi codici, è una facoltà che deve piacerti, altrimenti è un inutile sacrificio (per me lo è stato, un sacrificio, inutile, forse, no!). Però l'anelito alla conoscenza è uno sperone incredibile, lo studio è un ausilio, ma agire come hai continuato a fare tu è importante ai fini della crescita personale. Captare sensazioni e scriverne, poi, in questo legame tra azione e reazione, è un modo bellissimo per perfezionarsi.

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    1. “Mandare a memoria interi codici”... il solo pensarci mi provoca nausea... anche perché il linguaggio era così astruso... Non è forse vero che hanno istituito una commissione per la semplificazione o qualcosa del genere? Comunque, tanto di cappello. Per me, davvero, è stato uno scoglio insuperabile, che ha messo in questione tutte le mie capacità di studente.
      La mia idea è che la crescita personale dovrebbe essere illimitata, però, come dire, l’apprendimento in questo caso dovrebbe essere modellato sulla persona. Dissetarsi di ciò di cui in quel momento si ha sete. Io, al momento, trovo interessante solo Platone, trovo che sto imparando qualcosa solo con Platone (ma sono anni che è così), tutto il resto è svago. Questo limita anche la mia attività di scrittura, perché dico: “Con cosa risulterò interessante, se io per primo ecc.?”.

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    2. Questa è una domanda che mi pongo spesso anch'io! E non mi rispondo, però, se no inibisco la mia scrittura :)

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  4. in giuris e prudentia non puoi arrivare ad un risultato come in matematica o spiegare l'argomento con tue parole, devi per forza mandare a memoria ciò che è scritto.
    Eppure si laureano in tanti a prova della quantità di cervelloni che vi sono tra gli esseri umani

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    1. Se la percentuale di cervelloni resta invariata, su 8 miliardi di teste dovrebbero risultare molti più cervelloni che in passato. Speriamo. Qua abbiamo bisogno di soluzioni.

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  5. Limiti di pienezza, saturazione.
    Io ne ho avuti, li ho percepiti chiaramente in più occasioni nella mia vita.
    Ma non si trattava di cose da apprendere, bensì così da buttare via.
    Un abbraccio.

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    1. Anche a me è capitato, e liberarmi di oggetti, vestiti e foto è stato assai liberatorio. Mi chiedo se ci sia una connessione tra saturazione materiale e saturazione psicologica.

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  6. Ciao Filippo !! Giurisprudenza è una materia bella tosta, almeno per me !! Io non l'avrei mai studiata !!! Però credo che tutto dipenda dall'interesse, dalla passione che si prova verso una cosa o l'altra. Io, però, non ho fatto l'università, ho finito le superiori, preso il mio diploma di insegnante e ho preferito lavorare . Io credo che si possa studiare fino a che ci sono voglia, passione e interesse. Fino a che ci sono queste tre cose, si può studiare e immagazzinare nozioni , poi , se subentra la noia, il fastidio, allora meglio lasciare perdere perchè diventerebbe una forzatura. Ciao e buon anno.

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    1. Purtroppo certe volte, alle superiori come all'università, è necessario forzarsi a studiare anche materie che non piacciono, se si vuole arrivare al fatidico 'pezzo di carta'... per me questa non è stata una motivazione abbastanza forte.

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  7. Come già credo tu sappia, il titolo del post mi ha attirato all'istante! (Un titolo fisico!)

    Io credo che ogni persona abbia il proprio tipo di predilezioni, interessi. A me interessano le scienze, la fisica in particolare, e devo dire che mi fa fatica a ricordare (per esempio) la nomenclatura per la chimica organica, o il processo Solvay (che era elegantissimo e mi piacque un sacco quando lo studiai al secondo anno di fisica... ma ormai l'ho dimenticato). Giurisprudenza è come arabo. Non riuscirei mai a passare un esame, perché non la amo. So quel tanto che mi serve all'immediato e se ce ne fosse necessità mi impegnerei a studiare quanto mi serve, ma finché non c'è evito. Seguo i miei interessi, in un modo un po' randomico a volte...

    Qui dove sono devo fare alcuni esami pedagogici (che in realtà organizzano in modo che tutti passino... mah) che comunque sono stati interessanti. In uno di questi corsi ti presentano una sorta di evoluzione del concetto di conoscenza: è qualcosa che il masetro trasmette all'allievo? O è qualcosa che l'allievo fa germinare e crescere in sè, quando messo in condizione di farlo? Come è il migliore metodo d'insegnamento? Come ci si accerta, e come si "misura", che qualcuno ha "imparato" (o "possiede la conoscenza")?

    È un discorso lungo e qui non riesco ad andare nei dettagli (dovrei "ripassare" gli appunti e rielaborare, riponderare) anche per via del tempo a mia disposizione... ma ecco, il tuo post mi ricorda un sacco queste tematiche.

    Grazie del post pieni di spunti!

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  8. Every person have his own systems for study. The human brain is incredible. Must not be satured. And is important to study what one person wants ever.

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  9. Ci sono stralci oserei dire "indecenti di Dizionario Teologico in confronto ai quali Giurisprudenza sembra Topolino. Ecco, studiare certe assurdità, poste oltretutto in linguaggi estremi, credo sia davvero una boiata pazzesca, tanto per metaforeggiare in chiave fantozziana.

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    1. Il tomismo probabilmente ha generato storture, ma l'intenzione originale, applicare il metodo aristotelico alle cose teologiche, non è sbagliata.

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  10. Anche Aristotele e il suo "Dio necessario al di fuori della materia" è Topolino rispetto al Dizionario teologico. Ricordo bene quando Gesù disse: ""leggete questa eteronoma teocentrica trascendente: fate questo in memoria di me"... ;)

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    1. Eheheh messa così l'argomentazione è bella e schiacciante. A volte ho pregato l'Ave Maria così: "Ave, Immacolata Concezione, la Santissima Trinità è con te" ... Ciò di cui parli, ad esempio, è il motivo per cui Origène non è stato fatto santo ma anzi ha alcune sentenze tacciate di eresia. Ti dirò il mio punto di vista. Gesù è divulgatore semplificatore venuto per i piccoli, per tutti, "Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli"... e la sua parola è la più alta anche per la sua universalità. Alcuni santi, però, tipo San Tommaso o San Giustino martire, che è un Sant'Agostino per il percorso di vita (filosofo giudeo che ha toccato varie dottrine prima di arrivare al Cristianesimo), sostengono che germi di verità si trovano anche in altre dottrine o linguaggi. L'autorità massima è sempre la Sacra Scrittura, con in testa il NT, ma ciò non esclude altre modalità di ricerca (a rischio e pericolo di chi si avventura), "E volgendosi ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Vi dico che molti profeti e re hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, ma non lo videro, e udire ciò che voi udite, ma non l'udirono". San Francesco inizialmente era come te, proibiva ai primi frati di studiare teologia sostenendo la minorità evangelica e la semplicità (a quelli che non sapevano leggere, al posto del breviario, dava da recitare più volte il Padre Nostro dicendo che bastava così), poi cambiò idea e permise ai più dotati di iscriversi alle facoltà teologiche perché ciò poteva servire alla predicazione. (Naturalmente la predicazione deve conservare un linguaggio semplice, comparensibile a tutti, ma la preparazione può rafforzare la fede.

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    2. i germi di verità, ovvero i lògos spermatikos 😉
      Più c'è il concetto di "subordinazionismo" che abbiamo già toccato in Patrologia e che conto di capire meglio nel secondo semestre 😵‍💫
      PS: ho scoperto di recente di essere stato battezzato proprio il giorno di Sant' Agostino (28 agosto), da qui ho deciso di iniziare a leggere un po' delle sue opere, piano piano un capitoletto al giorno (per non togliere troppo spazio allo studio)🙋🏻‍♂️

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    3. Sono colpevole di non aver mai approfondito troppo né il subordinazionismo né le altre eresie. Ciò che mi interessava, nello studio delle eresie, era aggiustare il tiro andando per esclusione, arrivare a capire cos’è la Trinità, non cosa non è. Sono sempre stato così come studente: pigro. Ho un buon intuito, arrivo presto a capire le cose, ma poi mi dà noia soffermarmi a impare a memoria, fissare. Ho notato che le cose che mi interessano si fissano già da sole. L’esame di Patrologia lo facemmo quasi tutto sul Concilio di Nicea e ricordo che proprio parlando delle eresie ebbi profonde illuminazioni sulla struttura della Trinità.
      Sant’Agostino è un buon ausilio nel chiarimento delle cose di fede, anche se per certi aspetti meriterebbe un corso di laurea a parte tanto è vasto il suo corpus e tanto può essere complicato in certi punti.

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  11. Potevi studiare filosofia!

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    1. Potevo!
      Visto che ci sono ti racconto la storia.
      A metà superiori iniziai a frequentare cattive compagnie e rovinai la mia carriera scolastica. In quarta mi salvò il nuovo professore di storia e filosofia, tale Zatta, che spiegava benissimo e mi fece appassionare alla materia. Ricordo interi pomeriggi a riflettere su Kant...
      Alla fine delle superiori mi consigliò di fare filosofia perché vedeva che avevo una certa propensione. Quando accennai la cosa a mio padre, che dalle medie vedeva in me un ingegnere (maggior probabilità di trovare lavoro), disse che con filosofia non si campa. Ciò che diceva mio padre era legge, anche se non viveva con me (sic!). Trovai una soluzione di compromesso con Scienze della Comunicazione, la cui scelta comunque provocò una smorfia in mio padre. Oggi ringrazio perché gli studi di filosofia del linguaggio, linguistica, semiotica e affini hanno aiutato moltissimo a sviluppare il mio pensiero.

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  12. Io e il latino ... cosa me lo han fatto studiare a fare... !!

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    1. Sono sicuro che c’è una risposta ma al momento non so darla...! Ciao!

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  13. Ciao Filippo, buon week end.

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  14. Vari giorni che avrei voluto commentare ma, accedendo da furbofono con Firefox, blogger e' tornato a non riconoscermi e qui non e' possibile commentare come anonimi.

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  15. Penso che molti di noi hanno provato la "saturazione cognitiva".
    Questo capita non solo per cognizioni intellettuali ma... anche fisiche.
    Nei primi sei o sette anni di studio "matto e disperatissimo" di tango - arrivai anche a tre seguire tre lezioni la settimana - arrivao a febbraio, marzo, con crapa e corpo talmente zeppi di nuovi movimenti, tecniche, fonemi, passi, che avevo una sensibile regressione "da confusione" nel ballo, poi.
    Succedeva che, passando qualche mese, e con la riduzione dello studio, a primavera (avanzata) miglioravo, la confusione diminuiva, cio' che era stato appreso emergeva.
    Quindi esiste anche un "assestamento cognitivo".
    Buonasera, Filippo.

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    1. Bella spiegazione, piena di speranza. Mi piace l’idea dell’assestamento cognitivo. Resto però dell’idea che accanto alla riduzione dello studio serva la produzione, il parto... Nel tuo caso, è importante che tu abbia continuato a ballare, senza fermarti, a quel punto è come se, riducendo l’apprendimento, ma avendo ancora bisogno, per ballare, delle nozioni che avevi imparato, avessi pian piano assestato, sistemato ciò che era appreso, mettendo a posto, trattenendo solo ciò che serviva ed eliminando il resto; a quel punto sei stato pronto per imparare nuovamente.

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  16. Chiedo scusa per i refusi.

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  17. Sei sempre in tempo, ti convalidato gli esami e fai presto a laurearti!

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    1. Faccio presto? Hai presente con chi stai parlando, Mr. Pigrizia? Parli tenendo presente i tuoi conseguimenti (splendidi) ma non penso proprio ce la farei... è già tanto se riesco a riprendere in mano qualche concetto nel giorno libero...

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