Col dovuto rispetto per i giornalisti della BBC (e per il giornalismo in generale)

Ho provato leggere un articolo giornalistico in inglese. L’argomento mi interessava, ma non sono riuscito a leggere.

Mi sono fermato e mi sono messo a scrivere.

Provo a sintetizzare il motivo.
L’ampiezza di pensiero con cui erano formulate le frasi dell’articolo non corrispondeva all’ampiezza di pensiero che stava andando in onda in quel momento nella mia mente.

Spero vada bene. Spero la frase esprima bene ciò che voglio dire.

Ho detto: “onda” credo non a vuoto. In effetti voglio significare che i due pensieri hanno diverse lunghezze d’onda.

Vorrei puntualizzare una cosa.
Non intendo dire che l’ampiezza di pensiero di quel momento (che poi sarebbe anche questo momento, perché mi sono messo subito a scrivere, proprio perché scrivere, invece che leggere, mi sembrava il modo migliore per conservare questa ampiezza di pensiero, piuttosto che rovinarla... o meglio, cambiarla entrando in una nuova ampiezza di pensiero. Posso entrare nell’ampiezza di pensiero di un articolo giornalistico in qualsiasi momento. Ma quante volte posso entrare nell’ampiezza di pensiero del discorso di un confessore, specialmente quando il confessore è bravo e potrebbe essere lo Spirito Santo a parlare?) era migliore dell’ampiezza di pensiero dell’articolo. Dico solo – come ho detto nella lunga digressione tra parentesi – che in quel momento mi trovavo in un’ampiezza di pensiero che mi piaceva molto, nella quale non mi trovo spesso, che somigliava a una sorta di concentrazione nella quale non capita spesso di trovarsi... per cui ho deciso di non forzare la mia mente a cambiare stato, in quel momento, di non forzarla cioè a entrare nell’ampiezza di pensiero dell’articolo giornalistico. Con tutto il rispetto per i giornalisti, e in particolare per i giornalisti inglesi. (Specie quelli della BBC, dato che l’articolo era sul sito della BBC).

Fermo restando, quindi, che non ho niente contro il giornalismo, gli articoli giornalistici e i giornalisti, voglio solo dire che lo stato mentale – l’ampiezza di pensiero e la concentrazione – che avevo al momento in cui ho iniziato a leggere l’articolo era, oltre che piacevole, troppo prezioso per essere semplicemente buttato al vento tramite la lettura di un articolo.

Come ho ottenuto questo stato mentale, questa ampiezza di pensiero?
Ero appena stato da un confessore.

Un ottimo confessore, devo dire.
Un giovane frate cappuccino, sui 45. Con un po’ di barba e gli occhiali.
Eccellente, il meglio che si può trovare.

Mi ha dedicato un sacco di tempo.
Meglio, mi ha fatto dei lunghi discorsi.
Molti potrebbero essere portati a pensare che non è un bene quando un confessore ti tiene a lungo e ti fa lunghi discorsi. Molti possono essere portati a pensare che la condizione ideale sia quando il confessore ti tiene poco, ti assolve e ti lascia andare in fretta.
Invece, per quanto possono essere dure le parole del confessore, per quanto possono andare a mettere il dito nella piaga, per quanto possono toccare punti deboli – specialmente quelli appena messi allo scoperto tramite la confessione – il discorso di un confessore è una doccia.

Lava demòni, lava pensieri, lava idee. Fa riconoscere che certe cose sono solo fissazioni, ossessioni che tormentano.
Il discorso di un confessore è una grazia, in qualsiasi caso. Questo perché la confessione è un sacramento. Il sacramento è un luogo dove è presente la grazia senza fallo. Il sacramento è l’ATM, il bancomat della grazia. I sacramenti sono luoghi dove sei sicuro che quando ci vai indiscutibilmente, infallibilmente trovi grazia. I sacramenti sono i luoghi dell’incontro sicuro con Dio.
A chi chiede: “Dov’è Dio? Come si fa a incontrare Dio?”, bisognerebbe far sapere che Dio si incontra sempre nei sacramenti. Non è possibile non incontrare Dio nei sacramenti. Non esistono condizioni, peccati, cose che possiamo fare che possano impedire la presenza di Dio nei sacramenti.

Tutto ciò è moltiplicato quando un confessore è anche intelligente, preparato, pieno di energie e disposto a concedere il suo tempo, ad andare fino in fondo nel fare il suo lavoro, a fare il suo lavoro nel miglior modo possibile.

Non voglio ripetere cosa mi ha detto. Già, appena uscito, faticavo a ricordare tutto. Già ero rattristato, appena uscito, perché pensavo che era un peccato non avere avuto un registratore vocale per salvare le ottime parole che mi ha detto. Per ogni peccato ha fatto un piccolo discorso. Ha approfondito ogni peccato, non attaccando la persona, astraendo il peccato e facendo su esso una piccola disquisizione generale. Forse è andato un po’ sulla persona implicitamente, nel senso che sul peccato più grave ha parlato di più. Come a dire: “Questo è grosso. Su questo devi stare a sentire di più”. Si è pure segnato mentalmente le cose da dire su ciascun peccato, nel senso che non è andato con ordine, ma diceva: “Vorrei tornare su questo”, ecc.

Questo ottimo confessore mi ha lasciato in uno stato di concentrazione eccezionale. Completamente rivolto verso l’interno.

Non credo sia stato tanto per aver seguito le sue parole, il suo treno di pensieri, quanto come risultato della doccia che mi ha fatto coi suoi discorsi.
In altre parole, l’ampiezza di pensiero in cui mi sono ritrovato non era l’ampiezza di pensiero del confessore.

Quindi non si tratta dell’ampiezza di pensiero del confessore contro l’ampiezza di pensiero dell’articolo.

Semplicemente, in seguito alla confessione e ai discorsi ascoltati da parte del confessore mi sono trovato in uno stato mentale, in una concentrazione che ho voluto conservare. Perciò non ho letto l’articolo e non ho cambiato ampiezza di pensiero, ma mi sono messo a scrivere e, finché ho potuto, cioè finché sono stato interrotto (dai messaggi di Whatsapp e dall’allarme antincendio della biblioteca), ho conservato il prezioso stato mentale.

Di più, in parte l’ho scritto.

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