Il cane pastore

Invece sceglierai tra tutto il popolo uomini integri che temono Dio, uomini retti che odiano la venalità e li costituirai sopra di loro come capi di migliaia, capi di centinaia, capi di cinquantine e capi di decine. (Es 18, 21)


Quando diciamo che un predicatore deve dare l’esempio, non lo diciamo perché gli altri possano imitarlo.

Certo, è possibile che qualcuno non si sia ancora reso conto delle sue reali potenzialità, a costui vedere dove un altro è arrivato può servire da ispirazione, per capire che può fare di più.

Ma per quelli che sono arrivati al proprio limite non c’è più niente da fare.

Per molti, ascoltare qualcuno che dà l’esempio non serve a niente. Non serve vedere cosa un altro è in grado di fare, dove è riuscito ad arrivare; perché tanto lì non ci si può arrivare.

Allora a cosa gli serve vedere l’esempio? Tanto lui lì non ci può arrivare.

Non fa alcuna differenza, quindi, vedere l’esempio messo in pratica o semplicemente sentir parlare di una data cosa messa in pratica.

Ai pastori di solito si chiede di dare l’esempio. “Se non sei in grado tu, in prima persona, di mettere in atto quella cosa, non parlarne neanche”.
“Non dirci cosa Gesù ci chiede di fare, se non lo fai tu per primo”.
Predica bene ma razzola male”.

Invece no, il compito di un predicatore è di essere ministro della Parola (tra le altre cose). Ciò significa che è suo compito dissezionare la Parola per mostrare cosa dice.
Se Gesù a un certo punto ha detto che bisogna fare una certa cosa, se la Bibbia dice di fare una certa cosa, non è vero che il predicatore non può mostrarlo, non può indicarlo come presente nella Parola, se a sua volta non lo mette in pratica anche lui.

Certo, la testimonianza ha una sua forza. Un predicatore avrà tanta più forza di persuasione, nel persuadere cioè gli altri a mettere in pratica quella Parola, se lui stesso l’avrà vissuta o avrà cercato, per primo, di viverla con tutte le sue forze.
Le parole ricevono dalla testimonianza una forza che nessuna tecnica oratoria può dare. Frasi formulate e articolate peggio hanno più forza di frasi formulate e articolate meglio se a pronunciarle è qualcuno che ha vissuto e vive la Parola. La testimonianza si trasmette anche senza parole.

Ciò non vuol dire che qualcuno che non è riuscito, pur provandoci con tutte le sue forze, a mettere in pratica una data Parola, non possa dire agli altri di provare a farlo.
“Io ho fallito. Be’, ce l’ho messa tutta. Ho sperimentato il mio limite. Ho visto fin dove posso arrivare. Adesso tocca a voi. Provateci voi. Vediamo fin dove voi riuscite ad arrivare. Magari siete meglio di me”.

Ministro della Parola è una funzione, può essere svolta anche da chi non è pastore.
Vero pastore, però, è chi mette in pratica le cose che dice.
Il pastore è colui che comanda gli altri.
Può comandare gli altri solo chi è in grado in primo luogo di comandare se stesso.
A chi non è mai riuscito a dominare se stesso, non gli si affida un gregge di persone.

Questo non vuol dire che uno che domina se stesso è oggetto di imitazione, è esempio.
Chi domina se stesso semplicemente domina anche gli altri con la sua potenza di dominio. Gli si dice: “Visto che hai dimostrato di avere potenza nel dominio di te stesso, vediamo cosa riesci a fare se aggiungiamo alla tua persona altre persone. Vediamo se riesci a dominare pure loro. Vediamo dove riesci ad arrivare. Vediamo quante persone riesci a dominare”.

La virtù non è insegnabile. Significa che non è imitabile.
Alcuni l’hanno, altri no. Alcuni la raggiungono, altri no.
Quelli che l’hanno, devono distribuirla anche a quelli che non l’hanno.
Quelli che non l’hanno si affidano a quelli che l’hanno – che sono riusciti a ottenerla attraverso il dominio di sé – per averne parte anche loro.

Non vogliamo che un pastore metta in pratica le cose che dice perché deve dare l’esempio, come a dire: “Se lì è arrivato lui, posso arrivare pure io”.

Alcuni, certo, non si sono ancora resi conto del loro potenziale e devono essere svegliati su dove possono arrivare.

Ma altri, lì, non arriveranno mai.

Ad alcuni vedere l’esempio realizzato non fa né caldo né freddo.
Per molti è così.
Cosa gliene frega vedere l’esempio realizzato? Tanto non ci potranno mai arrivare.

Ciò che cerchiamo, in un esempio messo in pratica, non è un modello da imitare. “Se ce l’ha fatta lui, posso farcela anch’io”.

In uno che mette in pratica le cose che dice cerchiamo uno nelle mani di cui possiamo metterci.
Uno a cui possiamo affidarci.
Per fare cosa?
Per permettergli di controllare la nostra vita.

Solo chi dimostra di avere controllo su di sé è qualcuno a cui si può rischiare di affidare il controllo di qualcun altro.

Se a qualcuno chiediamo di mettere in pratica le cose che dice, di dare l’esempio, non lo facciamo perché vogliamo imitare quell’esempio. Lo facciamo perché vogliamo metterci nelle sue mani e dire: “controllami”, “comandami”.

I pastori, coloro a cui chiediamo di mettere in pratica le cose che dicono, di dare l’esempio, sono coloro che devono comandare sugli altri.
Non gli diciamo: “Fallo tu, così se lo vedo messo in pratica, posso farlo anch’io”. Non è che abbiamo bisogno di un pioniere.
“Se ce l'ha fatta lui, posso farcela anch’io”. La verità è: “Lui ce l’ha fatta. Io non ce la farò mai”. È la realtà dei limiti, della debolezza, della piccolezza di alcune persone, di tante persone, della stragrande maggioranza delle persone. Impotenza, incapacità, debolezza.

Allora perché chiediamo ad altri di dare l’esempio? Per avere dei pionieri, qualcuno da imitare? “Se ce l'ha fatta lui, posso farcela anch’io”?.

No, ma per dire: “Questo è uno che ce l’ha fatta contro se stesso”.
Siccome le uniche persone a cui si può affidare il controllo degli altri sono quelle che hanno il controllo di sé, è a queste persone che noi vogliamo affidare la vita.

Sono i cani pastore.

Se uno non è in grado di vincere se stesso, non è in grado nemmeno di vincere gli altri.
Ecco quali sono le persone alle quali affidiamo il comando.

I capi, i pastori.
Non sono esempi.
Noi, là, non ce la faremo mai ad arrivare. Non è che gli diciamo: “Fallo tu, così posso farlo anch’io” .
“Se lo vedo realizzato, crederò che anch’io posso farcela”.
Certe cose solo alcuni ce la fanno a farle.

Ecco cosa chiediamo quando chiediamo: “Metti in pratica”. Non: “Da’ l’esempio”, ma: “Vinci te stesso”.

“Così poi potremo darti noi stessi da vincere, visto che noi da soli non ce la facciamo”.
“Comandaci”. “Dicci cosa fare”.

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