Colleghi di lavoro

Non riesco a creare, coi colleghi di lavoro, relazioni convincenti. Ci sono quelli con cui parlo più e quelli con cui parlo meno.

Tra i colleghi con cui parlo c’è D., un sudamericano che ha studiato un po’ di psicologia e crede di dover psicanalizzare tutti. Un altro che mi chiede sempre favori. Mi ha chiesto soldi un paio di volte. Mi ha chiesto di noleggiargli due volte un’auto con la mia carta di credito, lui non ha carta di credito. Insomma, tutti che fanno la coda per chiedere favori all’ex frate, perché sanno che li fa. Anche perché non sanno in che altro modo relazionarsi con lui.

Bisogna dire che non sono il massimo della socievolezza. Col risentimento che ho verso il lavoro, sono sempre piuttosto imbronciato. Non dovrei esserlo, il cristiano è gioioso e sorridente. La gioia si basa sulla speranza nella risurrezione per un eternità gloriosa. Invece, nel mio caso, dipende da come mi sveglio la mattina. Ce la metto tutta. Mi impegno, anche, perché mi hanno insegnato a essere affabile, ma non sempre colgo nel segno.

Poi voglio bene a S. È milanese come me. Mi pare abbia 53 anni. È un tipo buono con tutti. Quando consegnavamo entrambi nel centro storico, tutti i giorni facevamo pausa assieme. Sono al corrente della situazione di salute di sua mamma, che ha più di 90 anni e sono aggiornato sulla vita di sua figlia, 28. Oggi, noto questo in S. Quando lo vedo, tendo ad andare verso di lui per parlargli, perché mi è simpatico e perché lo considero amico, ma tende a evitarmi, come fossimo nel cortile della scuola durante la ricreazione e non volesse farsi vedere con lo sfigato.

In generale, ho notato, infatti, di essere un po’ evitato, specialmente dai colleghi che hanno più anzianità, quelli che mi conoscono da anni. La mia poca socievolezza è una ragione. Ma c’è anche qualcos’altro. È come se fosse passata l’idea che, in quanto ex frate, sono sfigato. Uno che non sa farsi valere nella vita. Uno che obbedisce a testa bassa, senza farsi sentire dai padroni quando c’è bisogno. Una specie di lecchino mascherato. Dico: “mascherato” perché di fatto sono iscritto alla Cgil.

Mi avvicinano i colleghi nuovi. Di questi ce n’è in abbondanza. Saremo 25 col contratto a tempo indeterminato e i restanti 20-25 col determinato. Questi ultimi girano, nel senso che ce n’è di nuovi ogni tre, quattro mesi. I cosiddetti determinati vengono rinnovati. È difficile che a qualcuno facciano il contratto a tempo indeterminato. Ne fanno uno ogni morte di Papa. Ho visto decine di bravissimi corrieri sparire solo perché era scaduto il contratto, per veder comparire novellini che creano disagi a tutti (perché i primi tempi non sono in grado di finire e bisogna aiutarli).

Insomma i nuovi, che non mi conoscono, parlano volentieri con me. Gli anziani – lavorativamente – mi conoscono e mi trattano da sfigato, da appestato da non avvicinare. S. mi rattrista. Magari se siamo solo lui e io si mette a parlare, ma in gruppo tende a non cagarmi.
C’è da dire che resto praticamente fuori da tutte le conversazioni, essendo i temi calcio, busta paga, macchine, donne, nessuno ha voglia di parlare di Dio, l’unico tema che affronto volentieri, anche perché penso di avere qualcosa da dire in materia, non tanto perché ho studiato ma perché ho riflettuto.

I due con cui non parlo proprio sono M. e T. La prima conversazione con M., quattro anni e mezzo fa, mi chiede soldi. Fino a un anno prima ero frate, quindi ero pieno di volontà di fare carità. Gli presto subito, con un bel sorriso, 70 euro. Me li ridà dopo non molto. Me li ha ridati subito perché voleva instaurare una relazione di fiducia per far sì che diventassi un bancomat. Ha fatto così con un altro collega bonaccione, che per sua fortuna ha appena vinto il concorso, arrivando secondo, per Vigile Urbano in un paese sul lago di Garda e quindi, spero per lui, non avrà più frequentazioni con M.
Dopo pochissimo, infatti, M. chiede ancora soldi. La cosa inizia a puzzarmi.

Nel frattempo sono diventato amico di P. Come sono diventato amico di P.? Il primo mese che lavoravo non avevo ancora trovato sistemazione a Brescia, dormivo a casa di mia madre e facevo Milano-Brescia in treno e arrivando a cancelli ancora chiusi davanti all’azienda, a causa dei fissi orari dei treni, mi mettevo a pregare il rosario. P. arriva secondo e mi trova mentre prego il rosario fuori dai cancelli. Non è stato un caso. Scopro che P. ha vissuto una conversione da poco e prega il rosario. Nessun modo più divino per far nascere una relazione. Oggi P. non lavora più con me. Si è ribellato al sistema Amazon e ha avuto il coraggio di dimettersi. Dopo mesi di incertezze ha trovato lavoro come responsabile della logistica in un’azienda di Peschiera Borromeo. Un ottimo posto. La Madonna l’ha aiutato.
Abita non lontano da me. Ma non ci sentiamo più. Colpa mia. Velocemente ho scoperto, tramite chi ha intessuto relazioni intense con lui, che è uno che chiama alle quattro del mattino con le paturnie e non ho proprio bisogno di cose del genere. Ho quindi scartato un potenziale amico che la Madonna mi aveva dato. Ma forse l’aveva mandato il demonio, facendomelo apprezzare con la scusa del rosario. A volte il demonio, dicono, si traveste da angelo di luce. Bisogna dire che aveva idee disparate sulla Chiesa, era polemico coi sacerdoti e non ascoltava minimamente le cose che dicevo. Preferiva ciò che trovava su Facebook. Voglio dire, sei devoto e diventi amico di un ex frate, perlomeno ascoltalo. Invece dopo un po’ si era fatto l’idea che avevo sbagliato nel perseguire la vocazione, che erano problemi psicologici, ecc. Insomma, penso di aver fatto bene a lasciarlo perdere. Ma nel periodo iniziale, quando, almeno sul lavoro, eravamo amici, essendo P. un tipo scafato, aveva capito subito che tipo era M. P. aveva sulle spalle due denunce per aggressione, era caldo e andava in fretta alle mani. Pregava la Madonna che lo aiutasse a cambiare. Inoltre P. è il tipo che, coi colleghi, parla alle spalle. Aveva presto inquadrato M. Fu lui a dire: “Se presti soldi a M. non ti parlo più!”. Difatti, quando M. è tornato alla carica per chiedere soldi, ho detto no. M. ha fatto un lungo affondo sul fatto che in qualità di ex frate avrei dovuto praticare la carità più degli altri, ha poi detto senza più alcun ritegno che dovevo aiutarlo a mantenere gli hobby costosi, prostitute cinesi e gioco, infine ha tirato in mezzo la figlia, che vive con la madre, ma ha trovato pur sempre il muso duro. Da quel giorno non mi ha più parlato. Poco male, in tre anni M. ha passato 20 giorni al mese in mutua per via del mal di schiena e di un’ernia, non so come fa a non essere ancora stato licenziato.

L’altro collega con cui non parlo è T. Pensare che scherzavamo così tanto, i primi giorni. Consegnavamo entrambi in città. Ci incontravamo e andavamo a prendere il caffè. Poi, un giorno, mentre con D. camminavamo nei pressi del cancello di entrata al parcheggio, e lui non riusciva a passare col furgone, si è messo a suonare il clacson, mi sono spostato e ho fatto segno di passare, lui si è accostato, ha abbassato il finestrino e ha fatto il gesto del colpo di pistola alla nuca, come per dire: “Questo ci vorrebbe, per voi!”. T. è un vecchio napoletano. Il cambiamento repentino mostrava chiaramente che aveva parlato male alle mie o alle nostre spalle. Quando trovi qualcuno che da un giorno all’altro cambia modo di porsi significa che ha sparlato. Da quel giorno non sono più riuscito a rivolgergli la parola.

Una cosa che mi ha rattristato, come mi rattrista S. quando mi evita, è stata la cena coi colleghi. Rendiamoci conto che c’è stata gente, che si è seduta a quel tavolo, che non mi ha rivolto la parola, anzi non mi ha neanche salutato. Ripeto, un po’ è colpa mia. Faccio un esempio. Alla cena sono finito seduto di fronte a R., il più vecchio di noi e persona degnissima. Sono sempre stato convinto che con lui avrei avuto tante cose di cui parlare. Invece anche lui parla solo di calcio, videogiochi – ebbene sì, nonostante l’età –, parla male del lavoro e dei capi, ecc. Inoltre vuole far vedere di essere uno che si è inserito tra i giovani. Quindi, sedendosi a tavola, inizia a tirar battute, risate, urlate e cose del genere. Alla cena non ho potuto avere una conversazione.
Nessuno vuole avere una conversazione con me. Sono il tipo che chiede subito come stanno i famigliari, che si interessa se qualcuno ha problemi di salute e mostra compassione. Sono il tipo che vuole affrontare argomenti seri.
Ma poi riconosco di essere un po’ tardo. Gli altri hanno cervelli scattanti e acuti come motori turbo. Battute, collegamenti, idee, proposte... Quando davvero inizia una conversazione, quella a cui in teoria vorrei partecipare, perché sono il tipo che vuole passare per profondo e intelligente, dato che non sono scattante e acuto, mi sento subito tagliato fuori, perché mi rendo conto che sono tutti più intelligenti di me. R., ad esempio, è strapolemico verso Amazon, ma io, che vorrei esserlo con lui, giusto per avere una conversazione, non riesco a stargli dietro. Si vede subito che lui ha ragionato a fondo su un sacco di problemi, per cui potrebbe fare proposte e allo stesso tempo potrebbe suonargliele, a parole, a qualsiasi capo. Ha un cervello a mille. Ci sono altri della compagnia che, sentendolo, sanno subito come rispondergli e tenergli botta.
Finisce quasi sempre così. Magari sono io quello che lancia un argomento, ma sono altri a svilupparlo. Sanno pensare e velocemente. Mi dico: “Di questa roba, in realtà, non me ne frega niente, per questo non ho niente da dire e non mi va di applicare il cervello”. È triste, finisco presto fuori dalla conversazione. Se provo a dire qualcosa, sono preceduto e interrotto. Ciò che ho da dire non conta. Nessuno ha voglia di parlare di Dio, e dunque... Se per caso qualcuno ha pietà di voler farmi parlare, vedendomi in silenzioso affanno e fa domande su Dio o sulla mia ex vita religiosa, dico due parole e vedo subito che l’argomento non interessa e si vuole subito cambiare.

18 commenti:

  1. Io sono insofferente verso le persone che pur lavorando, chiedono soldi ai colleghi. Non è normale! Gli ambienti di lavoro sono molto complessi, poi il tuo è un ambiente solo maschile mi pare, se ci fossero anche delle colleghe gli argomenti di conversazione sarebbero diversi.
    Comunque non prestare più la carta di credito al tipo, digli chevla banca non te lo consente e non è una bugia.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non gli ho proprio prestato la carta, ho fatto io l'acquisto per lui, con lui presente. Comunque non le faccio più queste cose.

      Elimina
  2. bèh il mondo umano può esser bello proprio perché così vario
    a volte aver avuto dei genitori rigidi può aiutare alla sopravvivenza
    per ora ti lascio solo una dritta e cioè che i veri amici son solo quelli che hai nelle tue tasche
    in seguito, nelle varie evenienze, potrei dartene altre

    RispondiElimina
  3. Non saprei che consigli darti perché io pure non sono il tipo che ha una gran facilità nella socializzazione, tutt'altro. Comunque, se ormai ti hanno "appiccicato" un'etichetta addosso per il tuo passato da frate è difficile che te la stacchino, puoi solo continuare a essere un buon collega di lavoro (ma senza prestare soldi, eh!)
    E comunque sul lavoro i rapporti di "amicizia" non sono poi così profondi, sono sempre abbastanza limitati. Ciò che conta è avere un buon rapporto professionale, che poi trascina positivamente anche il rapporto umano.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. È ciò che ho detto sempre anch'io! L'importante è essere buon collega, cosa che giova alle prestazioni, le amicizie possono nascere ovunque ma non necessariamente sul lavoro.

      Elimina
  4. Comunque il problema sono loro, non sei tu.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ti ringrazio fortemente di aver preso le mie parti, ma sono convinto che anch'io faccia la mia parte, fermo restando che è un ambiente tossico per molti aspetti.

      Elimina
  5. Anonimo18/10/22

    "Nessuno ha voglia di parlare di Dio, e dunque..." Dunque credo che lo abbia fatto tu per conto di tutti ,e forse in fondo ne sei anche consapevole.Ho letto con attenzione questo post e mi preme dire che non ho preso posizione ,non è importante prenderne una dove l'empatia solo verso te ricade in modo anche naturale,attraverso i nostri commenti .Nella vita ognuno di noi fa la sua parte e porta avanti la sua scelta anche quando rimane addirittura bloccato e senza farne una ,in realtà la scelta si compie.Siamo responsabili tutti delle nostre azioni ,delle nostre reazioni e "osservare la vita negli occhi degli altri" (come dice un poeta) è utile per elevarsi soprattutto sotto una forma più prettamente spirituale.Nel momento in cui descrivi gli altri in realtà non fai altro che conoscere te stesso,per quanto certe realtà siano distanti ,differenti o ti accomunano,come se fossimo un io nel noi e non viceversa,ma di fatto è attraverso i nostri fratelli e con le loro unicità che "qualcosa"si compie.Oddio pare che tu abbia ri-incrociato una persona virtuale che sta continuando con un processo psicoanalitico ..sorrido perché come vedi molte volte siamo anche noi ad appicicarci un etichetta:) Andrò a documentarmi su cosa voglia dire "sfigato" :)),ma già ti dico che non ne vedo utilità alcuna,sembra quasi dobbiamo riconoscerci e appartenere più a una categoria che ad un concetto di dio amore.

    Ciao Filippo buona giornata..

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao carissima! Grazie per l'attenzione che dedichi al blog!

      È vero, non è necessario parlare per parlare di Dio. C'è quell'episodio dei due frati, al tempo di Francesco, che camminarono in coppia tutta una giornata senza dire una parola e con la testimonianza del loro comportamento umile e fraterno operarono varie conversioni.

      Il termine sfigato è un'etichetta della mia giovinezza che purtroppo non riesco a smettere di usare. Ci provo ad amare i colleghi incondizionatamente e prego per loro, ma a volte è dura, specialmente quando si è circondati da bestemmie, che secondo me hanno l'effetto di rendere gli uomini più duri di quanto già non siano.

      Per natura non sono portato a trovare la felicità nelle relazioni, però le poche che ho sono importanti, mi ci impegno e mi danno molto.

      Alla prossima!

      Elimina
  6. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  7. Potresti essere un INTP, dalla descrizione che fai di te stesso... Anch'io penso di esserlo, anche se non è sempre facile riconoscere il proprio "tipo"... Comunque sono anch'io un introverso, per cui parlo poco e spesso il motivo è lo stesso del tuo, difficoltà a trovare argomenti comuni.... E non posso parlare troppo di fumetti perché so già che non interesserebbe 🙁
    Certi momenti mi viene giù una tristezza...i rapporti su internet non sono decisamente meglio e infatti ho un po' ridotto i miei interventi, anche se non ci riesco ancora del tutto, una certa curiosità "esplorativa" la mantengo sempre 🙂
    Mi hai ricordato un po' i tempi del liceo in cui si stava insieme durante quelle ore e poi ognuno per la sua strada, non ho mai intessuto rapporti con nessuno...
    Ciò che auguro a entrambi (tu e io) è di imparare sempre più ad accettare la propria condizione....

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ho fatto il test.

      Your personal type is: MEDIATOR INFP-T
      Assertive Mediator (INFP-A) VS. Turbulent Mediator (INFP-T)
      https://www.16personalities.com/articles/assertive-mediator-infp-a-vs-turbulent-mediator-infp-t

      Mediators are poetic, kind, and altruistic people, always eager to help a good cause.
      98% Introverted – Introverted individuals tend to prefer fewer, yet deep and maningful, social interactions and often feel drawn to calmer environments.
      65% Intuitive – Intuitive individuals are very imaginative, open-minded, and curious. They value originality and focus on hidden meanings and distant possibilities.
      75% Feeling – Feeling individuals value emotional expression and sensitivity. They place a lot of importance on empathy, social harmony, and cooperation.
      56% Prospecting – Prospecting individuals are very good at improvising and adapting to opportunities. They tend to be flexible nonconformists who value novelty above stability.
      97% Turbulent – Turbulent individuals are self-conscious and sensitive to stress. They feel a sense of urgency in their emotions and tend to be success-driven, perfectionistic, and eager to improve.

      Anche quando si trova un argomento che interessa a entrambi è difficile portare avanti una discussione. Secondo me la prima condizione necessaria è che entrambi mettano da parte la necessità di pensare di avere la verità dalla propria parte, e accettino di fare uno sforzo comune alla ricerca della verità, nella consapevolezza che “quando si cammina in due si va più lontano” (Platone, Simposio).

      Delle poche relazioni che ho trovato su internet devo dire sono molto soddisfatto, cerco di coltivarle come meglio posso.
      Al liceo il mio problema non era tanto con la classe, ma proprio con l’ambiente scolastico in generale. In prima feci amicizia stretta con un compagno di classe, ma poi tutti tendevano a formare amicizie più che altro nelle altre classi. Così ho fatto anch’io, ma dalla seconda in poi sono state cattive frequentazioni che non hanno fatto bene né alla carriera scolastica né alla vita in generale.

      Accettarsi è sicuramente un passo importante da fare. Sono uno che tende a psicanalizzarsi, a cogliere ogni occasione per farlo e a conoscersi il più possibile. Però noto che spesso sono gli altri a non accettarti. Ma probabilmente pecco anch’io in questo, cioè tendo a giudicare gli altri. Per questo, poi, probabilmente, tendo a pensare che tutti giudichino e ad avere paura del giudizio altrui.

      Elimina
    2. Giudicare gli altri, soprattutto giudizi "morali", in effetti corrisponde molto al tipo che ti è uscito 🙂
      Per esserne sicuri (i test non sono affidabili al 100 %) bisogna capire come sono disposte le funzioni cognitive nello stack, ci vuole tempo e pazienza, io sul mio ho già cambiato idea 😄
      Come dici tu stesso, conoscersi è una ricerca continua...

      Elimina
    3. "bisogna capire come sono disposte le funzioni cognitive nello stack" uhmmm questa frase non l'ho capita molto...

      Elimina
    4. Purtroppo la sigla che ti viene fuori dopo aver fatto il test ( nel tuo caso INFP ) non è sufficiente a capire tutto, poiché di fatto non lo dice 👍
      Le funzioni cognitive sono 4: pensiero, sentimento, intuizione e sensazione... Ognuna di esse può essere introversa o estroversa, per cui di fatto diventano 8...
      Ognuno di noi le ha tutte, le usiamo tutte, ma con un ordine di preferenza diverso... Lo "stack" consiste nel posizionarle dal 1° all'8° posto, dove la prima chiaramente è la dominante, la più forte, quella che ci caratterizza di più... ...Ciò va fatto secondo delle regole precise...
      Per approfondire > https://16superpoteri.com/teoria/funzioni-cognitive/stack/

      (Un INFP ha al primo posto il sentimento introverso, vale a dire che crea dentro di sé un insieme di codici morali e poi agisce in base a quei codici, chiaramente anche le altre funzioni successive giocano la loro parte...)

      Elimina
  8. Ciao Filippo, io ero un'insegnante , ho sempre avuto un carattere piuttosto chiuso e riservato , tuttavia ho sempre cercato di migliorarmi e di essere disponibile è aperta verso gli altri, in parte ci sono riuscita in parte no. A mie spese ho imparato che bisogna essere disponibili ma fino ad un certo punto perché gli altri se ne approfittano. Anche a me è capitato che una persona che credevo amica, mi ha chiesto dei soldi ma aveva il suo lavoro, ho detto no ed è sparita, meglio così. Al lavoro ho trovato persone che credevano in me, ma c'era anche chi non mi sopportava, probabilmente per il mio carattere. Io ho sempre cercato di fare del mio meglio e di essere corretta verso gli altri. Il fatto che le mie colleghe fossero tutte sposate con figli e io no, non ha certo aiutato. Ora che sono in pensione, i problemi del lavoro sono lontani, ogni tanto incontro qualche mia ex collega e mi fa sempre piacere fermarmi a scambiare quattro chiacchiere e va bene così. Ciao

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao Mirtillo, grazie della condivisione. In effetti non ho ancora capito bene se la vera amicizia comporti farsi favori, tipo soldi, perché molti la pensano così e se non ci sono i favori la considerano vuota.

      Fare del bene implica che qualcuno se ne approfitti, questo non diminuisce l'opera buona anzi secondo me l'accresce.

      Buona giornata!

      Elimina