Una massima

L’incapacità di scrivere. Gli scrittori che esagerano la grandezza delle proprie opere. Il fatto che sono più che altro un dattilografatore che non ha argomenti da scrivere, che uno scrittore. L’incapacità di star lontano dal frigo. Dai gelati, dai succhi di frutta, dall’acqua. L’incapacità di scrivere come Bernhard, lunghi periodi. Non riesco a tenere a mente un periodo lungo. Prima di aver finito di scriverlo l’ho dimenticato. La mia arte raffinata nella scelta delle preposizioni, nell’evitare pronomi personali e articoli. Il mio desiderio di scrivere, unito alla mia incapacità di star seduto al computer. Il sonno che si abbatte su di me a ogni pie’ sospinto. La mia incapacità di inventare trame. Il mio dover avere accanto alla tastiera qualcosa da mangiare (da sgranocchiare) o da bere. L’aver smesso di comprare cose da sgranocchiare perché sto invecchiando e i denti ne sono danneggiati. Le carie che sento crescere nei molari inferiori, sia a destra sia a sinistra. Su cosa si giudica una grande opera? Sulla lunghezza? Ma stiamo scherzando? La verità è che è così. È come chi ce l’ha più lungo. Un tomo di 900 pagine viene considerato una grande opera. Il tempo impiegato dallo scrittore per comporla. La capacità di restare sulla stessa linea d’onda per tutto il tempo. La capacità di restare nel flusso. L’incapacità di pregare, anche nei giorni liberi, a causa della pigrizia. Il sonno che mi chiude gli occhi ogni volta che mi imbarco in qualche impresa. Come fare per migliorare? Occorre sudare, sforzarsi, fare violenza su stessi, come dicono i testi spirituali. All’inizio occorre sempre fare violenza su se stessi, poi, col tempo, e col subentrare dell’abitudine, lo sforzo diverrà minore. Scrivere bene cosa vuol dire? Scrivere periodi lunghi o periodi corti? È per questo che è da apprezzare Čhecov, perché innanzitutto non è malato di lunghezza. I suoi racconti sono poesie, parole centellinate, scelte con cura, roccia, marmo, pietra preziosa scolpita e intagliata. La scrittura di Borges, per lo stesso motivo, la amo. Peccato che non ami Borges, il suo filosofico ateismo, il modo di pensare. Eppure è proprio il modo di pensare che ha generato il modo di scrivere. Dimenticare ciò che si è già scritto. Non guardare al testo come a una struttura. Andare semplicemente avanti, seguendo il flusso dei pensieri. Che bello quando la scrittura è il modo preferito di passare il tempo. Si può fare qualsiasi cosa. Ci si può sfogare, si può creare, si può inventare mondi, personaggi, esprimere idee, argomentare temi. Tutto si può fare, con la parola. Saper plasmare la parola significa saper plasmare l’universo. I padroni della parola sono padroni del mondo. Il fatto, poi, è che la parola è Dio. “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio”. Non siamo, di fatto, come potrebbe sembrare da ciò che ho appena detto, non siamo noi i padroni della parola. Al massimo ciò che possiamo fare è autorenderci servitori della parola. La parola va corteggiata, seguita, studiata, amata. Allora diventerà alleata. È questo che intendo quando dico: “padroneggiare la parola”. In realtà intendo: “servire la parola”. Se noi ci pieghiamo alla parola, la parola si pieghierà a noi. O Verbo eterno, fammi tuo seguace, rendimi capace di penetrare la tua sapienza, di comprendere come agisci, come componi, come ti dispieghi quando devi esporre un concetto per il quale c’è bisogno più di una parola, più di una frase. Insegnami il segreto della poesia. La capacità di scrivere un flusso che catturi, che porti dentro di sé chi legge, trascinandolo con la musica. Trascinare chi legge risulta dalla musica delle parole, come faceva notare quel poeta russo, per cui potremmo accostare sillabe a caso e renderle musicali, o risulta dalla concatenazione dei contenuti, per cui siamo trascinati a voler sapere ciò che segue? Di certo in campo narrativo è la seconda delle due. Disporre gli avvenimenti, gli eventi, in modo che uno desideri sapere cosa succede dopo, o cosa è successo prima. Cosa fa agire un uomo in un dato modo? Cosa ha subito, nella sua vita, per diventare un uomo che agisce in quel modo? Quanto ci si inorgoglisce per aver messo due frasi una dopo l’altra. Ciò che abbiamo scritto ci sembra subito un capolavoro, per il semplice fatto di averlo fissato. La magia della scrittura consiste nel saper entrare in un flusso. Un flusso che trascina, che trascina lo scrittore prima ancora che il lettore. Se ha trascinato lo scrittore, trascinerà anche il lettore. Invidiamo colui del quale ci accorgiamo che è entrato nel flusso. Nella trance. Quanto invidiamo uno scrittore che ci è riuscito. Significa che è andato avanti a scrivere finché la parola non l’ha preso. E allora, è la parola che ha iniziato a dominare. La parola inizia a comandare, e noi diveniamo solo esecutori materiali. Però amo anche chi si sofferma a pensare a ogni frase. Ah, quale sforzo richiede questo tipo di scrittura! Scrivere una frase, poi fermarsi, staccare le mani dalla tastiera, e pensare. Pensare a una nuova frase. Al posto di catturare quelle che vengono automaticamente da sole. Che spingono sulle nostre dita per essere messe su carta. Ah, i pensatori! Che amore ho per coloro che sanno meditare. Soprattutto per coloro che sanno inventare trame, cosa che non sono mai stato capace di fare. Riesco a resocontare una trama solo se è già esistente, già avvenuta. Allora non devo far altro che imprimerla. Ma inventare una trama lo trovo uno sforzo al di sopra delle mie forze. Quanto amore buttato per questa ossessione della scrittura. Non sarò mai un grande scrittore. Per essere un grande scrittore bisogna avere un corpus di opere. Qualche pagina di diario, qualche post su un blog non fa di nessuno un grande scrittore. Però è giusto distinguere, voglio scrivere perché voglio diventare un cosiddetto grande scrittore o voglio scrivere per puro amore per la scrittura? Se riuscissi a liberarmi dell’ossessione della scrittura sarei un uomo libero di amare. Amare costa fatica, costa sacrifici. Scrivere per me non è un sacrificio, ma è solo perché scrivo poco. Non mi sono mai sacrificato per la scrittura. Per poche cose mi sono sacrificato nella vita. Il lavoro che mi è stato dato è il mio sacrificio quotidiano. Ho iniziato a versare contributi a 37 anni, cosa sarà della mia vecchiaia? Non è un caso che studi i barboni, quando ne vedo uno. Sono sempre attirato dai barboni. Ho sempre pensato che la mia vita sarebbe finita in quel modo. Fare il barbone da vecchi è tanta sofferenza. Speriamo di farcela, e speriamo che la morte sopraggiunga presto. Quando dico così implico: “Speriamo di essere pronto presto per il Paradiso, così da poter lasciare questo mondo e morire”. Perché se non sono pronto per il Paradiso, non voglio morire. Non voglio morire se il mio destino è andare all’inferno. Ancora ancora il Purgatorio. Non bisogna aver paura di morire, bisogna aver paura di non esser pronti per il Paradiso. Questa può essere scritta come massima, anche se è banale, non contiene, cioè, nessun significato recondito. Il suo significato è dispiegato tutto per il lungo.

10 commenti:

  1. Se ti piace scrivere tu continua a farlo, non è una questione di chi scrive "più lungo"... e neppure di chi prende le migliori recensioni. Se a uno piace fare una cosa e facendola non fa del male a nessuno, dovrebbe semplicemente continuare a farla. Io sono un creativo fallimentare, però non chiedetemi di rinunciare agli inutili parti della mia incapace creatività: tanto vale chiedermi di smettere di mangiare pasta al pomodoro, prosciutto, gelato alla crema, e di alimentarmi solo con delle flebo.
    P.S.: Checov e Borges li adoro.

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    1. Piacermi mi piace, ma è anche qualcosa di ossessivo, con radici, credo, nei fallimenti. Questo lato porta frustrazione. Tipo due settimane fa, quando credevo che avendo una settimana di ferie da passare a casa (il mio compagno di viaggio s’è preso il covid, per cui ho fatto sei giorni di mare al posto di due settimane) avrei avuto tempo e voglia di scrivere a profusione, invece mi sono trovato a lottare con pigrizia e aridità. Piombare dalle nove ore lavorative quotidiane alla nullafacenza non è facile. Vorrei tanto saper gestire meglio il tempo, e saper fare lo sforzo di scrivere qualcosa tutti i giorni anche se sono stanco.

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  2. Interessante l'ossimoro dell'incipit sull'capacità di scrivere collegato ad un paginone che riempie il mio display fitto di parole a caratteri piccoli senza neanche un a capo.
    Comunque, nonostante la fatica a districarmi tra le righe, non dici nulla di particolarmente errato, se non che - come sottolinea Ariano - fondamentalmente le righe che forgiamo sono per noi che scriviamo; sfogo e arte.
    Un nostro campo. Una nostra personale necessità. Qualcuno magari diventa famoso, qualcun altro pure miliardario, ma a noi interessa scrivere intanto, un po' come respirare.

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    1. Per questo mi piacciono i blogger, Franco, perché a spingerli non è la fame, ma il puro amore per la parola, la creatività, l’espressione. Ora che mi ci fai pensare, un criterio su cui da anni mi baso inconsciamente per scegliere le opere suonerà politicamente scorretto... autori nobili, cioè ricchi, non alla ricerca del plauso a tutti i costi, penso ad Ariosto, Manzoni... Mozart una sublime eccezione, ma da analizzare.

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  3. guarda che il purgatorio non esiste più, è stato abolito, quindi devi pensare a sopravvivere il più a lungo possibile per scontare con la tua esistenza da mortodifame tutti quei peccatacci che facevi da adolescente e che ogni tanto ripeti per verificare la tua virilità

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    1. È mia convinzione che i mortidifame vadano tutti in Paradiso, secondo le beatitudini nella versione del Vangelo di Luca: “Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio” (6, 20); “Ma guai a voi, ricchi,
      perché avete gia la vostra consolazione” (6, 24).

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  4. La nostra generazione ha iniziato a versare i contributi tardi, conosco gente che ha iniziato a 50 anni. Penso che scrivere si una faccenda impegnativa, negli anni ho la consapevolezza di essere peggiorata, non escludo che sia il blog ad avermi livellata.
    Anzi che piluccare stuzzichini, puoi bere tisane!

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    1. Come si fa a peggiorare negli anni? Non si dovrebbe solo migliorare, se si pratica qualcosa?
      Tisane sono pieno, in effetti potrei provare, grazie.

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  5. Anche a me piace il fascino della parola, però mi piace associarlo ad un'immagine anche...🙂
    Ho avuto i miei periodi di crisi in cui non avevo voglia di scrivere o disegnare nulla, ma ormai che ho preso confidenza con i miei personaggi non ce la faccio a smettere, sebbene a volte ci sia un me il desiderio di poterne fare "qualcosa di più"... Ma bisogna anche capire che il diventare famosi è legato a diverse variabili...e non è quello a rendere uno scrittore tale, sei scrittore innanzitutto perché scrivi... 🙋🏻‍♂️

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    1. In effetti non mi piacerebbe diventare famoso, però mi piace essere letto. Dicevo che per me ha i tratti dell'ossessione perché sento che 'devo' scrivere anche se a volte non ho voglia. Non è una consolazione 'tout court', ha purtroppo i suoi lati fastidiosi.

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