Il corpo è specchio dellʼanima?

Oggi, uscito dallʼincontro col dottor M., ho preso questo appunto.
“…passa attraverso gli occhi, ma non necessariamente intacca la fisiologia del corpo”.
Mi riferisco alla grazia dellʼanima. Che è anche la bellezza dellʼanima.
Col dottor M. si è discusso del rapporto tra anima e corpo.
Sostenevo, in base al mio retroterra platonico, che il corpo è specchio dellʼanima.
Sono convinto di avere questa convinzione in base al mio retroterra platonico, ma in realtà non saprei dire dove viene detto in Platone. Potrebbe semplicemente essere unʼidea tramandata come platonica ad esempio dai vari compendi come Storia della filosofia antica, o Storia della filosofia greca, o Storia della filosofia platonica. O da chi tiene corsi universitari di questo tipo, con titoli simili a questi. Ad esempio il corso universitario: “Filosofia antica”, o: “Storia della filosofia antica” – non ricordo con precisione – che ho seguito al Seminario di Fermo nellʼa.a. 2015-2016.
In ogni caso, lʼidea generale che ho in testa è che Platone sostiene che il corpo sia lo specchio dellʼanima. Lo stato dellʼanima, secondo questa idea, sarebbe rispecchiato dallo stato del corpo.
Se ci penso, una tale cosa non viene detta da nessuna parte in Platone. Ciò che si trova in Platone, in Fedro o in Simposio è lʼidea che esiste una bellezza dellʼanima e che questa passa attraverso gli occhi. Per essere più precisi, in Fedro cʼè lʼidea implicita che lʼanima del giovane sia bella, e lʼidea esplicita, cioè descritta da Socrate, che tale bellezza si trasmetta allʼamante attraverso gli occhi. (Cʼè poi lʼidea che questa sorta di flusso rimbalzi allʼinterno dellʼanima dellʼamante e torni allʼamato, in modo che lʼamato finisca anchʼegli per amare lʼamante. Secondo questa idea lʼamato sarebbe lʼunico dei due a possedere la bellezza, e amerebbe di fatto nellʼamante non altri che se stesso). In Simposio non si entra più nello specifico di questo flusso, ma resta ferma lʼidea che esiste una bellezza dellʼanima, preferibile alla bellezza del corpo, che è ciò che realmente lʼamante ama e cerca nellʼamato.
Non viene detto, però, almeno non in Simposio, in cosa consista la bellezza dellʼanima.
Diciamo che tutto Platone, da Repubblica a Fedone e altri dialoghi, tratta della virtù come bellezza dellʼanima. Chi possiede la virtù ha lʼanima bella. Chi è temperante, giusto, coraggioso, saggio, sapiente. Ormai le mie letture di Platone risalgono ad anni fa, perciò non saprei ricordare se parla di queste cose specificamente come bellezza dellʼanima. Però ciò è perlomeno implicito in tutto Platone.

Nellʼinsegnamento cristiano la bellezza dellʼanima è precisamente la grazia, ossia lʼassenza di peccato.
In Evagrio Pontico, uno dei padri del deserto, i vari vizi sono identificati ciascuno col relativo demonio, da sconfiggere nella scalata verso la conquista della virtù. Cʼè ad esempio il demonio dellʼavarizia, il demonio della pigrizia, il demonio della gola, il demonio della lussuria e così via. Ciò su cui mette in guarda in particolare Evagrio Pontico è il demonio della superbia, che attacca quando si sono sconfitti tutti gli altri. È possibile, infatti, che, una volta vinte molte battaglie, ci si senta superiori agli altri. Questo è il peccato di superbia. Se non si riesce a superare questo, a niente è valso superare tutti gli altri.
San Girolamo, quando è partito da Roma ed è andato in Terra Santa, per stabilirsi poi definitivamente in un monastero di Betlemme, ha visitato vari monasteri. Scrive (vado a memoria): “Nei monasteri noto molta superbia. A questo punto era meglio che vi sposavate”. Come se un marito non fosse chiamato alla virtù e alla sconfitta dei vizi… però è evidente che i cosiddetti Istituti di perfezione non si chiamano così senza motivo.
Santa Maria Maddalena deʼ Pazzi, monaca di clausura e mistica del ‘500, quando un prete andava nel monastero per confessare le monache, si posizionava fuori dal confessionale e andava in estasi a guardare le sue consorelle uscire con lʼanima purificata, lavata dalla confessione.

In realtà credo che lʼidea radicata in me del rapporto tra anima e corpo risalga a ben prima che iniziassi a leggere Platone. Perciò anche prima del mio iniziare a credere in Dio. Il corpo come specchio dellʼanima… Già ai tempi delle superiori, il professore di filosofia, parlando di psicologia, aveva accennato al problema della psicosomaticità. La parola psicosomaticità lʼho inventata io, però si capisce cosa voglio dire. Intendo quando si dice che una malattia, ad esempio, è psicosomatica. Se non una malattia anche qualcosa di più leggero, come uno sfogo cutaneo, la perdita dei capelli, ecc. Se si accetta lʼidea della psicosomaticità, si accetta lʼidea che possano esserci disagi, malattie, deformità dellʼanima i quali, non potendo trovare sfogo con la parola, non potendo cioè essere comunicati ed elaborati, vanno a intaccare il corpo, il quale diventa così espressione di ciò che non funziona nellʼanima.
Direi che è nella mia adolescenza, dunque, che risiede il radicamento della convinzione che il corpo è specchio dellʼanima. In realtà, da che ho uso della ragione, mi pare di essere convinto della validità scientifica della psicomaticità (che però solleva problemi filosofici). È unʼidea diffusa nella società. Mi pare, anzi, di averla sempre avuta. Il problema si pone quando si va a cercarne lʼorigine. Perché quando si fa si va sempre più indietro fino a dire: “Già nellʼantichità si era convinti che esisteva un rapporto tra anima e corpo, e che il corpo sia lo specchio dellʼanima”. Quando si dice: “antichità” si intende necessariamente Platone? No di certo. Forse Aristotele? Ma dire Aristotele è dire Platone. Di certo cʼè qualcuno che sa dire dove, nellʼantichità, si trova lʼidea che il corpo è specchio dellʼanima.

Col dottor M. si parlava del fatto che giudico le persone in base allʼaspetto fisico, in particolare in base ai tratti del viso. Ho detto che di me, dato che sono in sovrappeso, si può dire che sono pigro e goloso, quindi che ho almeno due vizi. La conversazione si è inserita nel più ampio contesto di quella che affrontava la questione che giudico le persone, non solo in base allʼaspetto fisico, ma in base al comportamento, ecc.
Ma uno che legge il Vangelo sa che una persona che giudica è una persona che pecca.

Non giudicate, per non essere giudicati; perché col giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati. Perché osservi la pagliuzza nell'occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio? O come potrai dire al tuo fratello: permetti che tolga la pagliuzza dal tuo occhio, mentre nell'occhio tuo c'è la trave? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello. (Mt 7, 1-5)

Giudichiamo solo ciò che abbiamo commesso anche noi. Queste conversazioni mi stanno aiutando non dico a sradicare, se non altro a modificare, a correggere e ridimensionare alcune convinzioni e opinioni. Una delle disfunzioni del fatto che giudico la gente è che, basandomi su ciò che faccio io, immagino che anche gli altri facciano così e giudichino. Perciò, in sostanza, mi sento sempre giudicato. Ciò mi riempie di paure, ansie e altre problematiche nel rapportarmi con gli altri e nellʼandare in giro. Ciò che forse è una delle cause che mi rendono così solitario e poco amante del mio lavoro fatto di stare in mezzo alla gente.

È vero che non si può stabilire se una persona è buona o cattiva, o se ha vissuto bene o male fino a quel momento, semplicemente con uno sguardo, o osservando fumettisticamente le linee del viso (ad es. posizione delle sopracciglia). È per questo che, cedendo sulla relazione stretta tra anima e corpo, intesa come idea del corpo specchio dellʼanima, ho tenuto buona lʼidea platonica del flusso che passa attraverso gli occhi trasmettendo la bellezza dellʼanima. Tale bellezza implicitamente in Platone viene considerata maggiore nel giovane che nellʼanziano, come se si potesse parlare di una purezza non ancora intaccata. Le uniche cose scritte in Platone sono, in Fedro, lʼidea del flusso e, in Simposio, lʼidea che lʼanima possa avere una bellezza – anche se non è spiegato in Simposio in cosa consista – desiderabile e più importante della bellezza del corpo, in quanto lʼanima in sé è più importante del corpo in sé.

Così ho preso questo appunto: “…passa attraverso gli occhi, ma non necessariamente intacca la fisiologia del corpo” col registratore vocale di Google Keep mentre, sotto il sole, mi incamminavo verso la macchina.

10 commenti:

  1. Non avendo fatto studi classici ho poca dimestichezza coi principii filosofici dell'antichità. Posso citare invece un letterato, Yukio Mishima, secondo il quale la bellezza del corpo è un dono che si distacca dall'anima. In uno dei suoi romanzi più famosi, "Colori proibiti", uno dei protagonisti è un giovane particolarmente bello, eppure sembra alquanto insignificante quando parla, tanto è vero che l'altro protagonista (uno scrittore vecchio che è sempre stato brutto, anche da giovane) comincia a dargli "lezioni" per insegnargli come godere dei frutti della propria bellezza prima che svanisca, in parte corrompendo la sua ingenuità (in realtà vuole sfruttare questo giovane a proprio vantaggio, ma poi la vicenda si complicherà parecchio). La prima volte che lo vede, per descrivere la sensazione che quel giovane trasmette allo scrittore, il narratore della vicenda dice che "la sua bellezza risplende sulle rovine della personalità",

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    1. In effetti c'è anche "Il ritratto di Dorian Gray" che parla di una persona bellissima totalmente corrotta moralmente.

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  2. Sì, paragone perfetto perché anche in "Dorian Gray" il protagonista è inizialmente ingenuo e quasi inconsapevole della propria bellezza, ma viene "corrotto" moralmente da un altro personaggio.

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  3. Nuvola6/6/21

    Interessante questione. Anche io dò molto valore allo sguardo.

    Psicosomaticità: corpo e mente (per ora non dico anima, solo "mente") sono interconnesse. Infatti, in base alle attuali conoscenze mediche, il fare attività fisica migliora l'umore, e malumore e ansietà hanno effetti fisici visibili e misurabili.

    [...] la questione che giudico le persone, non solo in base allʼaspetto fisico, ma in base al comportamento, [...] Una delle disfunzioni del fatto che giudico la gente è che, basandomi su ciò che faccio io, immagino che anche gli altri facciano così e giudichino. Perciò, in sostanza, mi sento sempre giudicato.

    Non so darti torto. Credo che il "giudicare" sia qualcosa di istintivo e necessario (ovvero, una caratteristica positiva per il successo evolutivo). Giudicare in base al comportamento non la vedo una cosa negativa, ma saggia.
    Però, ovviamente, se non abbiamo dati a sufficienza dobbiamo tenerne conto, e dobbiamo riconoscere quando non si può concludere con certezza qualcosa. Se uno ruba, può essere per fame, o perché vuole appropriarsi illecitamente di qualcosa appartenente ad altri. In entrambi i casi, probabilmente la risposta che ottieni dall'individuo colto in flagrante è "avevo fame" anche se magari non è vero. Se sei la polizia o la giustizia, diventa importante distinguere i casi, se sei un semplice cittadino, probabilmente la cosa più sensata da fare è "tenersi a distanza", e segnalare il caso alle autorità etc.

    Mi viene da dire: sì, anche tu sei giudicato dagli altri che ti conoscono, si imbattono in te per caso, ... Ovviamente il loro giudizio è parziale, formato su quanto viene da loro recepito. Che sia positivo o negativo non lo sai, a meno che loro non te lo dicano (e non mentano).


    È vero che non si può stabilire se una persona è buona o cattiva, o se ha vissuto bene o male fino a quel momento, semplicemente con uno sguardo, o osservando fumettisticamente le linee del viso, ...

    È vero. Però, quanto si "sente" semplicemente guardando un altro è una reazione istintiva. Poi, ovvio che il nostro comportamento deve basarsi su scelte razionali, ma non dobbiamo sentirci colpevoli per quanto è istinto.

    Ognuno, per esempio, ha una preferenza estetica. A volte mi ritrovo a guardare persone (sconosciuti) e pensare "Io uno così non lo trovo per niente bello." Poi magari lo conosco e cambio idea, e ad essere sincera, i miei amici non hanno la connotazione di "Belli" ma di "persone che stimo". Magari sono anche belli, ma per me non conta troppo l'aspetto, sapendo come sono "in toto".

    Delle persone che non si conosce, è inevitabile giudicarle (in primis) in base all'aspetto e alla prima interpretazione di come le vediamo agire.

    Avendo viaggiato per lavoro spesso, non sai quante volte, durante i viaggi, facevo il gioco tra me e me di immaginare quale potesse essere la nazionalità, il lavoro, etc delle persone che vedevo. Con alcune anche ho parlato e mentre parlavo anch'esse tentavo di "incasellarle" in una categoria.
    Sono convinta che lo stesso fanno con me.
    È anche per questo che, nonostante non sia una modella e abbia i miei anni, ci tengo a presentarmi in modo decente, bene. Perché se uno non ti conosce, quale altro elemento ha per giudicarti, se non l'aspetto esteriore e quel poco di comportamento che vede?

    Poi, ovvio, l'aspetto non è tutto, ma è indicativo.

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    1. Anchʼio sono convinto ci sia una relazione tra anima e corpo e che il corpo riveli qualcosa dellʼanima, anche se non so dire come e in che misura. Di certo, mi sembra anche si deduca da ciò che dici tu, abbiamo le cosiddette prime impressioni, ma conoscere una persona è unʼaltra cosa, richiede soprattutto molto tempo. Forse è vero, come dicono gli esistenzialisti, che solo alla fine della vita si può giudicare una persona.

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  4. ecco allora che se nei nostri valorosi tribunali si applicassero gli studi lombrosiani nell'esaminar le persone si potrebbe fare a meno di tante brave persone pagate per giudicare e così risparmiar loro l'inferno in quanto con tutti i loro giudizi sulle pagliuzze altrui è giusto che paghino senza misericordia alcuna per i loro travi

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    1. Tolstoj fa fare una brutta fine al giudice Ivan Il’ič.

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  5. Mi ha intrigato molto quello che dici su superbia e giudizi. Sono colpevolissimo in questo. Ma una frana anche nel fidarmi e giudicare buono ciò che col tempo non si dimostrerà tale. Dovremmo tenere comportamenti ineccepibili.. ma come fare? mentre giudicare dall'aspetto fisico mi sembra limitante. Come scriveva Nuvola "incaselliamo" probabilmente inconsciamente sguardi, parole, sorrisi, atteggiamenti. E alla stessa maniera, ne produciamo noi, per farci "incasellare". Solo gli occhi non bastano.. ci vogliono fatti.

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    1. Secondo me il detto popolare: “Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio” è antievangelico, perché se Gesù insegna a non giudicare è inevitabile che tutti vadano presi per buoni. La ragione di questo insegnamento, secondo me, è che il nostro giudizio è inevitabilmente sbagliato, solo il giudizio divino è corretto. San Paolo dice: “Io non giudico nemmeno me stesso”. Il senso è lasciare il giudizio a chi è capace di giudicare.

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  6. Nuvola7/6/21

    Secondo me il detto popolare: “Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio” è antievangelico, perché se Gesù insegna a non giudicare è inevitabile che tutti vadano presi per buoni.

    In un mondo ideale o quasi, capisco, e mi troverei d'accordo.
    Probabilmente, sono una delle poche persone fortunate che non ha conosciuto la cattiveria e il degrado vero.

    Però in giro si vede molto degrado e molta cattiveria... io tendo a non dare confidenza e a guardarmi dagli sconosciuti.
    Ovvero, sì, magari sono buoni, ma posso averne la certezza? Per me, vale "Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio." Non sarà evangelico ma è pratico. Significa tenere alta la guardia, e i sensi.

    Ho incontrato tante brave persone sconosciute che mi hanno aiutato in un modo o nell'altro. Anche io tendo ad aiutare chi mi sta attorno. Però penso che non si può mai sapere. Alcune volte ho conosciuto persone al limite.
    Tali persone, ecco, le ho tenute lontane.

    Probabilmente non sono una buona cristiana in questo, ma io sono fermamente convinta che evita di mettermi in pericolo ("chi va con lo zoppo..."). Inoltre, il mio preservare me stessa è anche utile per essere pronta ad aiutare e proteggere la mia famiglia. Perché la mia famiglia, per me, viene prima degli altri. Quindi OK aiutare gli sconosciuti, ma se devo scegliere tra salvare mio figlio o salvare uno sconosciuto generico, mio figlio viene prima.

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