Staccarsi dal genere umano

Pierre apparteneva a quel genere di persone che sono forti solo quando si sentono assolutamente pure (L. N. Tolstoj, Guerra e pace, III, 2)

È da tanto che ho realizzato una cosa.
Quando pecco, è per allontanarmi dalle persone.
Il peccato ha questo effetto, farmi sentire lontano dalla comunità del genere umano che non pecca.

Chiarisco questo: "Non pecca" perché la chiave è nel come percepisco le persone.

So che siamo tutti peccatori, è la Bibbia che lo dice. “Non chiamare in giudizio il tuo servo: / nessun vivente davanti a te è giusto” (Sal 143); “Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi” (1Gv 1, 8). Però è anche vero che non posso supporre che la tale persona che incontro, la conosca o no, abbia peccato. Posso solo assumerlo a livello generale, appunto perché è verità biblica. Ma non posso supporlo, poi, nello specifico delle persone con cui ho a che fare. In quel caso starei giudicando. “A sospettare si invoca il demonio”, recita la sapienza popolare. Nessuno mi autorizza ad assumere che in qualche persona ci sia peccato.

Perciò per me la comunità umana è pura. Quando incontro qualcuno e ho peccato, sono io che abbasso gli occhi. Non penso: “Tanto anche questo è peccatore, perché lo dice la Bibbia, quindi posso stare davanti a lui a testa alta”.

Il peccato ha sempre avuto lʼeffetto di minare le relazioni.
Siccome suppongo che la persona davanti a me sia pura, o perlomeno migliore di me, o che perlomeno non abbia commesso il peccato commesso da me, avere un peccato sulla coscienza mi rende difficile relazionarmi con lei.
Quando ho un peccato sulla coscienza penso: “Chi sono io, miserabile peccatore, impuro, sporco, basso, immorale, per relazionarmi con costui o costei, che invece è moralmente anni luce più avanti di me?”. Non scherzo. Questo è più o meno ciò che penso quando ho un peccato sulla coscienza.

Quando mi sento così faccio addirittura fatica a parlare con la persona. Mi vien voglia di andarmene. Ho paura che si veda, che si senta che ho peccato. Ho paura di essere scoperto, di essere colto in fallo durante una conversazione, che da qualcosa che dico emerga la colpevolezza.

Ecco ciò che dicevo allʼinizio. Il peccato mi allontana dalle persone.
È possibile che addirittura abbia scoperto ciò inconsciamente e abbia iniziato a usare il peccato nei momenti in cui ho bisogno di sentirmi isolato dal mondo. Sono meccanismi psicologici sottili, difficili da individuare.

Ammettiamo che un giorno qualcuno mi abbia fatto qualcosa. Oppure sono talmente stanco da non poterne più di vedere gente, sentire rumori, avere contatti umani.
Ecco, quel giorno è probabile che, arrivato a casa la sera, commetta un peccato perché ciò mi fa sentire lontano dal genere umano. Subito prendo le distanze anche da ciò che mi ha fatto soffrire quel giorno, ammettiamo se qualcuno mi ha ferito commettendo un torto verso di me.
Perché è qui che nasce il bisogno di rinchiudersi, di essere soli, di separarsi dal mondo. Dalle ferite e dalla volontà di non subirne più.

Un peccato commesso può sortire questo effetto, perché i peccati rovinano, guastano le relazioni. Ci si sente più soli dopo un peccato. “Mi sono allontanato dalla comunità umana”.

La frase di Tolstoj, che sto leggendo, mi ha colpito per lʼassoluta profondità psicologica depositata in una frase di passaggio, nellʼimmenso mare di fatti e pensieri che caratterizzano Guerra e pace, immenso patrimonio di riflessioni sulla realtà, spesso centratissime. 

4 commenti:

  1. Io credo, invece, che peccare ci accomuni al genere umano. Perché - probabilmente per tranquillizzarmi - credo che tutti noi siamo peccatori, dall'assassino che reitera al Papa che si affaccia. E rendermi puro è pura illusione, ma una tendenza dello spirito che prova ad innalzarsi, o più che altro a smettere di strisciare per un attimo. Il peccato rende uomini, ed è inutile cercare di essere altro. Ma già averne coscienza, a mio avviso, è un gran dono. Di quelli che lancinano l'anima, d'accordo, ma pur sempre un vantaggio. Sul genere umano che crede di non peccare.

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    1. Hai ragione, è scrivendo questo post che mi sono reso conto più o meno di quello che dici, ossia che il peccato dovrebbe accomunarmi al genere umano. Chissà perché ho questa visione per cui considero sempre gli altri al di sopra di me... sono sempre stato così.

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  2. Bisogna vedere cosa si intende per "peccare". Ci sono alcune emozioni che sono assolutamente naturali e - a volte - assolutamente necessarie. L'ira può diventare un peccato se sfocia nella violenza. L'ira che resta dentro di me è solo un mio sfogo. E, senza entrare nei dettagli, ci sono troppe cose che la chiesa considera "peccato" e invece sono necessità di un essere umano senziente e vivo. Un essere umano totalmente privo di comportamenti "peccaminosi" (così come vengono definiti dalla chiesa) francamente non mi sembrerebbe neppure un essere umano, me lo immagino come uno con gli occhi persi nel vuoto e la bocca mezza aperta con la mandibola che gli dondola.

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    1. Caro Ariano, il poco che posso dire è che lʼAntico Testamento proponeva come essenza dellʼassenza di peccato i dieci comandamenti. Gesù ha addirittura alzato lʼasticella col cosiddetto discorso della montagna (vangelo di Matteo, cap. 5) e col “nuovo comandamento”, il comandamento dellʼamore (vangelo di Giovanni, cap. 13). La Chiesa, poi, ha creato, sempre basandosi sulla Bibbia, i trattati di morale, che sono veri e propri cataloghi di azioni da non compiere.
      Detto questo, considerando lʼimmagine del catatonismo che dai in base al ragionamento che fai, mi viene da pensare che lʼesempio a cui guardare quando si vuole pensare a una persona totalmente priva di peccato è lo stesso Gesù. Se leggi i Vangeli troverai un uomo attivo, dalla vita pubblica vibrante, maestro di folle, guaritore di malati...
      Lo Spirito Santo è “pace e gioia” come specifica San Paolo. Una persona sempre più priva di peccato è anche una persona sempre più abitata dallo Spirito Santo, cioè da Dio. Prova a immaginare cosa voglia dire essere abitati da Dio. Lo Spirito Santo è in noi dal giorno del battesimo, ma è come brace sempre accesa sepolta dalla cenere del peccato. Quando Dio è pienamente libero di abitare in noi, ci riempie di gioia e ci rende attivi e dinamici.
      Ciò detto, occorre sempre ricordare che per quanti sforzi un uomo possa fare, non può mai essere completamente esente da peccato. Occorre lʼonnipotenza di Dio. Questo si traduce, oggi, nel Sacramento della Riconciliazione, o confessione.

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